8 MARZO
SCIOPERO GENERALE NAZIONALE DI 24 ORE
LAVORATRICI E LAVORATORI DI TUTTE LE CATEGORIE
La fase di profonda crisi strutturale del sistema economico che ha ingenerato il susseguirsi e l’intensificarsi di crisi climatiche, sanitarie e sociali, si è manifestata incontrovertibilmente già nella gestione della pandemia prima e della riorganizzazione post-pandemia poi, con la tensione alla salvaguardia esclusiva della capacità di produzione e del mantenimento dei profitti di piccole e grandi aziende.
La guerra in Ucraina, che si somma ai tanti focolai di guerra in atto, ormai va avanti da un anno con effetti devastanti sul lavoro e sulle vite di lavoratrici e lavoratori, ancor più se immigrate o immigrati.
Questo conflitto, la cui fine non è all’orizzonte, rappresenta la soluzione che il capitalismo mette in atto per sopravvivere alla crisi di accumulazione e alle enormi contraddizioni che si sono dispiegate in due secoli di sviluppo patriarcale e capitalistico.
Uno sviluppo che si è avvalso di genocidi, di occupazioni militari e guerre di rapina in tutti gli angoli del globo, che non è mai stato pacifico e che da sempre ha comportato l’esternalità di un flusso abnorme di profughi e immigrati, la cui forza lavoro attualmente non riesce ad essere assorbita dal sistema di sfruttamento capitalistico, e quindi viene usata sempre più insistentemente come strumento di ricatto diretto, nella misura in cui il lavoro è la sola garanzia per un permesso di soggiorno, ma anche e di concerto come strumento di contenimento dei costi del lavoro, nonché per degradarne sempre di più il sistema di diritti e tutele.Tutto questo rende se possibile ancor più grave la posizione assunta da questo governo in merito alla gestione degli sbarchi, già lesiva di qualsiasi basilare principio di rispetto per la dignità umana, spinta fino ad insultare le vite perdute dagli esuli e ad indicare in uomini e donne disperati i responsabili delle tragedie che affollano di cadaveri il mediterraneo.
Il conflitto inter-capitalistico e inter-imperialistico, attraverso la crisi energetica economica e sociale, si riversa sulle spalle del proletariato in Ucraina, in Russia e nel resto dei paesi direttamente coinvolti.
Il governo Meloni, in linea con quelli che l’hanno preceduto, interpreta in questo scenario un ruolo di primo piano aumentando la spesa bellica le cui risorse vengono ricavate per sottrazione, a volte quasi matematica, dalla spesa sociale, dai salari e dall’occupazione.
Tale è stato il caso dell’abolizione del reddito di cittadinanza, fortemente voluto da questo governo, che certamente rappresenterà nei prossimi mesi un’ ulteriore elemento di depressione della capacità di sussistenza di moltissime donne disoccupate e inoccupate in particolare nel sud Italia.
Le intenzioni di questo esecutivo mirano, a tutto tondo, a rafforzare l’oppressione su base di classe e su base di genere, con strumenti che vanno dall’inasprimento dei meccanismi repressivi contro le lotte sociali, sindacali e politiche, all’utilizzo scandaloso e lesivo dei più basilari diritti umani di regimi carcerari come il 41-bis, alla pesante e capillare pressione ideologica per relegare le donne ad allevare le future braccia da sfruttare, anche sostenendo l’opprimente e legalizzata obiezione di coscienza di più figure degli ospedali pubblici che impedisce alle donne in più regioni italiane di accedere all’aborto medicalmente assistito, come la legge 194 prevedrebbe.
La propaganda attuata attraverso tutti i canali di informazione è tesa sistematicamente a sopprimere il valore delle rivendicazioni e delle lotte femministe svuotando le stesse del loro significato politico, ovunque tali lotte prendano piede, sia che vengano rivendicati diritti sociali come l’aborto (anche in paesi fortemente capitalistici come l’America), sia che vengano reclamati diritti civili e sociali in paesi non occidentali come l’Iran, dove la giusta ribellione a forme criminali di oppressione patriarcale prosegue nel silenzio dei media, dopo esser stata strumentalizzata e piegata a costruire il consenso verso un intervento per rendere più solida la presa imperialista, in nome della difesa delle donne e della civilizzazione dei popoli che si intende dominare.
L’impegno bellico prosegue ciò che la pandemia ha iniziato nei termini di riduzione dell’occupazione e nella sottrazione di risorse a sanità e servizi, costi sociali che graveranno come macigni sull’intera classe lavoratrice in Italia, che risulta essere la più impoverita fra i paesi Ocse con un occupato/a su quattro a rischio di povertà e uno/a su dieci a rischio di povertà assoluta; nell’esplorazione di nuove forme di sfruttamento e precarizzazione del lavoro salariato, che privano primariamente le donne dell’autonomia economica e di ogni possibile autodeterminazione sociale.
La disparità salariale che attanaglia le lavoratrici in questo paese fonda sempre più indissolubilmente sull’uso di strumenti che intensificano con l’andare del tempo la loro invadenza: un ampio impiego in ruoli di bassa qualifica, la maternità come discriminante per il demansionamento o per imporre contratti part-time, la costrizione alle dimissioni per le difficoltà di conciliare tempi del lavoro salariato e tempi del lavoro familiare.
L’8 marzo dunque va ben oltre la specificità di “genere”: gli attacchi alle donne sono parte integrante e inscindibile della più generale offensiva capitalistica contro i lavoratori e l’intera classe sfruttata, ancor di più oggi, sotto il pesante attacco della guerra.
Tutto ciò premesso il SI Cobas proclama lo sciopero per 24 ore su tutte le categorie nella giornata di mercoledì 8 marzo in tutte le categorie non coperte dalla lege 146/90.
Per quanto riguarda tutti i settori interessati dalla disciplina prevista dalla medesima legge, la O.S. aderisce allo sciopero generale già proclamato da Adl Cobas in data 22/02/2023.
Milano, 05/03/2022
S.I. Cobas nazionale