Riceviamo e pubblichiamo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso questo contributo, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
La parossistica propaganda di guerra montata in questi giorni intorno alla visita di Zelensky in Italia ci obbliga a dire qualcosa su questo “personaggio”, i suoi mandanti, il suo destino. Come potete immaginare, se ci leggete anche velocemente, non è certo il ruolo e il destino di costui in quanto individuo che ci può interessare, quanto il cinico uso che ne fanno i “nostri” padroni e governanti all’interno dei loro piani di guerra – contro i quali si sta facendo maledettamente poco!
Redazione Il Pungolo Rosso
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Zelensky: il “nostro uomo” a Kiev.
E, ove andasse male, a Forte dei Marmi…
Stavolta la Meloni ha sbagliato davvero di un nulla nel sostenere che “L’Ucraina combatte anche per noi”. C’è solo un anche di troppo. L’Ucraina, sia il governo dell’Ucraina che il suo esercito, combatte realmente per “noi”. Per “noi” Italia, UE, NATO, Stati Uniti, da burattini dei capitalisti dell’UE, della NATO, degli Stati Uniti, quali sono attualmente diventati i suoi governanti, Zelensky in testa.
Nel diluvio di frasi di circostanza sulla visita di costui a Roma, nessuno ha osato ricordare che questo individuo vinse le elezioni nella primavera del 2019 promettendo non guerra, bensì colloqui con la Russia. Vinse da “moderato” contro Poroshenko che, al contrario, aveva caratterizzato tutta la sua campagna elettorale in chiave violentemente bellicista e anti-russa con lo slogan “esercito, lingua e fede”, uno slogan gridato andando in giro in tuta mimetica (vi ricorda qualcuno?). L’attuale sottufficiale della Nato Zelensky stravinse (con l’87% dei voti) proprio nelle zone orientali dell’Ucraina, le più abitate dagli ucraini di origini russe – un particolare, questo, indigesto anche ai filo-russi.
Nessuno osa ricordare, allora lo ricordiamo noi, che solo 4 anni fa il “grande personaggio” onnipresente alle riunioni del G-7, dei vertici europei, nei summit finanziari, nei festival canori (perfino ove fosse, in via eccezionale, assente come nella 67^ edizione di Eurovision) veniva preso per i fondelli anche da oscuri redattori dell’Ansa e dell’Agi.
In uno dei dispacci dell’Ansa da Kiev del marzo 2019 si diceva questo: ok, Poroshenko e la Timoshenko sono dei miliardari che hanno cura anzitutto e soprattutto dei propri interessi di arricchimento personale, ma “non (è) che Zelensky sia un frate francescano. Gli anni di tv e la sua casa di produzione Kvartal 95 lo hanno reso ricco, ma gli ucraini, come ha sintetizzato l’Economist, sono pronti ad eleggere persino ‘una sedia’ pur di respirare aria di cambiamento. E Zelensky, con i comizi-spettacolo e l’offerta di scegliere il nuovo governo di concerto con i cittadini, offre proprio questo. Più un taglio netto alla corruzione e all’ineguaglianza, malattie croniche ucraine. Poroshenko, dalla sua, ha di aver mobilitato l’elettorato patriottico giocando la carta anti-russa, ponendosi come l’unico argine a Vladimir Putin – Zelensky si è detto al contrario disposto a trattare con lo zar, a patto di avere Ue e Usa come testimoni.” L’eroe-de-noantri Zelensky presentato, insomma, come un affarista, “scelto” per disperazione da una massa di cittadini desiderosi di farla finita con la corruzione e le disuguaglianze sociali, poveri illusi!, e favorevoli a trovare, attraverso la bocciatura degli oltranzisti Poroshenko e Timoshenko, un compromesso con la Russia – poveri illusi al quadrato!
