L’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE È CADUTA…
E SI È FATTA PURE MALE!
Nelle scorse ore sono state rese pubbliche le motivazioni con le quali il Tribunale del riesame di Bologna ha deciso, agli inizi di agosto, la revoca degli arresti domiciliari per Aldo, Arafat, Carlo e Bruno del SI Cobas e due sindacalisti di Usb.
In quasi 40 pagine i giudici di Bologna hanno letteralmente fatto a pezzi, fin quasi ridicolizzandolo, il teorema della procura di Piacenza e del PM Grazia Pradella, e con esso la farneticante accusa di associazione a delinquere a carico dei nostri compagni.
Al netto degli aspetti più tecnico-legali, che non è nostra competenza valutate, il giudizio del riesame assesta un colpo durissimo al tentativo di equiparare il sindacalismo conflittuale e soprattutto la pratica dei picchetti opera, ad un vero e proprio sodalizio criminale, e ribadisce più volte come il sindacato (quello vero, non asservito ai padroni) ha ne conflitto e nelle lotte rivendicative la sua ragion d’essere.
Degna di nota anche la sottolineatura della notevole differenza, anche sotto il punto di vista del diritto penale, tra “reato-mezzo” e “reato-fine”, laddove la condotta del SI Cobas viene annoverata nella prima fattispecie (reato di violenza privata che però ha come fine il conseguimento di obbiettivi e rivendicazioni del tutto lecite) mentre nel caso dell’associazione a delinquere il reato non è un mezzo, bensì il fine stesso di una determinata attività ritenuta illecita.
Non è un caso se nelle pagine dell’ordinanza, il caso di Piacenza venga esplicitamente equiparato alle inchieste che hanno colpito altri movimenti di lotta, su tutti i movimenti per il diritto all’abitare, anch’essi vittime di un teorema finalizzato ad equipararli ad un’associazione sovversiva e i cui presunti reati sono stati anch’essi successivamente riclassificati dal Tribunale come “reati-mezzo”.
Si tratta di un sonoro schiaffo anche per quella stampa prezzolata e al servizio dei padroni, la quale ha immediatamente sbattuto il SI Cobas in prima pagina avallando le tesi della Procura di Piacenza, per poi non menzionare neanche l’esito del riesame, e per gli stessi giornali locali, ansiosi di vedere i dirigenti del SI Cobas agli arresti e poi costretti a riportare il giudizio del Tribunale di Bologna Il crollo delle tesi accusatorie della Procura, del GIP e della Questura di Piacenza non può però mettere in secondo piano il carattere ambivalente (e quindi ambiguo) della pronuncia del Tribunale di Bologna, laddove, nonostante l’ampia ed articolata censura delle tesi della Procura di Piacenza, giunge alla fine ad ammorbidire soltanto le misure cautelari senza revocarle, con la previsione dell’obbligo di firma per i nostri compagni.
In sostanza, sembra che i giudici di Bologna si siano fermati a metà del guado, riconoscendo l’enormità dell’accusa di associazione ma tirarne le somme fino in fondo, anzi nei fatti legittimando il ricorso a misure cautelari per il solo reato di “violenza privata”, ovvero di semplice blocco delle merci durante uno sciopero.
Questo esito parziale e “incompiuto” dell’ordinanza è a nostro avviso il frutto di un clima politico di “caccia alle streghe” che da anni accompagna l’attacco concentrico che stato è padroni conducono, senza esclusione di colpi, contro il SI Cobas e contro il pieno esercizio del diritto di sciopero.
Esprimiamo dunque viva soddisfazione per il colpo assestato ai disegni repressivi della Questura e della Procura di Piacenza, e ringraziamo i nostri avvocati per l’eccellente lavoro svolto sul terreno, quello della legge borghese, a noi meno congeniale.
Portiamo a casa questo importante (per quanto parziale) risultato: un risultato che non riguarda i singoli individui sotto processo, ma l’insieme della classe lavoratrice.
E siamo ancora più consapevoli e convinti, oggi più che mai, che la battaglia per emancipazione dei proletari dal giogo dello sfruttamento e dagli effetti devastanti della crisi e della guerra non si giocherà tanto nei Tribunali, quanto nel vivo degli scioperi e dello scontro di classe.
16 settembre
SI Cobas nazionale