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[RUSSIA] Sulla ribellione di Prigozhin e della “Wagner”

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redaizone Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Sulla ribellione di Prigozhin e della “Wagner”

– Lega della gioventù comunista rivoluzionaria (bolscevica) di Russia

italiano – russo – inglese

I compagni del Fronte dei lavoratori dell’Ucraina ci hanno segnalato per la pubblicazione questa presa di posizione a caldo della Lega della gioventù comunista rivoluzionaria (bolscevica) di Russia sull’ammutinamento di Prigozhin e della Wagner. Raccogliamo senz’altro la loro richiesta, perché ci sentiamo impegnati a far conoscere qui le posizioni di quanti – in condizioni difficilissime e avverse – sia in Ucraina che in Russia di rifiutano di arruolarsi per la guerra, e si battono per separare le sorti della classe lavoratrice da quelle delle rispettive classi capitaliste. Ne abbiamo subito curata la traduzione, scoprendo in seguito che ne esisteva già una, ben fatta, opera del sito Infokomintern, che qui riprendiamo.

Questa risoluzione ha un grosso pregio: inquadrare lo scontro in atto ai vertici degli apparati militari russi statali e privati come uno scontro in tutto e per tutto inter-borghese, nel quale non c’è alcuna parte da scegliere tra il gruppo-Putin e il gruppo-Prigozhin, essendo entrambi portatori di piani di guerra e di progressiva “fascistizzazione” della società. Nell’assumere questa chiave di lettura i compagni della RKSM (b) confermano un sentimento di classe inequivoco, lo stesso che li induce ad inquadrare come inter-imperialista la guerra in corso in Ucraina.

Su due punti, però, non ci sentiamo di concordare con loro.

Il primo è la perfetta equiparazione della politica di Putin con quella di Eltsin. Ferma restando la comune matrice di classe di esse, non c’è dubbio – a nostro avviso – che il gruppo intorno a Putin sta cercando di tracciare un cammino di ripresa di forze dell’economia capitalistica russa, e abbia conseguito dei risultati tangibili in questa direzione, che ne spiegano la prolungata stabilità (finora, almeno), che non è attribuibile secondo noi al solo elemento della repressione (come si tende a sostenere qui in Occidente). A meno di non definirlo un discorso falso dalla a alla zeta, il recente discorso di Putin al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo delinea con una certa chiarezza il tentativo di sottrarre la Russia alla funzione di semplice fornitrice di materie prime, quale già oggi non è, peraltro, nella divisione internazionale del lavoro. Questo diverso giudizio non ci fa certo “apprezzare” Putin, che consideriamo un nostro feroce nemico di classe; solo pensiamo che sia opportuno evitare di semplificare l’analisi delle forze del capitale perché ogni semplificazione può essere la premessa di errori politici. Nel documento dei compagni russi traspare un’analisi della Russia quasi fosse un paese capitalisticamente arretrato, la cui borghesia si limita a dissipare le risorse naturali e distruggere l’apparato industriale, compresa l’industria militare. Noi pensiamo invece che il parassitismo della borghesia russa abbia la stessa natura di quello dell’imperialismo occidentale, e coincide con la vocazione sempre più anti-sociale e reazionaria che caratterizza il modo di produzione capitalistico alla scala mondiale. Distruzione del sistema educativo, della sanità, dell’ambiente, degrado della sicurezza sociale e inasprimento progressivo dello sfruttamento del lavoro e dell’oppressione, tendenza alla guerra sono altrettante manifestazioni della crisi storica in cui il capitalismo è avviluppato.

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Il secondo aspetto su cui non concordiamo con questi compagni è che nella loro presa di posizione avviene in alcuni passaggi una pericolosa sovrapposizione tra due categorie, classe e nazione, che sono invece tra loro distinte e, al fondo, antagonistiche in questo stadio di sviluppo del capitalismo e in relazione a paesi come la Russia (o l’Italia). Possono anche avere una comune matrice storica, ma la rovina della Russia come nazione è una cosa, la rovina della classe lavoratrice russa è un’altra. Non vediamo un Putin intento a “derubare e distruggere la nostra patria”, quanto invece un Putin che, nello sforzo di difendere l’imperialismo russo contro i suoi nemici, inevitabilmente condanna alla rovina non la nazionema il proletariato e le classi sfruttate all’interno della nazione.

