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[PALESTINA] Come lucrare sul sangue dei palestinesi. Chi? Vladimir Putin

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Come lucrare sul sangue dei palestinesi.

Chi?

Vladimir Putin

Preceduto da un battage pubblicitario che annunciava un discorso centrato sul conflitto Israele-Palestina (l’aveva segnalato anche The Palestinian Chronicle, con più di qualche attesa), Putin è intervenuto in collegamento alla riunione del G-20 di martedì 21 novembre con un intervento che invece non è stato centrato affatto sull’azione genocida dello stato di Israele e sulla necessità di bloccarla immediatamente, ma su tutt’altro: una profferta esplicita all’Occidente di negoziati sulla guerra in Ucraina.

Certo, nello stile della ributtante demagogia dei capi di stato, democratici o autocratici che siano, non poteva mancare, né è mancato, il richiamo ai bambini, in questo caso ai bambini operati senza anestesia. Putin, del resto, non poteva rischiare di essere da meno del capo-killer Biden, preoccupato addirittura di “salvare i civili”, che lo stato di Israele sta macellando con il suo totale appoggio. Ma – lasciando perdere la demagogia – qual è stata la sostanza dei passaggi dedicati da Putin alla situazione di Gaza?

La sostanza è mettere gli Stati Uniti (attenzione: non Israele, né lo stato di Israele, né il governo Netanyahu, bensì gli Stati Uniti) sul banco da imputati n. 1 dell’attuale massacro, al posto – neppure accanto, bensì al posto – dello Stato sionista. Questa posizione corrisponde a quella che più volte Putin ha definito, ed è tale, una “relazione speciale” tra la Russia e Israele, dovuta anzitutto alla circostanza, essenzialissima per Israele, che proprio la Russia ha fornito ad Israele l’ultimo massiccio contingente di popolazione dagli anni ’90 in poi: “Israele è, in effetti, uno Stato speciale per noi, è praticamente un paese di lingua russa, Israele è uno dei pochi paesi stranieri che si possono chiamare russofoni. È evidente che più della metà della popolazione parla russo” (dichiarazione di Putin, 20 luglio 2011). Anche in seguito, ad esempio dopo l’attacco israeliano contro Gaza del luglio-agosto 2014, denominato Operazione Margine di protezione, che costò la vita a 2.125-2.310 persone, tra cui 495-578 bambini, il gran protettore dei bambini palestinesi Putin affermò: “Io sostengo la battaglia di Israele intesa a proteggere i suoi cittadini” (dichiarazione del 10 luglio 2014). E di nuovo, nel 2016, ha solennemente ribadito la relazione speciale di Mosca con lo stato colonialista e sionista (nel quale gli emigrati russi svolgono spesso la parte dei più estremisti tra gli stragisti): “La Russia e Israele hanno sviluppato una relazione speciale: 1,5 milioni di cittadini israeliani provengono dall’ex Unione Sovietica, parlano la lingua russa, sono portatori della cultura della Russia, di mentalità russa e mantengono relazioni con i loro parenti e amici rimasti in Russia e questo contribuisce a rendere i rapporti inter-statali molto speciali“. Rapporti che tali sono effettivamente, in una molteplicità di campi economici e scientifici: dalla collaborazione nel campo della produzione bellica e dell’aero-spaziale, dal turismo alla medicina, dalla tecnologia nucleare alle nanotecnologie, e così via.

Del resto la Russia putiniana è stata da anni la prima fornitrice di petrolio di Israele – il che significa che Israele può portare avanti il genocidio a Gaza e la decimazione dei militanti palestinesi e la distruzione sistematica dei villaggi palestinesi, può portare avanti la propria azione colonizzatrice in Cisgiordania, proprio grazie alle forniture di petrolio russeTutto il progetto ultra-sionista di determinare una seconda Nakba crollerebbe di schianto in pochi giorni senza il petrolio russo! Ci permettiamo di ricordarlo alla marmaglia dei professionisti del “rosso”-brunismo che s’intende assai di geo-politica, ma riesce a non vedere questa elementare verità (*). Anzi, fa il possibile per occultarla. Un delitto politico, secondo noi, perché alimenta speranze in uno stato che ha avuto e continua ad avere invece un ruolo importante nello schiacciamento dei palestinesi e delle masse sfruttate arabo-islamiche.

[Chi può negare che la Russia, quella europea in particolare, sia uno dei luoghi più islamofobici della terra? A proposito: qualcuno è in grado di spiegare perché la Russia sia uno dei pochissimi paesi al mondo in cui non avvengono manifestazioni di massa in solidarietà con i palestinesi? E perché un altro di questi paesi è la Cina?].

