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[CONTRIBUTO] Per non morire di lavoro: lavorare meno, in sicurezza! E tornare alla lotta!

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Chi parla di mattanza non esagera! Anche le fonti ufficiali di stato ammettono 181 morti al 22 febbraio 2024. L’Ansa parla degli incrementi del 6,8% degli infortuni e del 4,7% di mortalità, questo al 29 febbraio, ma le statistiche si aggiornano in un continuo quotidiano. L’Osservatorio nato ad opera di Carlo Soricelli fa fatica a computare i casi, ma intanto il grafico che segue mostra efficacemente l’andamento della strage pari a quella di una guerra strisciante, ed è guerra: quella tra capitale e lavoro!

Fonte: cadutisullavoro.blogspot.com – su questo blog troverete ulteriori dettagli

La smisurata ipocrisia del governo, del presidente della repubblica e dell’apparato statale non riesce a coprire i fatti, e la corrispondenza dei fatti (aumento di infortuni e morti sul lavoro) con le “politiche del lavoro” (sic!) che il governo Meloni adotta ereditando le linee guida del governo Draghi ed il contributo del sinistro periodo di Renzi. Gareggia in ipocrisia con loro il sindacato di stato che non riesce a trovare, e nemmeno ci prova, un minimo di reazione decente, e così la Uil di Bombardieri mette in Piazza del Popolo a Roma mille bare di cartone, fa la sua messa in scena ma di una risposta di pari portata non se ne parla, eppure essa è semplicissima: fermare il lavoro per fermare la strage! A meno che non si voglia considerare risposta di pari portata prevedere una giornata di “mobilitazione” per l’11 aprile (un mese e mezzo dopo gli eccidi più gravi), magari sgranata per regioni e province.

Ma vediamo un po’ meglio le politiche del lavoro del governo Meloni. Il 23 ottobre del 2023 si insedia il Governo e dopo un mese esatto viene soppressa l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro nata proprio con la riforma del Jobs Act. Tutte le funzioni dell’Agenzia (finanziarie, strumentali e relativo personale) passano direttamente al Ministero del Lavoro, retto da E. M. Calderone che ha ricoperto vari incarichi istituzionali ed è stata anche componente del consiglio di amministrazione di Finmeccanica (oggi Leonardo Spa, ma tu guarda!). Il ministero, come tutti sanno, ha anche competenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e i risultati non sono mancati con morti, feriti ed invalidi a profusione senza che la ministra abbia battuto ciglio. Al posto dell’Anpal nasce Sviluppo Lavoro Italia, che gestirà anche i fondi europei e non rappresenta alcuna novità rispetto al passato tranne che per non dover più gestire il reddito di cittadinanza. Anche la sua direttrice, Paola Nicastro, è rimasta al suo posto nonostante i commissariamenti, le critiche e le battaglie interne che hanno caratterizzato la vita dell’Anpal, comprese le liti per gli aumenti di stipendio tra lei e Mimmo Parisi – stipendi che si aggirano intorno ai 160mila euro l’anno.

Più aperta e conosciuta è la microbattaglia intorno al salario minimo. Sapendo quanto sono osservanti della legge i prenditori di lavoro, non ci siamo mai entusiasmati della proposta di istituire un salario minimo, ma nemmeno questo il governo Meloni ha concesso. Le ridicole affermazioni di Tajani secondo cui “…il salario minimo danneggia i lavoratori1 sono del tutto complementari a quelle di Brunetta, riciclato alla direzione del Cnel, secondo cui il salario minimo è “questione da anime belle” (sic!). A margine facciamo notare che la relazione finale con la quale il Cnel ha bocciato la proposta è stata approvata da tutti i componenti di parte governativa, dai componenti in quota Cisl e da quelli di Italia Viva, il covo di Renzi. Eppure 5 milioni di lavoratori percepiscono meno, molto meno di 9 € lordi l’ora e i salari in Italia sono i più bassi d’Europa, e sono in ulteriore discesa. Anche su questa microbattaglia la Cisl ha avuto un ruolo infame, ma a loro volta Cgil e Uil l’hanno lasciata cadere senza mettere in campo un minimo di mobilitazione.

Il salario minimo non poteva passare sia per non disturbare Confindustria e i padroni associati, sia perché dal 1° gennaio di quest’anno è entrato in vigore il Decreto Lavoro approvato dal parlamento. La misura più propagandata è stata quella di ridurre il cuneo fiscale, vale a dire ridurre le imposte sul reddito e i contributi versati da padroni e lavoratori. Naturalmente in pochi hanno evidenziato che questa riduzione, peraltro insignificante, comporterà un calo delle risorse per i servizi pubblici. Il valore politico invece è molto più alto e la dice lunga sull’astuzia dei funzionari di stato che svolgono il ruolo di suggeritori dell’armata brancaleone di Palazzo Chigi – gli stessi che erano al servizio di Draghi e dei padroni. Lo scopo è quello di spegnere la tensione sui salari ed evitare che la “eventuale” lotta si esprima attraverso azioni sindacali, vertenze e scioperi. Il fine è ancora più generale e riguarda una “filosofia” che si sta imponendo per ora lentamente e alla quale abbiamo accennato a proposito dell’autonomia differenziata. Si tratta, detto in termini crudi, di scambiare salario con servizi avviando la privatizzazione di tutto a cominciare dalla sanità e dall’istruzione: “ti do più soldi, ma i servizi te li paghi da te”. Senonché c’è un intoppo: gli aumenti concessi sono pura illusione, e le liste d’attesa, la rovina degli ospedali, i medici di base e la medicina territoriale sono una realtà in disfacimento progressivo. Avanzano, al contrario, i servizi sanitari privati, a cominciare dalle regioni del nord, che non potranno essere certo pagati con i pochi centesimi del cuneo fiscale; per quelli ci vorranno i redditi dei burocrati di cui sopra.