Sia i compagni della RKSM (b) che altri compagni appartenenti al mondo dello stalinismo hanno operato, in occasione di questa guerra, importanti rotture politiche. Ma a nostro parere c’è da discutere a fondo con loro proprio su questa essenziale questione teorica, e quindi al massimo grado pratica, classe/nazione, sulla quale anche le loro coraggiose rotture politiche potrebbero, e ci auguriamo di no, naufragare. 

27 giugno,

Redazione Il Pungolo Rosso


The comrades of the Workers’ Front of Ukraine have sent us for publication this statement of the League of Communist Revolutionary Youth (Bolshevik) of Russia on the Prigozhin and Wagner mutiny. We certainly accept their request, because we feel committed to making known here the positions of those in Ukraine and in Russia who refuse to enlist for war in very difficult and adverse conditions, and are fighting to separate the fate of the working class from that of the capitalist class. We immediately took care of the translation, later discovering that there already existed a well done one, the work of the Infokomintern site, which we resume here.

This resolution has a great merit: it frames the ongoing clash at the top of the state and private Russian military apparatuses as a wholly inter-bourgeois clash, in which there is no side to choose between the Putin-group and the group-Prigozhin, both being the bearers of plans for war and the progressive “fascistization” of society. In assuming this reading key, the comrades of the RKSM (b) confirm an unequivocal class sentiment, the same that leads them to classify the ongoing war in Ukraine as inter-imperialist.

On two points, however, we do not agree with them.

The first is the perfect equating of Putin’s policy with Yeltsin’s. On their common class matrix there is no doubt, of course; but, in our opinion, the group around Putin is trying to trace a path of recovery of the forces of the Russian capitalist economy, and has achieved tangible results in this direction, which explain its prolonged stability (until now, at least), which in our opinion is not attributable to the element of repression alone (as they tend to maintain here in the West). Unless you call it a false speech from a to z, Putin’s recent speech at the International Economic Forum in St. Petersburg outlines with a certain clarity the attempt to remove Russia from the function of a simple supplier of raw materials in the international division of labour, which is already not the case today.

This different judgment on Putin’s policy certainly does not make us “appreciate” Putin, whom we consider our fierce class enemy. We only think it is appropriate to avoid simplifying the analysis of the forces of capital because any simplification can be the premise of political errors. The document by the Russian comrades reveals an analysis of Russia as if it were a capitalistically backward country, whose bourgeoisie limits itself to wasting natural resources and destroying the industrial apparatus, including the military industry. Instead, we think that the parasitism of the Russian bourgeoisie has the same nature as that of Western imperialism, and coincides with the increasingly anti-social and reactionary vocation that characterizes the capitalist mode of production on a global scale today, as such. Destruction of the education system, of health care, of the environment, degradation of social security and progressive exacerbation of labor exploitation and oppression, tendency to war are all manifestations of the historical crisis in which world capitalism is enveloped.

The second aspect on which we do not agree with these comrades is that in their statement there is in some passages a dangerous overlap between two categories, class and nation, which are instead distinct from each other and, fundamentally, antagonistic in this historical stage of capitalist development and related to countries as Russia (or Italy). These categories may also have a common historical matrix, but the ruin of Russia (or Italy) as a nation is one thing, the ruin of the Russian working class (or the Italian working class) is another. We do not see a Putin intent on “robbing and destroying our Motherland”; we see a Putin who, in an effort to defend Russian imperialism against its enemies, inevitably condemns to ruin not the nation as a whole, but the proletariat and the exploited classes inside the nation.

Both these RKSM(b) and other comrades belonging to the world of Stalinism made important political ruptures during this war. However in our opinion we need to discuss in depth with them precisely on this essential theoretical point, which is therefore a key-issue in practice: class/nation, on which even their courageous political ruptures could, and we hope not, founder. (Ed.)

