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[CONTRIBUTO] Sulla lotta operaia contro Mondo Convenienza

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Sulla lotta operaia contro Mondo Convenienza

– SI Cobas, e interventi di F. Latorraca, A. Milani, M. Michelino

Pubblichiamo qui di seguito alcuni materiali sulla lotta dei lavoratori di Mondo Convenienza. Innanzitutto, come è d’obbligo, la denuncia del tentativo fatto ieri dalle forze della repressione di stato – fallito! – di sgomberare il presidio permanente in atto davanti al magazzino di Campi Bisenzio. La nostra solidarietà con le lotte operaie viene prima di tutto e al di sopra di tutto.

A seguire, alcune riflessioni del compagno Francesco Latorraca del SI Cobas di Torino, che mette in evidenza luci ed ombre di questa vicenda, partita a Firenze e poi allargatasi a Torino, Bologna e Roma. La lotta a Firenze ha fatto da detonatore per lo scoppio di una conflittualità in tutta la filiera, allargando lo scontro e creando le premesse per sviluppare un’iniziativa su scala nazionale che veda protagonisti in prima fila i lavoratori e quindi si svolga sul terreno dell’autonomia di classe da tutte le forze istituzionali. E – a suo avviso – proprio questa duplice dimensione andava e va rafforzata per piegare la resistenza padronale, a partire da ciò che i rapporti di forza reali consentono per accumulare forze attraverso l’unità tra i lavoratori dei vari magazzini. La scelta della lotta ad oltranza, per quanto legittima e sacrosanta se riferita al super-sfruttamento brutale che vivono gli operai di Mondo Convenienza, se non tiene conto della necessità di ampliare il fronte di lotta su scala nazionale, finisce per restare prigioniera di un localismo che non sviluppa le potenzialità della lotta già emerse – tanto più se contemporaneamente si semina l’illusione pestifera di poter utilizzare a favore dei lavoratori in lotta quegli stessi partiti che sono stati da trent’anni architetti delle peggiori politiche anti-operaie, contro-riforme del mercato del lavoro, illimitata precarizzazione, generalizzazione degli appalti e sub-appalti, etc.. F. Latorraca riconduce – giustamente secondo noi – questa differenza di prospettive politico-sindacali emersa nel conflitto contro Mondo Convenienza al retaggio ideologico-politico di quel tardo “operaismo” che nutrendosi di panzane interclassiste sulle “moltitudini” e sul “cognitariato”, finisce per strizzare sistematicamente l’occhio al riformismo di ogni risma – anche quando fa ricorso a fraseologie o pratiche in apparenza “più antagoniste”.

Il confronto tra differenti prospettive politiche all’interno delle stesse lotte operaie non è certo nuovo. Per questo ci è sembrato utile completare questa documentazione con un articolo di diversi anni fa scritto su “Work” dai compagni Aldo Milani e Michele Michelino in cui si faceva un bilancio della lotta alla INSEE di Lambrate-Milano, una lotta tenacissima che vide protagonisti il gruppo di “Operai contro” ed ebbe una grande risonanza sul piano nazionale, raccogliendo la solidarietà di “mezzo mondo” della sinistra politica e sindacale. Ma una lotta che, volendo i suoi promotori restare rigorosamente dentro il recinto FIOM-CGIL e non intessendo i rapporti necessari per estenderla ad altri operai e proletari licenziati, finì per disperdere le sue potenzialitàAbbiamo purtroppo assistito negli ultimi due anni ad un percorso simile con la lotta alla GKN, a cui anche F. Latorraca fa un riferimento critico, che è entrata progressivamente in un cul de sac nonostante l’eco e le simpatie suscitate, e sembra chiudersi in un’ipotesi di autogestione fatta passare per quello che non può essere: un’alternativa all’organizzazione del capitaleNon vogliamo farla facile sui possibili esiti immediati, ma siamo convinti che era percorribile un’altra stradafare ogni sforzo per coordinarsi con le decine e decine di realtà operaie colpite dalle delocalizzazioni e dalle chiusure, e partecipare con maggiore convinzione al percorso della Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi e al rafforzamento del fronte più ampio dei lavoratori in lotta, anche a costo – necessariamente – di rompere la cappa paralizzante della CGIL.

Siccome si tratta di questione politiche vitali per la rinascita del movimento proletario o per il suo ulteriore affondamento, è necessario ed utile discuterne pubblicamente, senza reticenze di sorta, perché il “vogliamoci bene” chiudendosi gli occhi sulle divergenze coincide con il volersi male. (Red.)

