Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Le promesse elettorali della Meloni erano state a tutto campo. Dall’abolizione delle accise sui carburanti alla lotta ai grandi evasori i suoi spot elettorali avevano tutti un denominatore comune: la difesa della piccola borghesia sfruttatrice, e su questa classe, o sotto-classe, in Italia più numerosa che in qualsiasi altro paese europeo, si è basato il consenso elettorale dell’attuale governo.
Ma questo governo non sarebbe nato, e non si sarebbe retto neppure qualche mese, senza il sostegno e il consenso della grande borghesia capitalista che si è presentata subito alla cassa, a riscuotere la sua parte di benefici, ovviamente quella più grossa! Ed ecco le decisioni governative di maggior rilievo: sostegno alle banche, sostegno ai profitti dei grandi gruppi, sostegno all’industria bellica e ai progetti di guerra.
I profitti delle banche si sono innalzati soprattutto con la decisione della Banca Centrale Europea di innalzare gradualmente il tasso di riferimento dei prestiti portandolo fino al 4,50%. Di conseguenza le rate di chi aveva contratto un mutuo a tasso variabile sono aumentate del 50%. Tanto per rendere più visibile cosa significa, faremo l’esempio di chi pagava una rata di mutuo di 500€ ed ora ne paga (e ne pagherà) 750. Le banche riconoscono un po’ di interessi a chi ha depositato qualche risparmio, e ci si aspetta che anche questo interesse aumenti. E invece no; nonostante la Legge bancaria obblighi ad aumentare sia i tassi debitori che quelli creditori, le banche hanno portato a loro giustificazione “i maggiori costi di funzionamento, i costo operativi, gli oneri derivanti dai clienti insolventi”. Sarà vero? NO, è una colossale bugia. A parte i dati che dimostrano che questi costi sono in calo, c’è che le banche, profittando anche del singolare stato di pace sociale che gira in Italia, hanno ridotto del 37% il numero dei loro sportelli, negli ultimi due anni hanno chiuso 1500 filiali, e nel corso degli ultimi dieci anni, con un crescendo esponenziale, hanno ridotto il personale di 50mila unità e prevedono entro i prossimi tre anni di spedire a casa altri 12/14mila impiegati.
Senza giraci troppo intorno e senza confondervi con tante cifre, le banche hanno realizzato 15 miliardi di utili nel 2022 e 28 miliardi nel 2023 mentre i depositi hanno ricevuto meno delle briciole, e mentre la crescita del costo di mutui e prestiti hanno portato più di qualche famiglia all’insolvenza.
E chi non ha alcun deposito, chi è senza lavoro da anni e mai avrebbe accesso ad un mutuo, chi ha pochi spiccioli sul conto corrente, riceve almeno quello 0,41% medio riconosciuto ai depositanti, oppure quello 0,01% che si applica ai depositi a vista? NO, nemmeno quello, ma solo “canoni sulle carte”, bancomat, spese di gestione del conto e oneri accessori di tutti i tipi quando si fa un bonifico, quando si incassa l’assegno col quale il padrone di paga la parte non in nero del lavoro che gli dai. L’inchiesta di qualche giorno fa del Corriere della Sera ad opera di Milena Gabanelli è ben documentata, anche se non semplicissima alla lettura e all’ascolto, ma certamente è rivolta a quel ceto di piccola borghesia che comincia a vedere che le sue istanze, le sue speranze di arricchirsi sul lavoro del proletariato (o anche sul proprio stesso lavoro “autonomo”) cominciano a farsi piuttosto flebili, nonostante tutti i condoni e le regalie del governo Meloni – tanto per fornire un solo indicatore: tra il 2012 e il 2023 sono scomparsi in Italia 111 mila negozi al dettaglio e 24 mila attività di commercio ambulante. Il Corriere è giustamente preoccupato del possibile incrinarsi del fronte sociale che ancora sostiene questo governo. Se questa tendenza dovesse stabilizzarsi e accentuarsi, entrerebbe in campo un fattore di instabilità sociale pericoloso per i profitti di tutti i settori del capitalismo nazionale. Non dimentichiamo, poi, che anche se debole, la rivalità tra capitalisti industriali e rentiers esiste sempre, e anche i giornali confindustriali ogni tanto ce la ricordano. Ben venga il giornalismo d’inchiesta: può essere utile, ma per i marxisti i suoi risultati possono essere soltanto un punto di partenza.
I grandi profitti non sono solo quelli delle banche, a difesa delle quali dobbiamo ricordare che Tajani – flessibile spina dorsale del governo e ministro degli esteri – è stato il primo a spendersi. Pensiamo agli extra profitti delle compagnie petrolifere, che Meloni voleva tassare, e che sono caduti nel dimenticatoio dopo qualche dichiarazione di pura propaganda della “ducetta”. Pensiamo ai proprietari, grandi e piccoli, di pacchetti azionari che si dividono le decine di miliardi cui abbiamo accennato, mentre i “cittadini” d’Italia pagano i fallimenti del Monte dei Paschi di Siena, di Veneto Banca, della Popolare di Vicenza.
E cosa dire dell’industria bellica, il settore che sta decollando verticalmente e che prepara la guerra! La Leonardo, pupilla del ministro della difesa Crosetto, socio fondatore dei Fratelli d’Italia e (ex, per chi ci crede!) socio direttore della Leonardo, in un modo o nell’altro è sempre in prima fila. La Leonardo detiene il 25% della proprietà di MBDA, consorzio europeo della missilistica e, se sottolineiamo europeo, è solo per ricordare le vocazioni sovraniste e made in Italy del putridume governista, vocazioni abbandonate dopo sole ventiquattro ore dall’insediamento a palazzo Chigi con la benedizione di Mattarella, altro guerraista della prim’ora. Ebbene MBDA – che per la cronaca occupa il terzo posto al mondo del mercato mondiale immediatamente dietro gli armieri Usa – gioisce per lo straordinario anno 2023. Convenuti a Parigi, i costruttori, manutentori e trafficanti di armi del colosso europeo vantano i progressi degli ultimi anni nel modo di lavorare, nel portafoglio di prodotti – missili dalla culla alla tomba, è proprio il caso di dire – e la crescita dei ricavi del 40% nel 2023: “…un anno entusiasmante!”. Qualche ulteriore dettaglio dell’entusiasmo dei manager MBDA lo trovate in un articolo di AnalisiDifesa del 13 scorso, ma noi ne avevamo preannunciato l’ascesa che non è solo di alcuni settori, è di tutta la macchina bellica nazionale ed europea. L’accelerazione di questi ultimi giorni conferma le previsioni annunciate anche dalle dichiarazioni militariste, dagli appelli alla patria, dal ventilato ripristino del servizio di leva, dai corsi di “educazione militare” nelle scuole.
Questo non è solo il governo dei bottegai, degli usurai, degli evasori delle tasse, dei “piccoli” sfruttatori del proletariato. Questo è il governo della grande borghesia capitalista, e della sua vocazione alla guerra “…che prepara le risorse pe’ li ladri delle Borse”1. Toccherà ancora una volta al proletariato internazionale opporsi (altrimenti, a chi?), e sventare guerra, miseria e morte. Allertiamo dunque le nostre forze, mettiamo in campo tutta la mobilitazione possibile, teniamo sempre ben presente che la migliore solidarietà alla causa palestinese, il migliore aiuto al proletariato ucraino e a quello russo, verrà dalla lotta che sapremo attrezzare contro il nostro governo, contro il nemico in “casa nostra”.
1 ) Ninna nanna della guerra, di Trilussa.