Dichiarazione della RKSM(b) sulla ribellione di Prigožin e della “Wagner”

Dichiarazione del Comitato Centrale della Lega della Gioventù Comunista Rivoluzionaria di Russia (bolscevica) sulla disputa tra fazioni della classe dominante russa, nel mezzo della guerra interimperialista in Ucraina, esplosa con la “rivolta” del gruppo paramilitare di mercenari “Wagner” guidato dal miliardario capitalista e “signore della guerra” Evgenij Prigožin che ha intrapreso una marcia verso Mosca contro i vertici delle istituzioni militari del governo borghese russo, interrotta a seguito di una mediazione del presidente bielorusso Lukashenko.

Sulla ribellione di Prigožin e della PMC “Wagner”

Dichiarazione del Comitato Centrale della Lega della Gioventù Comunista Rivoluzionaria di Russia (bolscevica)

Il 23 giugno 2023, Yevgeny Prigožin, proprietario della Compagnia Militare Privata “Wagner”, ha dichiarato l’ammutinamento e ha spostato le sue truppe nella Federazione Russa. Il presidente russo Vladimir Putin ha definito queste azioni “tradimento” e “pugnalata alle spalle”, tracciando analogie con le azioni dei bolscevichi nel 1917 (leggi di più qui su queste ennesima affermazione anticomunista di Putin, ndr). La mattina del 24 giugno, le truppe della “Wagner” controllavano strutture chiave a Rostov-on-Don e Voronezh. Sono in corso combattimenti nei pressi di Voronezh, con delle vittime. A Mosca e in diverse altre regioni russe è stata dichiarata una “operazione antiterrorismo”. La situazione sta evolvendo rapidamente.

Contesto

1. Ciò che è accaduto, a prescindere dal risultato, è una conseguenza naturale della profonda crisi politica che si è sviluppata all’interno della classe dominante russa sullo sfondo dello stallo della guerra in Ucraina.

2. Come abbiamo ripetutamente sottolineato, la guerra in Ucraina non riguarda la protezione del popolo ucraino dai “barbari di Mosca” o la protezione del popolo del Donbass dagli “ukronazisti”, ma uno scontro di interessi imperialisti tra l’Occidente, da un lato, e la Russia, dall’altro. La Russia è tacitamente sostenuta in questo conflitto da un gruppo di paesi riuniti attorno al capitale cinese, il che indica la natura globale piuttosto che regionale del conflitto.

3. Fin dall’inizio la cosiddetta “operazione militare speciale” non è andata come i dirigenti russi intendevano. La Russia è entrata in guerra indebolita.

Un motivo particolare della debolezza della Russia è l’incoerenza della borghesia russa, che fino all’ultimo ha cercato di negoziare con i suoi “partner occidentali” la spartizione delle sfere d’influenza a scapito delle vite degli abitanti del Donbass. Va ricordato che è stata la Federazione Russa a fermare l’offensiva delle milizie del Donbass contro il regime reazionario sorto a seguito del colpo di Stato di destra a Kiev nel 2014. È stata la Federazione Russa a far passare gli accordi di Minsk, che hanno reso il Donbass indifeso contro le Forze armate ucraine. Di conseguenza, la stessa élite al potere della Russia ha permesso all’imperialismo occidentale di preparare al meglio i suoi fantocci ucraini alla guerra. Il prezzo di questa politica del Cremlino è la perdita di migliaia e migliaia di vite di lavoratori da entrambe le parti.

La ragione fondamentale della debolezza della Russia è rappresentata dalle politiche socio-economiche che sono state costantemente perseguite dalla borghesia russa nei decenni successivi alla caduta dell’URSS. Le epoche di Eltsin e Putin differiscono in modo significativo per quanto riguarda le caratteristiche esterne (retorica, simbolismo, dichiarazioni di politica estera, ecc.). Dall’inizio del XXI secolo, la classe dirigente russa ha cercato e cerca tuttora di coprire i propri obiettivi con la retorica patriottica e i riferimenti alla Grande Guerra Patriottica, sacra per il popolo sovietico. Tuttavia, il nucleo, è lo stesso potere del capitale che parassita le risorse naturali e umane della Russia. La borghesia sotto Putin è la stessa classe formata dallo smantellamento controllato dell’economia sovietica, una simbiosi tra la macchina repressiva e l’oligarchia creata da Eltsin. Sia sotto Eltsin che sotto Putin continuano l’impoverimento e persino l’estinzione del popolo russo, il degrado del sistema dell’istruzione, il saccheggio delle risorse naturali, la distruzione dell’industria (compresa quella militare). Basti pensare che anche nel 2023 la bancarotta delle imprese militari russe è continuata. I propagandisti del Cremlino cercano di coprire il reale stato delle cose con una retorica spavalda, ma resta il fatto che Putin è il fedele discepolo di Eltsin nel rapinare e distruggere la nostra Madrepatria. E questo, ovviamente, non poteva che portare allo stato deplorevole della maggior parte delle istituzioni pubbliche, comprese le Forze Armate della Federazione Russa.