In uno dei dispacci dell’Agi sempre del marzo 2019 si calcava ancora di più la mano sottolineando come la sua “unica esperienza di governo è stata quella di aver interpretato un professore di storia che diventa presidente in una serie tv”. Un neofita esperto in camuffamenti, però, perché “si è presentato come indipendente, ma ha avuto come rampa di lancio l’emittente televisiva “1+1″ del magnate Ihor Holomoisky (latitante dopo la fuga all’estero dalle inchieste della magistratura) che molti considerano il suo vero sponsor”. Insomma l’”indipendente” Zelensky, protesi di uno degli 80-100 grandi capitalisti che hanno arraffato la “ricchezza nazionale”, svendendola contemporaneamente ai mega-oligarchi del capitale globale, FMI e multinazionali a base occidentale in primis, compresi naturalmente gli italianuzzi, ma senza trascurare, specie negli ultimi anni, gli orientali (Cina, Turchia).
Tutto ciò ora è messo tra parentesi. Oramai è il “nostro uomo” a Kiev, quello disposto a continuare la guerra “per noi“, qualunque siano i terribili costi per la popolazione ucraina – in particolare per la classe lavoratrice ucraina, colpita dal governo Zelensky, tra l’altro, con leggi anti-sindacali da “ritorno all’Ottocento”. Dunque Zelensky santo subito, grande statista, intrepido condottiero e quant’altro. [Ad abbracciarlo e baciarlo, qui, un’altra parvenu della politica borghese, una “donna venuta dal nulla”, una underdog a credere alla sua auto-celebrazione, al centro anche lei – però, guarda il caso – di una rete di affari immobiliari che si espandono in Inghilterra, Lussemburgo, Panama, e ancor più si espanderanno da palazzo Chigi, statene certi, negli anni a venire. Incoronata provvisoriamente dal grande capitale, oltre che da padroncini e bottegai, per il suo feroce programma anti-proletario, almeno finché farà bene il compito assegnato.]
Mentre le nuove, ingenti forniture di armi da parte della NATO, in particolare da Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti, assicurano che il massacro continuerà e si espanderà quasi certamente in Crimea e, forse, nella stessa Russia, appare ancor più chiaro che – come abbiamo scritto tempo fa – presentare Zelensky come un “eroe del risorgimento nazionale dell’Ucraina ed europeo” è da consumati bari, da impostori. Al contrario Zelensky verrà ricordato, se verrà mai ricordato al di là dell’infame e grottesca cronaca di questi giorni, come colui che ha spinto alla catastrofe l’Ucraina, assumendo posizioni che sono ormai, quanto a bellicismo, perfino più oltranziste di quelle del Pentagono nell’evocare e invocare apertamente la terza guerra mondiale.
“Si chiude con lui la non esaltante parabola del nazionalismo borghese ucraino. Poco o nulla fece il nazionalismo borghese ucraino dei tempi andati per arrivare all’edificazione di uno stato nazionale ucraino, che fu “dono” esclusivo della rivoluzione russa e internazionale alle secolari agitazioni contadine – il “dono” stramaledetto da Putin e dal suo stretto amico Kirill. Molto, moltissimo, l’impensabile, ha fatto il nazionalismo borghese ucraino degli ultimi trent’anni, di cui Zelensky è il coronamento, per sfasciare lo stato nazionale e spingere l’intera popolazione lavoratrice dell’Ucraina, di qualunque origine “etnica”, nelle spire mortali del mercato globale del lavoro domestico ed extra-domestico, e della guerra imperialista. Che gli ucraini maledicano la decisione di Putin e l’armata (tutt’altro che rossa) che ha invaso il loro paese e lo sta martellando, è nell’ordine naturale delle cose, e pienamente giustificato. Ma siamo certi che nelle loro maledizioni non potranno dimenticare il giullare divenuto “eroe” delle canaglie al potere a Roma, Berlino e Wall Street che, come giocatori di poker, stanno scommettendo – in questo disastro – sui lauti pasti a venire.”
[qui sopra, una protesta contro “il sacrificio dei soldati in guerra”]
E se poi non dovesse andare come nei piani di guerra di Roma, Bruxelles, Washington, e se dunque i veri signori della guerra decidessero di sostituire il “loro uomo” a Kiev, niente paura: è già pronto per lui il meritato premio di consolazione. A Forte dei Marmi, in Versilia: una villa da 4 milioni di euro. Lì potrà farsi quattro risate con i suoi vicini di villa russi: del resto a Forte dei Marmi ha sede il Museo della satira e della caricatura…