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[ISRAELE] La strage e la pulizia etnica a Jenin non spengono la questione palestinese: la accendono e l’internazionalizzano

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redaizone Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Israele:

la strage e la pulizia etnica a Jenin

non spengono la questione palestinese,

la accendono e l’internazionalizzano

Per quanto lo stato di Israele, ed in particolare il blocco di forze che ha dato vita all’ultimo governo Netanyahu, si illudano di poter chiudere per sempre la questione palestinese, sta avvenendo il contrario: la riaccendono di continuo (nonostante lo scandaloso collaborazionismo di Abu Mazen e dei suoi), ne spostano sempre più l’epicentro verso le nuove generazioni degli sfruttati, ne radicalizzano le forme di resistenza, e conquistano una crescente simpatia internazionale alla loro battaglia contro lo stato razzista e colonialista che li opprime.

Perché sarà anche vero, è vero, che con la politica di pulizia etnica sistematica e l’insediamento crescente di colonie sovvenzionate dallo stato e dall’intero Occidente, i governi israeliani hanno reso praticamente impossibile la nascita di uno stato palestinese in terra di Palestina; ma contemporaneamente – data la irriducibile resistenza delle masse oppresse palestinesi – hanno internazionalizzato la questione palestinese. Non certo nel senso che l’hanno messa nelle mani dell’ONU e della “comunità internazionale” (i primi complici di Israele), ma nel senso che hanno fatto della Palestina un “luogo del cuore” per tutta l’enorme diaspora palestinese sparsa per il mondo. L’hanno resa “un seme, un viaggio, un campo e una lettera” (per dirla con Aysar al-Saifi) potenziandone l’impatto simbolico in tutto il mondo arabo ed islamico (ed oltre, perché i palestinesi sono dispersi – e presenti – ovunque): non certo a livello dei governi borghesi, in vario modo collusi con Israele, ma a livello popolare, perfino con un’irruzione a sorpresa negli stadi dei mondiali di calcio in Qatar e in tante città dei paesi occidentali.

La Palestina e i palestinesi – lungi dall’essere stati cancellati dalla storia – esprimono, nella loro semplice esistenza, e tanto più nella loro ribellione, la voce, il grido di dolore, la speranza delle masse oppresse del mondo intero. A loro va la simpatia e la solidarietà di tutti/e coloro che odiano l’oppressione delle nazioni, il colonialismo vecchio e nuovo, l’apartheid, il razzismo, il militarismo – tutti tratti essenziali dell’odierno stato di Israele. Lo riconoscono gli intellettuali ebrei e israeliani più illuminati, quali N. Chomsky e I. Pappe. Lo dicono anche quei giovani cittadini di Israele che condannano i pogrom e si rifiutano di servire nell’esercito – per pochi che essi siano ad oggi, e sono davvero pochi.

Per quanto goda di ogni protezione e complicità da parte degli apparati imperialisti, lo stato di Israele è sempre più inviso nel mondo nelle classi sfruttate e oppresse. Inoltre, la feroce repressione delle masse palestinesi con metodi sempre più esplicitamente terroristici e motivazioni inequivocabilmente razziste sta portando con sé, inesorabilmente, anche la necessità di regolare gli stessi conflitti tra israeliani d.o.c. attraverso metodi sempre più brutali. Le recenti dimissioni del capo della polizia Eshed, accusato dal ministro Ben-Gvir di non aver voluto usare tutta la violenza opportuna per stroncare le manifestazioni contro la “riforma della giustizia”, è un segnale. E sebbene sia imperdonabile la cecità con cui – ad oggi – la stragrande maggioranza dei dimostranti contro Netanyahu si rifiuta di vedere il nesso tra oppressione dei palestinesi e il più ampio processo di fascistizzazione (e disgregazione) della società israeliana, significa qualcosa che essi debbano cominciare a battersi contro la “propria” polizia e a bloccare le autostrade. E’ sempre la pratica dello scontro sociale aperto che apre gli occhi ai non vedenti, e la parte non sfruttatrice dei cittadini ebrei di Israele, se non vorrà andare a picco insieme con il “proprio” stato, dovrà necessariamente riconoscere nella lotta delle masse palestinesi la forza trainante a cui collegarsi.

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Qui sotto alcune delle prime reazioni in Egitto, Yemen e Libano al massacro di Jenin. Noi non possiamo “giurare” su nessuna delle formazioni politiche che esprimono la propria solidarietà ai giovani ribelli in armi di Jenin, sia chiaro; ma se anche formazioni che non fanno della rivoluzione sociale anticapitalista la loro bandiera, tutt’altro, sono trascinate a prese di posizioni (almeno formalmente) radicali in cui si attaccano i governi arabi nel loro insieme (è il caso del Partito socialista egiziano) – questo è per noi un sintomo di cosa ribolle nel sottosuolo dell’intero mondo arabo-islamico.

