Mentre i segnali di una possibile precipitazione militare dello scontro inter imperialista su scala globale si fanno sempre più evidenti, e nel mentre il genocidio sionista a Gaza e la mattanza in Ucraina procedono senza sosta, stiamo assistendo a un’incessante opera di indottrinamento e disciplinamento compiuta dal governo Meloni a partire dai luoghi di lavoro, dalle scuole e dalle università.
Il passaggio, oramai conclamato, verso un’economia di guerra produce effetti sempre più devastanti sulle condizioni di vita dei lavoratori e dei proletari: gli affondi portati avanti dal governo Meloni sul piano repressivo (come dimostrano le manganellate, gli arresti e la demonizzazione di chi manifesta a sostegno alla resistenza palestinese e contro il militarismo Nato-USA-UE) fanno il paio con la continua perdita di potere d’acquisto dei salari di fronte dell’inflazione a al caro-vita.
In questo anno e mezzo, il governo Meloni ha accelerato l’offensiva reazionaria già portata avanti dai suoi predecessori: regalie di ogni tipo ai padroni e ai piccoli accumulatori per compattare un fronte nazionale e nazionalista in chiave antiproletaria; salari fermi al palo da anni e prosciugati dall’inflazione; aumento dei morti sul lavoro; abolizione del reddito di cittadinanza con l’obbiettivo di “oliare” il mercato del lavoro con un esercito di nuovi precari, supersfruttati e ricattati; l’autonomia differenziata tesa a smantellare ciò che resta dello stato sociale; il nuovo pacchetto-sicurezza che ha lo scopo di schiacciare sul nascere le lotte operaie e ogni forma di opposizione di piazza; la riforma Valditara dell’istruzione, tesa a sfruttare e irrigimentare gli studenti, in primis negli istituti professionali…
Questo stato di cose ci impone la necessità di agire, qui ed ora, per il rilancio di una mobilitazione contro le conseguenze della guerra imperialista sul piano sociale: in sostanza, contro il “nemico in casa nostra”.
Lo sciopero generale del 23 febbraio e la grande manifestazione del 24 a Milano hanno rappresentato un primo, importante tentativo di proiettare le mobilitazioni di questi mesi contro la mattanza nella striscia di Gaza nell’ottica di un più generale movimento di opposizione alla guerra, al governo della guerra e alle misure antioperaie adottate in nome dell’economia di guerra.
A fronte di milioni di lavoratori che da mesi o da anni attendono invano i rinnovi dei CCNL di categoria, è sempre più prioritario sviluppare una vera lotta per aumenti salariali immediati e almeno pari all’inflazione: è per questo che il prossimo 30 aprile il SI Cobas ha indetto uno sciopero nazionale in tutto il settore del trasporto merci e logistica.
Mentre il carrozzone dei partiti istituzionali, sia di governo che di opposizione, e le stesse Cgil-Cisl-Uil tenteranno di trasformare il prossimo 25 aprile e il 1 maggio come ulteriori momenti di compattamento e di pacificazione nazionale in chiave patriottica, atlantista e sionista e di accaparrarsi qualche voto in più alle prossime elezioni europee, compito di tutte le forze sindacali e sociali genuinamente classiste e anticapitaliste è quello di far si che queste due date divengano momenti di di lotta e di opposizione radicale tanto ai piani del militarismo guerrafondaio, quanto alla guerra interna fatta di salari da fame, sfruttamento e precarietá di vita e di lavoro.
Per questo riteniamo quantomai necessario un momento di confronto finalizzato a costruire un 1 maggio di lotta internazionalista coordinato a livello nazionale contro la macelleria sociale che il governo Meloni e l’UE stanno pianificando di pari passo con l’intensificarsi del militarismo a guida NATO.
DOMENICA 14 APRILE, ORE 10,30
ASSEMBLEA NAZIONALE ONLINE al seguente link:
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