Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagnid ella redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Aperta dal sultano Ahmed al Jaber, il capo dell’industria petrolifera degli Emirati Arabi Uniti – uno di quei paesi dove si macellano e si fanno sparire gli oppositori scomodi, e dove soprattutto si macellano i corpi e le vite di milioni di immigrati e immigrate pakistani, indiani, bengalesi – si è tenuta la ventottesima conferenza sul clima. Mettere in mano la Presidenza di Cop 28 all’amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Corporation è il colmo dell’ipocrisia, ma non deve meravigliare più di tanto chi ha capito cos’è il capitalismo: l’A.D.N.O.C. estrae oltre 4 milioni di barile di greggio al giorno e ha intenzione di tirarne fuori almeno 5 entro i prossimi dieci anni: quando si dice il “progresso”!
E’ chiaro che il sultano non vede di buon occhio una qualsiasi decisione che si ponga nell’ordine di idee di contrarre l’uso dei combustibili fossili, e non si è fatto sfuggire l’occasione per dire che senza petrolio si tornerebbe all’epoca delle caverne proprio quando la scienza, che egli stesso invoca a sproposito, dimostra che presto passeremo direttamente all’epoca delle paludi.
Ma il predetto sultano è anche Ministro dell’Industria degli Emirati (là, come in Italia, da Berlusconi fino a Crosetto, e non si bada certo al “conflitto d’interessi”) e quindi ci si è limitati a qualche rimbrotto, poi tutto è ripreso come prima perché stavolta l’intera negoziazione, i tavoli di trattativa, sono presieduti e guidati direttamente dagli Emirati, dal sultano o dai suoi delegati. Questo metodo è quello che ha fatto segnare il reale progresso di queste conferenze “per il clima” – il clima delle Borse, s’intende!
In effetti gli ospiti di questi galanti meeting di miliardari e loro portaborse cominciavano ad essere troppi e si rischiava di non trovare sedie per tutti. Alla Cop 26 erano presenti 535 gruppi lobbistici, a quella successiva di Sharm el Sheikh, visti i successi conseguiti in ambito climatico, già erano arrivati in 636 delegati: veramente tanti! E allora perché non mettere tutto nelle mani di un sultano?
Gli Emirati, che nelle edizioni precedenti erano già presenti con la delegazione più numerosa, hanno quindi designato Ahmed al Jaber “inviato speciale per il clima” a gestire tutto il negoziato. Si tratta di un compito imponente dato che sono giunti a Dubai circa 70.000 invitati accreditati, alcuni come uditori, ma i più importanti sono in rappresentanza di varie industrie con alla testa quelle petrolifere. Più che una conferenza per contenere il riscaldamento globale, per mitigare gli effetti climatici, per ridurre il tasso di anidride carbonica nell’atmosfera questa conferenza, più delle altre che l’hanno preceduta, appare come un raduno di affaristi. E così, tra un drink e l’altro si tira su qualche contrattino milionario a condizioni di vantaggio, qualche fornitura ad hoc, qualche scambio di favori, barattando magari la licenza di abbattere un po’ di Amazzonia con qualche falsa riduzione dei tassi di produzione di petrolio e carbone.
Ma veniamo al presidente del consiglio italiano nella sua nuova veste “tutta “equilibrio, saggezza e pragmatismo”, che in realtà ha fatto affermazioni infarcite di cose scontate e di nozioni approssimative scopiazzate da improbabili rubriche modello “settimana enigmistica” che cercano di coprire e giustificare una politica che tutto si può definire fuorché ecologista. Concetto fondante del suo intervento è stato l’impegno dell’Italia verso la decarbonizzazione; e infatti – ma questo lo diciamo noi – i programmi minerari del suo ministro D’Urso vanno esattamente in direzione contraria1. La transizione ecologica – continua Meloni – dev’essere lontana da radicalismi, il che nel linguaggio della destra vuol dire compatibile con gli interessi dei petrolieri, e soprattutto procedere con accorta lentezza dato che gli “allarmismi” sono solo ideologia, ed il clima non va poi così male come ormai unanimemente sostengono gli scienziati. Secondo questa trafficante, un approccio “radicalizzato” – volto cioè a prendere subito e implementare le contromisure necessarie – sarebbe “inevitabilmente condannato a fallire”. Forse Meloni ha motivato in qualche modo il perché di tale presunto fallimento? Nemmeno per idea. Anzi, ha continuato con la trovata geniale di indicare al mondo intero che “il futuro è nella fusione nucleare”, ed intanto che la si realizza – campa cavallo – perché non fare qualche bella centrale nucleare? Perché non riattivare Montalto di Castro che ancora non è stata dismessa del tutto? E Trino 2 ce la siamo scordata? Cosa dire, poi, del Piano Energetico Nazionale del ’75? Se allora si prevedevano VENTI centrali, perché non farne ora una mezza dozzina?