1. TENTATIVO DI SGOMBERO (FALLITO) AL PRESIDIO DEI LAVORATORI MONDO CONVENIENZA A FIRENZE

Stamattina, nel mentre a livello nazionale si svolgeva lo sciopero contro gli omicidi sul lavoro, le forze dell’ordine hanno provato a sgomberare il presidio permanente dei lavoratori Mondo Convenienza in atto da più di tre mesi fuori ai cancelli del magazzino di Campi Bisenzio.

Il tentativo repressivo è stato fermato grazie alla determinazione dei lavoratori e dei solidali, ma non è da escludere che esso non si ripresenterà nei prossimi giorni e settimane, come in innumerevoli casi analoghi di mobilitazione dei lavoratori.

Mentre la triade confederale, sponsorizzata dalla sinistra istituzionale, alimenta illusioni sul prossimo tavolo del 15 settembre (da cui ovviamente saranno esclusi i lavoratori in lotta), come SI Cobas ribadiamo ancora una volta che un reale miglioramento nelle condizioni di vita e salariali per i lavoratori Mondo Convenienza potrà essere solo il frutto di un reale protagonismo di questi ultimi, del consolidamento del sindacato di classe su tutta la filiera e di un sempre maggiore coordinamento delle lotte e delle vertenze tra i vari magazzini.

No allo sgombero del presidio di Campi Bisenzio!

Toccano uno – toccano tutti!

Uniti si vince!

SI Cobas nazionale

2. POLITICA E RAPPORTI DI CLASSE NELLA LOTTA CONTRO MONDOCONVENIENZA, di Francesco Latorraca (SI Cobas – Torino)

Le lotte operaie di quest’epoca mettono in luce e in discussione paradigmi, visioni e retaggi della lotta politica e di classe degli ultimi decenni, se non dell’ultimo secolo.

Non c’è dubbio che alla base di ogni tendenza ci siano state spinte dettate dal contesto storico e dalle condizioni materiali dei rapporti sociali di produzione.

Ma le varie fasi, oltre a lasciare preziose esperienze, lasciano retaggi ideologici, incapaci di cogliere le vere tendenze del movimento reale, che però influenzano il corso delle varie lotte.

Tralasciando le aree libertarie che hanno avuto una relativa influenza nel movimento operaio, superate dal materialismo dialettico di Marx, intendo mettere a fuoco le tendenze che nel movimento comunista già all’inizio del secolo scorso si confrontarono, tra cui quelle consigliariste e quelle sovietiste.

Inoltre in Italia la visione gramsciana dei consigli di fabbrica, frutto delle occupazioni del biennio rosso, ha avuto un’onda lunga fino ai giorni d’oggi in molte componenti comuniste, in particolare nella residuale componente della “sinistra sindacal riformista di classe”.

Negli anni ’60-’70 in Italia, sull’onda della estesa industrializzazione e delle grandi fabbriche, emerse anche la tendenza operaista” basata sull’operaio massa, tendenza che in un certo senso seppe raccordarsi in quel momento con quella fase della lotta di classe.

Gli anni successivi di ristrutturazione industriale e di riflusso delle lotte operaie, portarono a ulteriori adattamenti, i consigli di fabbrica vennero meno, lasciando spazio a nuove rappresentanze, le Rsu, nominate dalle liste dei sindacati confederali che imbrigliarono quel poco di rivendicazionismo rimasto dalle lotte dei decenni precedenti, lasciando però ancora oggi ad una certa sinistra radicale l’illusione di poter essere determinante come minoranza negli apparati burocratici dei sindacati confederali.

Il tutto in un quadro che ha visto un’accelerazione nel processo di inglobamento completo dei sindacati confederali nello stato capitalista, di cui diventano in tutto e per tutto delle componenti.

Nel campo dell’operaismo, invece, con il riflusso delle lotte, l’operaio massa di Alquati e Panzieri ecc., ha ceduto il passo all’ “operaio sociale” nell’elaborazione di Tony Negri & c., secondo cui il plusvalore non si produce più nel processo produttivo, ma nei rapporti sociali complessivi, giustificandolo con la crescita della produzione immateriale e del lavoro cognitivo. Con questo passaggio “teorico” la lotta di classe è diventata “lotta sociale”, che si è via via inserita nel quadro del riformismo politico seppur con forme ideologiche “conflittuali” dello stare contemporaneamente dentro e fuori le istituzioni. Le “narrazioni del conflitto” (e il suo “immaginario”), a volte vere, a volte inventate, spesso hanno coperto e giustificato l’approdo a spazi sociali ed economici all’interno di un mercato dell’imprenditoria della marginalità (cooperative sociali…) o nella gestione di spazi collaterali, e subordinati, alle istituzioni locali.