Partito Socialista Egiziano: Il popolo palestinese a Jenin ha combattuto una battaglia eroica

https://hadfnews.ps/post/121322

Esperto militare: i combattenti della resistenza palestinese a Jenin sono riusciti a esaurire le capacità dell’esercito di occupazione

 “Netanyahu” non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi nascosti.

https://hadfnews.ps/post/121327

 Marce in Yemen a sostegno della resistenza a Jenin https://hadfnews.ps/post/121333

Kayed Al-Ghoul: Jenin aderisce alla resistenza e i tentativi di soggiogare il nostro popolo non avranno successo

Il fallimento dell’occupazione si ritorcerà contro di lui negativamente.

https://hadfnews.ps/post/121334

Immagini | Libano: fazioni, partiti, forze e personalità patriottiche palestinesi organizzano un incontro in solidarietà con Jenin e la sua valorosa resistenza https://hadfnews.ps/post/121339

Un funerale solenne. Decine di migliaia di persone salutano i martiri dell’aggressione a Jenin https://hadfnews.ps/post/121343

Marce in Yemen a sostegno della resistenza a Jenin https://hadfnews.ps/post/121333

Partito Socialista Egiziano: Il popolo palestinese a Jenin ha combattuto una battaglia eroica

https://hadfnews.ps/post/121322

Esperto militare: i combattenti della resistenza palestinese a Jenin sono riusciti a esaurire le capacità dell’esercito di occupazione

 “Netanyahu” non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi nascosti.

https://hadfnews.ps/post/121327

Marce in Yemen a sostegno della resistenza a Jenin https://hadfnews.ps/post/121333

Kayed Al-Ghoul: Jenin aderisce alla resistenza e i tentativi di soggiogare il nostro popolo non avranno successo

Il fallimento dell’occupazione si ritorcerà contro di lui negativamente.

https://hadfnews.ps/post/121334

Immagini | Libano: fazioni, partiti, forze e personalità patriottiche palestinesi organizzano un incontro in solidarietà con Jenin e la sua valorosa resistenza https://hadfnews.ps/post/121339

Un funerale solenne. Decine di migliaia di persone salutano i martiri dell’aggressione a Jenin https://hadfnews.ps/post/121343

Marce in Yemen a sostegno della resistenza a Jenin https://hadfnews.ps/post/121333

Jenin, Jenin: un film

– documentario da vedere, e far vedere

Una compagna del Comitato di sostegno alla lotta palestinese ci segnala questo famoso film-documentario. Raccogliamo molto volentieri il suo invito, e lo giriamo ai frequentatori del nostro blog trascrivendo le sue parole di presentazione.

Condividiamo in pieno anche la sua indignazione contro l’ordine dei giornalisti italiano che ha fatto propria la definizione sull’antisemitismo dell’IHRA, semplicemente scandalosa perché consente di far ricadere sotto l’etichetta criminalizzante di antisemitismo qualunque forma di critica alle istituzioni sioniste e alle politiche sioniste:

«L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto.»

Non a caso questa definizione è stata varata nel 2016, due anni prima che la Knesset approvasse la famigerata legge che definisce Israele la sola casa del popolo ebraico (la casa del solo popolo ebraico), facendo dello Stato di Israele la “istituzione comunitaria ebraica” per eccellenza, quella che non puoi criticare senza incorrere nell’accusa infamante di antisemitismo.

Sicché anche in occasione della recente strage di Jenin compiuta dalle forze armate dello stato di Israele e della connessa pulizia etnica (1.000 famiglie abitanti nel campo hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni), una tipica operazione di terrorismo di stato lungamente preparata e apertamente rivendicata dalla banda di Netanyahuper la quasi totalità della stampa italiana i terroristi sono i giovani palestinesi che resistono anche in armi all’oppressione dello stato sionista e dei suoi protettori – tra cui, inutile dire, l’Italia e l’UE. Non solo lo stato, ma il governo di Israele – per i mass media italiani e occidentali in genere – non può essere oggetto di critica, se non blanda (tipo: “eccesso di legittima difesa”… come se fosse Israele ad essere oppressa dai palestinesi, e non viceversa) e del tutto priva di conseguenze, qualunque crimine commetta.

La suddetta definizione di antisemitismo ha influenzato fortemente anche le Linee guida di contrasto all’antisemitismo varate nel novembre 2021 dall’allora ministro dell’istruzione Bianchi (governo Draghi), così da rendere impossibile – salvo violare le disposizioni ministeriali, cosa necessarissima – istruire le nuove generazioni alla storia reale e alla cronaca storica effettiva del Medio Oriente. 

Redazione Il Pungolo Rosso

“Questo film è stato censurato e bandito da Israele, che ne ha requisito tutte le copie, e il suo regista, Mohammad Bakri, ha subito una pesante condanna per aver documentato il massacro e i crimini che l’esercito israeliano commise nel campo di Jenin nel 2002.
Dopo 20 anni, nel 2022 un cecchino dell’esercito israeliano mirò e uccise la giornalista palestinese Shireen Abu Aqleh sempre a Jenin.
Jenin è imbattibile e irriducibile perché tutti i suoi abitanti sono figli dei primi profughi, quelli determinati dalla prima occupazione israeliana, del 1948; perché ad essi si sono aggiunti i profughi dell’occupazione del 1967; perché in questo campo generazioni di palestinesi hanno aspettato invano il ritorno e si sono visti negare ogni diritto. Perché in questo campo generazioni di palestinesi sono cresciuti tra carcere e torture, repressione, rappresaglie, invasioni militari. Non c’è un 18enne in questo campo che non abbia un membro della propria famiglia ucciso, ferito o in prigione. Ci sono ragazzi che non hanno mai visto il padre, perché prigioniero politico o ucciso. In questo contesto nasce la resistenza armata, che in un territorio occupato è riconosciuta da istituzioni internazionali. […]
Una costante condizione di violenta repressione determina la resistenza armata.
Nell’era in cui in Italia l’ordine dei giornalisti ha adottato la definizione dell’antisemitismo dell’IHRA, non sarà possibile accedere alla verità dei fatti che avvengono da decenni a Jenin e in Palestina.
Jenin Jenin, ripetere il nome del campo è un appello a resistere.