Qualche fan del governo Meloni ha commentato con entusiasmo questa parte del discorso meloniano. Si tratta, com’è ovvio, di Close-up Engineering:
“Meloni ha sottolineato il ruolo attivo dell’Italia nel processo di decarbonizzazione, adottando un approccio di neutralità tecnologica. Questa strategia, libera da pregiudizi ideologici, mira a rendere l’Italia un leader nell’uso di tecnologie pulite e sostenibili. L’accento posto sulla fusione nucleare come “sfida” futura indica la volontà italiana di esplorare nuove frontiere energetiche, posizionandosi avanti rispetto ad altri paesi in questo campo.”
Osservate fin dove si spinge il lecchinaggio ingegneristico. Anzitutto la neutralità tecnologica non esiste, perché la tecnologia (nessuna confusione con la scienza) è sotto diretto comando della produzione capitalistica, e le società di ingegneria e le stesse facoltà universitarie servono interessi produttivi e non certo sociali. Potremmo fare una lunga tirata sul problema, ma non vogliamo distogliere l’attenzione dal tema principale; quindi chiediamo agli ingegneri se sono al corrente della “fuga dei cervelli”, se hanno mai sentito dire a quale posto è relegata la ricerca scientifica in Italia. Di che “sfida” parlano questo branco di lupi mannari che continuiamo, purtroppo, a pagare profumatamente per progettare all’infinito il Ponte sullo stretto di Messina? dove sono mai le nuove frontiere? e in che modo l’Italia si posiziona “avanti rispetto ad altri paesi in questo campo”, addirittura avanti a tutti?!? Se questo campo esiste, è quello della vergogna, della menzogna, della corruzione, dell’evasione, della iper-tassazione dei proletari a favore del capitale esentasse, della disoccupazione, delle scandalose ruberie di stato lucrosissime proprio intorno agli approvvigionamenti energetici, etc.
Hanno detto qualcosa le opposizioni politiche e sociali? Beh, le prime non esistono, ed è ormai noto da tempo il loro stato penoso e le loro altrettanto penose dichiarazioni e “prese di posizione” – si fa per dire! Quanto alle seconde, pur essendo sincere e volenterose, ancora non escono dal livello delle proteste di immagine, se non degli appelli alla “ragione” rivolti ai rappresentanti politici degli interessi capitalistici. Quindi risultano del tutto inascoltate. Giusta punizione! A furia di dar credito al covo di briganti radunati sotto lo stemma dell’ONU, a furia di eleggere parlamentari “verdi per caso”, pensando che l’ambiente sia una questione da festeggiare e “salvare” ogni tanto con qualche corteo in musica o anche qualche mini-blocco stradale di cinque-dieci persone, oggi si ritrovano gonfi di incertezze, ruggendo come i conigli. Il loro pezzo forte di combattimento è la raccolta di firme e la petizione a quegli stessi soggetti autori diretti ed indiretti dei disastri ambientali che ci scaricano addosso, della devastazione dell’ambiente e della salute delle specie. Alle incertezze, alla parzialità di un certo ambientalismo, per quanto sincero, si attaglia bene il motto secondo cui non si fa una frittata se non si rompono le uova.
1 ) Ne abbiamo accennato sul nostro blog a “Le imprese di Meloni & Co” ma invitiamo, solo come esempio, a leggere su Duferco Engineering il progetto per la produzione di carbone partendo dalla lavorazione delle biomasse a S. Zeno Naviglio (BS), tanto per farsi un’idea della ormai nota coerenza meloniana tra il dire ed il fare.