La “Wagner” è una compagnia militare privata di proprietà del miliardario capitalista Evgenij Prigožin (a destra in foto), arricchitosi rapidamente nel settore alimentare negli anni della privatizzazione selvaggia post dissoluzione dell’URSS ed entrando a far parte della cerchia di oligarchi vicini a Putin. Prende origine dal Slavonic Corps (creato dalla Moran security, un’agenzia privata di sicurezza legata alle aziende russe) da cui Dmitry Valeryevich Utkin (a sinistra in foto) – nome di battaglia Wagner – comincia a reclutare mercenari formando nel 2014 il gruppo che assumerà il suo nome di battaglia, riferito al noto compositore preferito da Hitler. Utkin non nasconde infatti il suo orientamento nazista mostrandone anche la simbologia in diversi tatuaggi.

4. La Compagnia militare privata “Wagner” è emersa come uno strumento dell’imperialismo russo per servire efficacemente i suoi interessi esteri quando l’uso ufficiale della forza militare non è possibile. La base della “Wagner” era il Slavonic Corps PMC [Private Military Company, in inglese], formato nel 2013 da uomini d’affari russi formalmente per “proteggere i giacimenti e gli oleodotti” in Siria, in realtà – per partecipare alla guerra sul territorio di quel Paese. Successivamente, la PMC “Wagner” ha difeso gli interessi dell’imperialismo russo in Libia e nella Repubblica Centrafricana. La PMC “Wagner” è composta da mercenari ben equipaggiati e addestrati. Naturalmente, quando il corso della guerra ha rivelato la debolezza e la scarsa motivazione dell’esercito russo, il regime al potere è stato costretto a ricorrere a mercenari professionisti. La PMC “Wagner” è divenuta una delle unità più pronte al combattimento da parte russa, alimentando le ambizioni del suo proprietario. Va notato che sia il nome della PMC, sia il suo slogan “Sangue, onore, patria” e le ripetute dichiarazioni pubbliche dei suoi rappresentanti indicano l’orientamento di estrema destra dei fondatori della struttura e di molti combattenti.

Sottolineiamo che la PMC “Wagner” è stata creata dalla classe dirigente russa e per lungo tempo è stata un suo strumento, ed Evgeny Prigožin è un grande uomo d’affari, che conosce personalmente Vladimir Putin e gode di alcuni privilegi dovuti a questa conoscenza.

5. Dopo essersi imbarcata in un’avventura militare, la borghesia russa è rimasta incoerente, tentando di manovrare e cercando modi per “negoziare”. Lo dimostrano le numerose dichiarazioni di “linee rosse”, prive di conseguenze, e l’assenza di colpi contro i vertici militari e politici del nemico. Il prezzo di una simile politica è un sacrificio infruttuoso. Tutto questo non è passato inosservato.

Conclusioni

1. Il pessimo andamento della guerra in Ucraina per la Russia ha rafforzato le tendenze centrifughe all’interno della classe dirigente. Una parte degli oligarchi russi si è affrettata a prendere le distanze dal Cremlino e a mostrare fedeltà all’Occidente. Un’altra parte segue ancora il presidente. Una terza parte è insoddisfatta della politica cauta e tiepida del Cremlino e vorrebbe misure drastiche.

2. La ribellione della PMC di Prigožin riflette gli interessi di una fazione della borghesia, che mira a misure di emergenza in vista di una svolta decisiva nella guerra. Ciò richiede l’immediata instaurazione di una dittatura fascista, cioè una dittatura terroristica diretta del gruppo più sciovinista e reazionario del grande capitale finanziario.