Ebbene, dopo aver accusato gli Stati Uniti di voler “monopolizzare il ruolo di mediatori” nella guerra di Israele ai palestinesi, quale è stata la formidabile proposta avanzata da Putin in questo drammatico frangente? Nientemeno che riesumare il cosiddetto “Quartetto”, cioè l’organismo costituito nella primavera del 2002, composto da Stati Uniti (proprio loro, il primo imputato dell’attuale guerra!), ONU, Unione europea e Russia, un organismo attualmente “in sonno”, a lungo rappresentato da un altissimo funzionario della Banca mondiale e dal noto liberatore di oppressi Tony Blair. Ciò detto, potremmo aver detto tutto. Ma sull’attività di questo tal Quartetto preferiamo dare la parola a Ilan Pappé che nel suo libro “La pulizia etnica della Palestina” afferma quanto segue:

“All’apparenza, il processo di pace fu risuscitato nel 2003 con la presentazione della Road Map e perfino con la sfrontata iniziativa degli accordi di Ginevra. La Road Map fu il prodotto politico del Quartetto, il gruppo di mediatori che si era autonominato (…) e offriva un programma di pace che adottava a cuor leggero la posizione israeliana rappresentata dalle politiche di Ariel Sharon [rileggete la frase, ed informatevi su chi è stato Sharon – n.n.], primo ministro nel 2001 e di nuovo nel 2003 fino alla sua malattia nel 2006 e al ritiro dalla vita politica. Facendo diventare il ritiro israeliano da Gaza nell’agosto 2005 un successo mediatico, Sharon riuscì a far credere all’ingenuo Occidente [ahi, ahi! qui evidentemente l’ingenuo è Pappé – n.n.] di essere un uomo dalle buone intenzioni. Ma l’esercito continua ancor oggi a controllare Gaza dall’esterno (anche dall’aria, perché continua i suoi “assassinii mirati”, il modo israeliano di usare gli squadroni della morte) e probabilmente manterrà il pieno controllo della Cisgiordania , perfino quando alcuni soldati e coloni israeliani saranno in futuro. E’ sintomatico anche il fatto che i profughi del 1948 non siano mai menzionati nell’agenda di pace del Quartetto“. (pp. 292-293, Pappé scrive nel 2006 quando ancora si era visto ben poco della continuazione dell’azione israeliana su Gaza, contro la popolazione di Gaza e della Cisgiordania.)

Come sia andata dopo le “proposte di pace” (pace?!) del Quartetto, e dopo la “sfrontata iniziativa degli Accordi di Ginevra” nata sulla loro scia, dovrebbe essere noto a tutti. Specie dopo la vittoria di Hamas alle elezioni democratiche del 25 gennaio 2006, Israele ha stretto la sua morsa strangolatoria su Gaza, sui palestinesi della Cisgiordania e sui militanti palestinesi combattenti (e no) nelle carceri, e ha portato ulteriormente avanti – con la copertura o l’esplicita approvazione dei membri di questo quartetto di forze imperialiste – la sua azione genocida mirante in maniera sempre più esplicita ad una seconda Nakba.

Ecco perché riesumare il Quartetto, come ha proposto due giorni fa Putin, è riesumare un organismo anti-palestinese che ha agevolato i piani di espansione coloniale di Israele. Proponendolo, Putin cerca di lucrare interessi da usuraio sul sangue dei palestinesi, del cui versamento è totalmente corresponsabile. Vorrebbe entrare in campo, accanto agli Stati Uniti, quale “mediatore”, togliendo il monopolio della finta “mediazione” a Washington, ed evitando – anche questo gli importa – che entri in campo a togliergli anche questo possibile ruolo, l’”amico” Xi. E’ l’ultimo di una lunga serie a fare questo calcolo cinico e infame. Gli altri “strateghi” sono finiti male. E pensiamo che anche questa volta la forza dell’autodeterminazione delle masse oppresse palestinesi e dei loro combattenti non si lascerà giocare ai dadi.

Davvero il cuore d’oro Vladimir Putin soffre nel vedere soffrire i bambini di Gaza? Non ha che da bloccare immediatamente – I M M E D I A T A M E N T E – le sue forniture di petrolio a Israele che alimentano la macchina bellica sionista. Tutto il resto è complicità nel genocidio dei palestinesi!

(*) Facciamo un solo esempio. Tale Pepe Escobar ha scritto su ComeDonChisciotte che “la Russia si schiera dalla parte della Palestina”, e per avvalorare questa tesi falsa ha chiamato in causa Putin, l’ambasciatore della Federazione russa all’ONU, Nebenzya e Lavrov.