Tali tendenze si sono intrecciate col riformismo politico e sociale che avanzava con le sinistre al governo e soprattutto con le amministrazioni di sinistra; in questo quadro la variegata sinistra e gran parte dei personaggi del movimento degli anni ’70 hanno trovato collocazione negli ampi meandri della spesa pubblica e di un certo welfare. Nel frattempo, inizia la caduta dei salari dei lavoratori italiani.

Ho voluto fare questa premessa sintetica, senza la pretesa di essere esaustivo, solo per indicare la provenienza di alcuni retaggi ideologici e di varie ideologie e prospettive riformiste che oggi troviamo nelle lotte della classe operaia.

Negli ultimi decenni molte lotte hanno subìto queste influenze; infatti molte vicende di classe si sono svolte nei meandri dello stato, tra tavoli e concertazioni istituzionali. Il dato di fatto è che non c’è stata una lotta che ha vinto o ha trovato soluzioni: solo per Torino voglio ricordare la triste fine dei lavoratori De Tomaso, Embraco, Indesit e di tante piccole e medie fabbriche in cui i lavoratori hanno trovato solo la strada della cassa integrazione e poi del licenziamento.

La stessa lotta GKN che ha avuto risonanza, con ampie manifestazioni partecipate, non è riuscita ad andare oltre i tavoli istituzionali e ad estendere la lotta oltre i propri cancelli coinvolgendo altri lavoratori colpiti dalle delocalizzazioni e dalle chiusure delle fabbriche in una vertenza più estesa contro i licenziamenti. Il voler restare interni ai recinti dei sindacati confederali e nelle logiche dei tavoli istituzionali, è stato un limite affinché questa lotta potesse diventare un riferimento per tanti lavoratori.

Anche la lotta di Mondo Convenienza di Campo Bisenzio, pur nelle giuste rivendicazioni che porta avanti, sta subendo l’influsso di questi retaggi ideologici, un intreccio tra post operaismo e riformismo istituzionale che rischia di scadere nella sconfitta e nella strumentalizzazione politico-istituzionale. Non è un caso che oltre al presidio permanente per oltre 3 mesi, inefficace verso un’azienda che ha spostato in altri siti l’attività, gran parte delle iniziative, anche se con ottime mobilitazioni solidali, si sono sviluppate in un’area politica riformista e istituzionale: tavoli con Assessori Regionali, Prefetti, deputati 5 stelle, aree Pd e altro, il tutto permeato da un’ideologica da opposizione, ripeto: istituzionale, anti-meloniana.

La visione post-operaista dell’operaio sociale che si intreccia col riformismo radical istituzionale, fa perdere alla classe l’autonomia e la forza per poter vincere le sue lotte.

La classe lavoratrice deve sì fare politica, anche rapportandosi alle Istituzioni o ai vari rappresentanti della politica borghese, ma con la sua strategia autonoma da tutte le componenti istituzionali in quanto classe cosciente della sua forza e dei suoi interessi immediati e storici.

I lavoratori di Mondo Convenienza e il SI Cobas devono estendere questa lotta ad altri magazzini, anche partendo da piccole conquiste, come è già avvenuto a Torino, essere in grado dare fiducia ad altri lavoratori che qualcosa può muoversi.

Stare davanti ai cancelli per oltre 3 mesi come a Campo Bisenzio senza alcun passo avanti, ballando tra istituzioni e aree politiche antimeloniane, non potrà mai dare fiducia ad altri lavoratori ad iniziare la lotta.

Noi siamo contro il governo dei padroni, adesso contro Meloni, come siamo stati appena ieri contro Draghi sostenuto da quelli che oggi gironzolano da finti solidali intorno ai lavoratori di Mondo Convenienza, come il PD, i 5 Stelle, ecc.

La lotta di classe è lotta politica, nel senso della propria autonomia e determinazione, per cui vanno combattute tutte quelle tendenze che la indeboliscono e la strumentalizzano.

Su questa strada i comunisti devono impiegare tutte le forze per ricomporre quell’energia potenzialmente dirompente della classe per sé.

Con questa idea forza e con questa convinzione riprenderemo le lotte nell’immediato autunno.

3. Articolo di Aldo Milani e Michele Michelino su “Work” (2009)