3. Allo stesso tempo, il comportamento dello stesso Prigožin e le sue critiche agli obiettivi e ai metodi della cosiddetta “operazione speciale” suggeriscono che anche questo gruppo è disposto a negoziare con l’Occidente ed eventualmente a offrirgli condizioni più favorevoli per un compromesso. È interessante notare che l’insurrezione si svolge sullo sfondo di un aumento senza precedenti della presenza militare della NATO lungo il confine occidentale della Russia e di costanti minacce di usare armi nucleari.

4. Tuttavia, anche l’attuale regime al potere in Russia si sta muovendo verso il fascismo, come abbiamo ripetutamente messo in guardia. In altre parole, entrambe le parti sono interessate a instaurare una dittatura fascista. L’unica differenza è chi, quando e con quali mezzi condurrà la Russia all’instaurazione definitiva del fascismo. Sarà un fascismo “dall’alto” eseguito dall’attuale regime, goffo e appesantito da una burocrazia corrotta, o sarà un fascismo con elementi di “anarchia”, eseguito dagli scagnozzi della PMC.

5. Il conflitto militare scoppiato in Russia non è quindi né una “guerra civile”, né una “rivoluzione”, ma una contesa tra due fazioni reazionarie e fasciste della borghesia russa. Entrambe le parti di questo conflitto portano sofferenza e morte ai lavoratori. Entrambe le parti, pur con tutte le loro contraddizioni, sono molto più vicine l’una all’altra che al popolo russo.

6. Il movimento operaio del nostro paese è ancora debole. Anche i comunisti sono deboli e frammentati. Il lavoro di consolidamento ideologico, politico e organizzativo svolto dalla RKSM(b), insieme ad altri gruppi comunisti, è ancora lungi dall’essere completato.

7. I compiti principali dei comunisti in queste circostanze:

– Non appoggiare, in nessun caso, nessuna delle fazioni borghesi che si scontrano tra loro. Spiegare ai lavoratori e ai giovani la perniciosità di tale sostegno. Spiegare che, a prescindere dall’esito della disputa (che vinca una parte o che si mettano d’accordo tra loro), il risultato per la gente comune sarà un peggioramento delle condizioni sociali e un’ulteriore repressione.

– Rafforzare quotidianamente i legami con la classe operaia e con i militari. Svolgere instancabilmente la propaganda tra di loro, spiegando gli obiettivi di classe e il significato di ciò che sta accadendo. Nel corso del lavoro di propaganda, bisogna fare attenzione, tenendo presente che la Federazione Russa è ora più vicina che mai alle condizioni di una dittatura fascista.

– Promuovere l’auto-organizzazione dei lavoratori nelle imprese e la creazione di nuove organizzazioni dei lavoratori prima che vengano messe fuori legge.

– Nelle aree coinvolte o vicine agli scontri, incoraggiate i lavoratori a formare unità di autodifesa.

Le cruciali battaglie di classe devono ancora arrivare.

24 giugno 2023,

Il Comitato Centrale della RKSM(b)

Aggiornamento della sera del 24 giugno 2023

I media riferiscono che il Cremlino e la PMC “Wagner” hanno raggiunto un accordo con la mediazione di Alexander Lukashenko, presidente della Bielorussia. Prigožin ha definito retroattivamente le sue azioni una “marcia di giustizia” e ha annunciato che avrebbe fatto rientrare le truppe. L’attacco missilistico ai campi “Wagner“, che sarebbe avvenuto la sera del 23 giugno, è già stato dimenticato.

Ma questo significa che la storia è finita? No. Le contraddizioni che sono state all’origine della ribellione non sono state eliminate. Gli accordi raggiunti sono solo una fragile tregua prima di una nuova lotta tra le varie fazioni della classe dirigente russa. Quando e in che forma si svolgerà – non lo sappiamo, ma le ragioni di ciò che è accaduto le abbiamo sopra esposte.

L’unico modo per porre fine allo scivolamento della Russia in una catastrofe nazionale è una rivoluzione socialista guidata da una classe operaia forte, organizzata e ideologicamente armata.

Originale in russo: https://rksmb.org/rksmb/official/o-myatezhe-prigozhina-i-chvk-vagner/

Originale in inglese: https://rksmb.org/english/statement-of-the-central-committee-of-rksmb-on-the-rebellion-of-pmc-wagner/

Di questa organizzazione abbiamo pubblicato un precedente testo: