Cobas

[NAPOLI] I disoccupati in lotta per salario e lavoro, ancora in piazza. Anche contro la violenza poliziesca e la repressione

Non ci fermeranno i manganelli e le cariche ordinate da chi dopo un lungo percorso pensa di tornare indietro rispetto gli impegni assunti.

Si assumano le Istituzioni la responsabilità politica di quanto hanno fatto e di come stanno gestendo la situazione.

Non ci fermiamo neanche un secondo e rilanciamo la mobilitazione.

Domani tutto il movimento è chiamato a stare in Piazza Municipio come comunicato a chi è iscritto al movimento.

Chiediamo il supporto di solidali e delle forze sociali che vogliono prendere posizione.

Movimento di Lotta – Disoccupati “7 Novembre”


DENUNCE ALLA VELOCITÀ DELLA LUCE

In queste ore sono in corso notifiche ai compagni/e del movimento per le iniziative di lotta della giornata del 15 Marzo quando abbiamo legittimamente rivendicato al Palazzo Reale, in Piazza Cavour e poi a Via Verdi la necessità di essere ricevuti per capire i motivi dei rinvii sugli impegni assunti dalle Istituzioni.

È incredibile come sia sempre repentina la risposta dello Stato quando si tratta di criminalizzare e denunciare la lotta dei disoccupati e come siano biblici i tempi invece per dare risposte concrete per il lavoro.

Ma mentre ci continuano a denunciare, mentre sono in corso processi al Tribunale come questa settimana, noi siamo ancora in piazza.Infatti neanche il tempo della conferenza stampa sugli scontri di ieri e delle iniziative di lotta di queste settimane, oggi pomeriggio siamo riscesi a Piazza Municipio dove l’amministrazione comunale era presente all’evento ‘E figl so piezz e cor’.

Abbiamo infatti portato le denunce al Vicesindaco che si è impegnata a ristabilire l’interlocuzione con il Sindaco.

Per quanto ci riguarda oggi abbiamo chiaramente detto che la responsabilità politica delle denunce è delle Istituzioni, tra cui il Comune di Napoli.

Rilanciamo dalla prossima settimana la lotta permanente.

LAVORO O NON LAVORODOBBIAMO CAMPARE!

26 marzo

Movimento “7 Novembre”

Cantiere 167 Scampia


PIÙ CI ATTACCATE PIÙ CI RAFFORZIAMO.

La conferenza stampa di questa mattina si è trasformata in una grande assemblea pubblica di piazza in cui sono intervenuti tantissimi disoccupati/e, lavoratori e lavoratrici, compagni/e.

Dal movimento dei disoccupati organizzati di Napoli un messaggio chiaro che va ben oltre la vertenza per il salario ed il lavoro.

Un chiaro messaggio alle istituzioni responsabili di quanto sta avvenendo: gli impegni assunti vanno mantenuti senza se e senza ma, subito formazione ed inserimento al lavoro.

Dall’inizio della prossima settimana si rilancia la mobilitazione e tutti sono chiamati ad esprimere fisicamente e materialmente la propria solidarietà.

Il Comune di Napoli, la Prefettura di Napoli e gli altri enti si assumano le loro responsabilità.

Ma non solo i passaggi della vertenza: uno sguardo generale ed ampio soprattutto degli interventi dei disoccupati e delegati che evidenzia una grande consapevolezza raggiunta da chi sta scendendo in piazza.

Inflazione, inquinamento, pensioni, guerra esterna e guerra interna, sfruttamento, repressione, salari da fame, città vetrina e turistificazione, periferie e marginalità sociale, questione di genere e internazionalismo rispetto a quanto sta avvenendo in Francia.

Tanti elementi emersi dalle voci di chi lotta che dovrebbero far capire a molti che questa lotta è la lotta di tutte e tutti.

25 marzo

Movimento “7 Novembre”

Cantiere 167 Scampia


ARRESTI, CARICHE, FERITI.

CHI SI ASSUME LA RESPONSABILITÀ?

CIRO LIBERO, TUTTI LIBERI!

DOMANI H 10:00 TUTTI A VIA VERDI!

Oggi c’era un incontro in Prefettura con il Viceprefetto, l’Assessore al Comune di Napoli e tecnici.

Un incontro che doveva stabilire la partenza della formazione per i disoccupati e disoccupate di lunga durata appartenenti alle platee storiche per le quali da oltre 9 anni e soprattutto nell’ultimo anno e mezzo in centinaia di incontri, tavoli si erano individuate soluzioni fino addirittura a far partire la formazione per un primo pezzo della platea.

Invece nell’incontro con Prefettura e Comune di Napoli l’ennesimo incontro non solo insoddisfacente, ma in cui addirittura hanno messo in discussione quello fino ad ora da loro stessi assunto come impegno.

I disoccupati volevano raggiungere il Consiglio Comunale, comunicato anche alle forze dell’ordine per chiedere incontri ai capigruppi.

La violenza della polizia contro donne e uomini, tra manganellate, feriti, facce aperte si sono sommate anche ad un arresto.

Spiegheremo tutta la complessa vicenda domani mattina h 10:00 sotto Via Verdi. Chiediamo la solidarietà totale di tutti e tutte e la presenza domani in piazza.

Possono dire quello che vogliono. La lotta non si arresta e pretendiamo che gli impegni assunti vengano mantenuti.

Nessun passo indietro.

Napoli, 24 marzo

Movimento “7 novembre”

Cantiere 167 Scampia


NON È IN FRANCIA, BENSÌ A NAPOLI!

Blocchi stradali, occupazioni, cariche, manganellate, arresti: questo lo scenario a cui si assiste, oramai da settimane, un giorno si e l’altro pure, nel centro di Napoli.

Il motivo?

Semplice: dopo otto lunghissimi anni di vertenza e di dure lotte, il Movimento di Lotta – Disoccupati “7 Novembre” e il Cantiere 167 Scampia erano riusciti a strappare dalle istituzioni l’impegno formale a far partire corsi di formazione finalizzati all’ingresso effettivo al lavoro per una platea di oltre 500 disoccupati partenopei.

Questa lunga vertenza ha via via assunto un carattere e un significato di classe esemplare; nessuna richiesta di assistenzialismo, nessuna pretesa di stare parcheggiati con qualche misero sussidio statale, bensì la rivendicazione di lavoro vero, stabile e a salario pieno in quei settori di “pubblica utilità” che da decenni richiedono interventi urgenti da parte dello stato, e nei quali lo stato borghese è al contrario sistematicamente e volontariamente latitante: tutela dell’ambiente, del verde pubblico e del patrimonio storico-artistico, decoro urbano, messa in sicurezza dei territori, gestione integrata del ciclo dei rifiuti, ecc.

Questa lotta, partendo dal protagonismo di centinaia di disoccupate e disoccupati, ha avuto il merito (o per qualcuno “la colpa”) di aver rotto quel luogo comune teso a presentare i proletari del Sud Italia come un esercito di “lazzaroni” dedito all’arte di arrangiarsi, interessati solo a percepire il reddito di cittadinanza e quindi refrattario a battersi per entrare a tutti gli effetti nel “mercato del lavoro”: poco importa, poi, se le “regole” di quello stesso mercato implicano il dover accettare ritmi ed orari di lavoro schiavistici con paghe da fame di 3-4 euro l’ora…

Questa lotta per i padroni, il loro stato e i loro governi nazionali e locali, è evidentemente troppo scomoda, perché smaschera in un sol colpo l’intera impalcatura di falsità, di ipocrisia e di strumentalità di cui si nutrono i teatrini della politica borghese, le loro farse elettorali e, su tutti, la macchina della propaganda sapientemente orchestrata dai media di regime

.In un contesto di economia di guerra, in cui l’inflazione e i il carovita erodono i già miseri salari della classe operaia, e in cui l’opinione pubblica viene sistematicamente lobotomizzata dall’idea secondo cui il problema dei problemi sono da un lato gli immigrati che ci “invadono”, e dall’altro i “fannulloni” che percepiscono il reddito di cittadinanza, per la classe dominante i disoccupati devono avere un solo ruolo: quello di forza-lavoro disponibile a vendersi sul mercato a un prezzo inferiore, più “competitivo” degli altri lavoratori e disposta a tutto pur di portare a casa un salario al di sotto della soglia di sopravvivenza; in alternativa, accontentarsi di sopravvivere alla giornata in quell””economia sommersa” o nei circuiti dell’illegalità e della criminalità organizzata, sempre più funzionali e complementari al ciclo di accumulazione capitalistica “ufficiale” in quanto necessari ad arginare ed esorcizzare la crisi attraverso la creazione di una massa di capitale “sporco”.

Una massa di capitale, monetario ed umano, utile da un lato a sostenere i consumi e gli investimenti, dall’altro a fungere da facile valvola di sfogo per i pruriti legalitari e securitari della piccola borghesia, pronta a strapparsi le vesti contro il “criminale” o il “delinquente” di turno ma sempre tollerante e compiacente con quel sistema di oppressione, di degrado, di miseria e di sfruttamento che ne è la causa e il presupposto, e a fronte del quale la criminalità non rappresenta altro che un comodo “ammortizzatore sociale” da utilizzare o da reprimere a seconda della convenienza del momento.

Le istituzioni tutte (comune, regione, Prefettura, Questura) stanno in queste ore utilizzando il pretesto di un cavillo burocratico per impedire ai disoccupati organizzati una vera finalizzazione degli iter formativi conquistati con la lotta.

Si tratta di quelle stesse istituzioni che, all’occorrenza, sono capaci di riscrivere e stravolgere le leggi nel giro di poche ore.La repressione brutale delle forze dell’ordine non è altro che la conseguenza del voltafaccia delle istituzioni, e della loro volontà di impedire che la lotta dei disoccupati sia da esempio per altre migliaia, milioni di proletari; per impedire che a costoro arrivi un messaggio politico semplice ed elementare: che la lotta paga e che solo con la mobilitazione è possibile cambiare le cose e riprendersi un futuro dignitoso, e che non ha alcun senso starsene a casa a fare il tifo per le rivolte in atto in Francia, se poi a casa nostra continuiamo a calare la testa e a dire signor si di fronte a ogni sopruso.

La lotta dei disoccupati di Napoli, analogamente all’esempio dato dai lavoratori della logistica in un decennio di lotte vincenti, sono oggetto di un attacco concentrico perché rappresentano attualmente l’unico “ponte” possibile tra le piazze piene francesi e le pance vuote nostrane: due scenari tanto vicini geograficamente quanto (ad oggi) agli antipodi tra loro.

Chi non lo comprende, è oggettivamente complice dello stato di cose presenti.

SI Cobas nazionale