Ci sono altre misure nel Decreto Lavoro e la più importante segue anch’essa un preciso indirizzo politico che si esprime nel motto: “Non si deve disturbare chi lavora”, cioè i padroni.In soli 46 secondi, Meloni ha proposto in una comunicazione alle Camere “…una rivoluzione culturale tra Stato e sistema produttivo… paritetico e di reciproca fiducia… e chi vuole fare impresa va sostenuto ed agevolato non vessato e guardato con sospetto …per cui il motto di questo governo sarà: ”Non disturbare chi vuole fare” profitti.2

Ed ecco, a cascata, misure di semplificazione e riduzione delle sanzioni per le imprese e contratti a termine più flessibili e prolungabili fino a 24 mesi e tredici articoli, tutti per demolire il reddito di cittadinanza. Ritornano i voucher – e gli abusi scandalosi che hanno comportato – per i quali aumenta la soglia dell’importo complessivo ed il limite di dipendenti cui si può applicare.

Varato anche l’assegno sociale con una gestione vessatoria ed umiliante per i pochi che dovessero accedervi, con vincoli di fruibilità presi tutti dal medioevo del controllo sociale. In caso di dimissioni volontarie dal lavoro non si può accedere all’assegno; obbligo di presentazione agli appuntamenti presso i servizi sociali pena il decadimento dal “beneficio”; firma di un patto che consente allo Stato azioni di rivalsa; controlli dell’Ispettorato del lavoro e dei Carabinieri sulla sussistenza dei requisiti; perdita dell’assegno per chi non segue i percorsi personalizzati di inclusione lavorativa; sanzioni e responsabilità penali. In poche parole chi richiede l’assistenza dello Stato è posto alla stregua di un delinquente sotto sorveglianza speciale: ecco cosa vuol dire “Non disturbare chi vuol fare”!

E per i padroni? Rimodulazione delle sanzioni per omesso versamento delle ritenute previdenziali (leggi: condono ai padroni che non versano i contributi); nuova disciplina per i contratti di lavoro a termine (leggi: estensione del precariato); ristrutturazione della Cassa Integrazione (leggi: accelerazione delle procedure di licenziamento); queste solo alcune delle misure alle quali si aggiunge – e non poteva mancare – una interessante disposizione per l’Agenzia Industrie Difesa, ente di diritto pubblico, cui l’articolo 33 del decreto lavoro assegna 5.500.000€ per il 2023 e altri 9.000.000 € per il 2024, tutti prelevati riducendo stanziamenti del Ministero dell’Economia e Finanze che avrebbero potuto essere destinati, ad esempio, a servizi per il lavoro, per la risoluzione di crisi aziendali. Cosa c’entra la Difesa con le politiche del lavoro lo capiremo quando parleremo dei progressi che l’Italia di Meloni e dei padroni sta facendo sul terreno dei preparativi di guerra.

Senza un minimo di vergogna il ministro Calderone, a conclusione del voto di approvazione definitiva, dichiara tutta la sua soddisfazione per “una riforma strategica che promuove il lavoro … rispondiamo con concretezza alle necessità di imprese e lavoratori”. Con altrettanta concretezza i lavoratori, i proletari dovrebbero raggrupparsi e riprendere l’auto-organizzazione e la lotta, emancipandosi dalle attuali direzioni sindacali, rompendo ogni residuo legame con partiti ed organizzazioni della pseudosinistra, e raccogliendo l’esempio di quel settore del proletariato, i facchini e i driver della logistica per lo più immigrati, che nell’ultimo decennio hanno saputo opporre alle pretese padronali e alle politiche governative un ciclo di lotte coraggiose ed, entro certi limiti, vincenti. Preziosa, in questo contesto, l’attività della Rete nazionale lavoro sicuro, collegata con il SI Cobas, che sta mettendo in atto una iniziativa-pilota a Modena (e si può contattare alla seguente email : rnlavorosicuro@gmail.com ).

1 ) v. interviste dal 3/7/23 al 16/11/23 e le dichiarazioni riportate dall’Ansa, secondo cui “…non serve, non siamo in Unione Sovietica”.

2 ) Il Sole24ore del 25/10/22 riporta brani della dichiarazione di Meloni e, per chi volesse ascoltarla dalla viva voce, Youtube vi fornirà un’emozione ancora più efficace.