Senonché il discorso di Putin al Consiglio di sicurezza della Russia del 30 ottobre scorso fa esattamente l’operazione di cui abbiamo detto affermando che “le élite al potere degli Stati Uniti e dei loro satelliti sono i mandanti della tragedia in Palestina, dei massacri in Medio Oriente, del conflitto in Ucraina e di molti altri conflitti nel mondo – in Afghanistan, Iraq, Siria e così via”. Il che è ovvio e incontestabile – salvo che è impossibile per la Russia, anche solo per scherzo, atteggiarsi a potenza di pace. Ma quello che bisogna rilevare è che nel suo discorso non vi è traccia dello stato di Israele, del governo di Israele, dell’esercito di Israele, né vi è un minimo accenno al sionismo storico e all’ultrasionismo oggi dominante in Israele, grazie anche al contributo degli emigrati russi. Accusare gli Stati Uniti di tutto serve esattamente ad occultare accuratamente le responsabilità dello stato colonialista e razzista con cui la Federazione russa ha, e vuole conservare, “relazioni speciali” – un politico influente in Russia come Zirinovskij arrivò a dire nel 2007 (l’anno successivo allo scontro Israele-Hezbollah) che “la Russia non permetterà mai alcun tipo di violenza contro Israele”. E’ da notare, poi, che il rafforzamento di questo rapporto speciale tra Israele e Russia è partito con Sharon, un importante esponente dell’estremismo sionista filo-fascista – che definì giustamente Putin “un vero amico di Israele” -, e che proprio sotto la gestione putiniana della Federazione la Russia è diventata, nel 2016, la prima fornitrice di petrolio di Israele e si sono rafforzate enormemente le relazioni di collaborazione con Israele in tanti campi di attività (inclusa l’educazione e la cultura). Ma tutto ciò all’”esperto” Pepe Escobar non risulta, o è pudicamente coperto sotto un’espressione del genere: “la complessa e sfumata questione della neutralità geopolitica della Russia nella tragedia israelo-palestinese”… ma dai, Escobar, cosa credi di coprire? Si vede tutto, per chi vuole vedere.

Un po’ più avanti di Putin si è spinto l’ambasciatore russo all’ONU (sede eminente di chiacchiere inutili e ipocrite sulla questione palestinese da 75 anni) sostenendo che “Mosca riconosce il diritto di Israele a garantire la propria sicurezza” [esattamente la formula con cui i governi sionisti hanno giustificato finora massacri di ogni tipo – n.], ma questo diritto “potrà essere pienamente garantito solo nel caso di una risoluzione equa del problema palestinese basata sulle risoluzioni riconosciute del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” – cioè quelle che per Israele, ed anche per chi le confeziona, hanno valore di carta igienica. E per dar forza a questo vile argomentare ha chiamato in causa nientemeno che una sentenza consultiva del 2004 della Corte internazionale delle Nazioni Unite… sai che brividi per la schiena a Tel Aviv?

Il più abile (e perfido) di tutti non poteva che essere il grande diplomatico Sergei Lavrov, il quale – dopo aver ripetuto la solita frusta formula dello “stato palestinese indipendente” previsto nelle inapplicate risoluzioni ONU – ha specificato: “Sarà di fondamentale importanza per noi conoscere l’opinione unanime del mondo arabo”, e quando ci sarà, “sosterremo la soluzione araba per questa questione molto difficile”. Poiché è pressoché impossibile che si arrivi ad una tale opinione “unanime” o, se c’è già, ed in certa misura c’è già (vedi disegno qui sotto), Lavrov fa un doppio colpo propagandistico, da asso della menzogna di stato qual è: attribuisce il genocidio in corso all’”Egemone” (Stati Uniti), e l’assenza di una soluzione al genocidio, ai paesi arabi, salvando in questo modo lo stato e il governo di Israele.

Ma perfino a delle scorze dure come i professionisti del kampismo (o “rosso”-brunismo) rimane talvolta un minimo di onestà, o di dubbio. Ed ecco che Escobar ammette che “a tutti gli effetti la soluzione dei due Stati – dalla Cisgiordania alla Striscia di Gaza – è morta. Può essere straziante per i leader del multipolarismo ammetterlo [straziante? e perché? – n.]. Ci vorrà un po’ di tempo, e un cambiamento del discorso pubblico, per riconoscere che l’unica soluzione praticabile è l’anatema supremo per il progetto sionista: uno Stato unico con ebrei e arabi che vivono insieme in pace”. Ma allora, Escobar, cade tutta la tua tesi circa la Russia che “si schiera dalla parte della Palestina”, perché a stare alla tua stessa confessione la Russia parla di qualcosa di morto. Esattamente quello che sosteniamo noi. Intanto, con il petrolio russo, e la copertura diplomatica anche russa, Israele va avanti nella sua azione di devastazione stragista, che sta gettando le basi per una nuova Nakba.

Russia dalla parte dei palestinesi? Neanche per idea! Russia dalla parte degli interessi imperiali russi, complice dello stato di Israele, e perciò anche dell’”Egemone”.