Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Pubblichiamo due prese di posizione a caldo sulla strage operaia alla Centrale Idroelettrica ENEL del lago di Suviana, la prima di Carlo Soricelli, animatore dell’Osservatorio Nazionale di Bologna Morti sul Lavoro, la seconda del SI Cobas nazionale.
Carlo Soricelli torna a denunciare, come fa infaticabilmente da anni, la “strage continua” di lavoratori in ogni settore produttivo. Dall’inizio dell’anno già si contano (almeno) 291 morti “sui” luoghi di lavoro, 366 calcolando anche quelli “in itinere”. In Italia. Mentre nel mondo il numero delle vite di lavoratori e lavoratrici stroncate ogni anno dal profitto capitalistico, per “incidenti” o malattie professionali, è di circa due milioni. Un vero e proprio “genocidio di classe“, relegato nella “normalità delle cose”, la normalità del capitale che riduce questa mattanza di proletari ad un puro dato statistico (raccolto e fornito in maniera truffaldina). Un genocidio che non guarda in faccia nessuno: donne, anziani, immigrati, e pure bambini.
La presa di posizione del SI Cobas nazionale mette in luce che la “sicurezza” sul lavoro dipende largamente dal “come” si lavora. Un aspetto che investe in pieno la strage appena consumata, fatto di “matrioske” per appalti e subappalti, di ritmi di lavoro, di scarsa o nulla manutenzione degli impianti, spesso obsoleti (l’età media degli impianti tipo quello di Suviana è di 75 anni!), di allarmi per lo stato degli impianti lasciati cadere nel nulla perché le manutenzioni costano “troppo”, per non parlare della precarietà e “volatilità” nell’impiego della manodopera. Perfino qualche bonzo dei sindacati confederali, in tutto e per tutto complici di questa strage continuata, si è spinto a parlare, in questo caso, di “omicidi sul lavoro”, salvo che dopo le parole di rito, nulla cambierà nella politica di Cgil-Cisl-Uil.
A Suviana gli operai morti erano tutti dipendenti di ditte di manutenzione esterne. Tra i 30 e i 60 anni, si è detto sul momento, ma poi vieni a sapere che la vittima più anziana era un pensionato, aveva 73 anni, e figurava come “partita IVA” (!!!)
Una vera e propria “guerra del capitale contro i lavoratori”, come sottolinea il Si Cobas.
Il punto è questo: non si tratta di “danni accessori” dello sfruttamento, risolvibili con una maggiore “attenzione” e “umanità”, è in moto un vero e proprio meccanismo di produzione di morte che mette nel conto degli utili aziendali, sempre per definizione insufficienti, un crescente sacrificio di carne umana, di salariati.
Questo massacro “sistemico”, pesantissimo nelle “periferie” del mercato mondiale, è crescente anche nelle “metropoli” più “avanzate” che, nella insopportabile retorica delle democrazie, si dicono attente (?) ai “diritti delle persone che lavorano”, salvo sfornare da mezzo secolo leggi e politiche che stanno calpestando e irridendo tutte le misure più elementari di tutela della sicurezza sul lavoro. Anche in questo caso, ovviamente, si aprirà un’inchiesta che al 99,9% si arenerà senza conseguenze per i colpevoli.
Fatta la parata in piazza Maggiore, versate le solite lacrime di coccodrillo, si può dare per certo per quel che riguarda i partiti di “regime” e le burocrazie dei sindacati collaborazionisti, complici di governo e padroni, che nulla cambierà. Ma dobbiamo amaramente constatare un forte deficit di attenzione e di iniziativa anche nell’ambito del sindacalismo “di base” e combattivo, molto più attento in questi anni alla questione salariale e alla lotta contro la precarietà del lavoro che alla difesa della salute – e della vita! – sui posti di lavoro.
In fondo l’ultima, significativa iniziativa risale, in questo ambito, all’astensione dal lavoro per 15 giorni deliberata dal SI Cobas allo scoppio della pandemia da covid 19. Da allora sono passati 4 anni, e se si eccettua l’efficace attività di denuncia del collettivo dei ferrovieri della CUB-Rail intorno alla strage di Brandizzo e la proclamazione di momenti di lotta in qualche porto e in occasione della strage della Esselunga a Firenze, non ci risultano altre iniziative specifiche significative che abbiano una caratteristica strutturale e puntino al lungo periodo. Certo, è nata la Rete nazionale Lavoro sicuro, ma il suo prezioso lavoro di indagine e di formazione è molto, molto sottovalutato, come se si trattasse di un “lusso”, e non di qualcosa di vitale. Una sorte del genere è capitata negli anni passati anche al lavoro pionieristico, determinato, di Michele Michelino e del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio – come se si trattasse di una faccenda “di nicchia”, relativa magari al solo amianto e alla sola area di Sesto san Giovanni, e al lavoro di inchiesta e denuncia dei compagni di “Voci operaie” del bassanese.
Siamo sulla difensiva, su questo non ci piove. Ma guai a continuare a disertare questo fronte di lotta, e le relative iniziative di lotta, quand’anche fossero prese – per stato di necessità – dalle stesse burocrazie confederali (com’è avvenuto oggi). Le ricorrenti stragi operaie, lo stillicidio quotidiano di caduti proletari sui luoghi di lavoro e da malattie professionali, non possono essere archiviati come un inevitabile tributo pagato alla borghesia, di cui un giorno “chiederemo conto” ai padroni, ma che, per il momento, vanno considerate inevitabili. Devono essere, al contrario, un pungolo a superare questo deficit di cultura politica di classe nello svolgimento dell’attività sindacale che è proprio anche del sindacalismo più combattivo, a cominciare a non far passare nulla che possa mettere in pericolo la sicurezza e l’integrità dei compagni di lavoro.
Stragi come quella di Suviana siano di monito anche per la massa oggi maledettamente apatica dei proletari (almeno qui in Italia): attenti, a forza di ingoiare rospi, e di cedere alle pretese padronali sui luoghi di lavoro, in fondo alla discesa c’è anche la perdita della vostra stessa vita!
Domani mattina parto per andare al 49esimo anniversario, invitato da Ciro Liguoro unico sopravvissuto, della strage di Sant’Anastasia dell’11 aprile 1975, dove morirono 12 giovani lavoratori. E proprio oggi, a Suviana in provincia di Bologna, è capitata la stessa cosa: sette lavoratori morti per un’esplosione in una centrale idroelettrica dell’ENEL. E ora, contrariamente a 49 anni fa, delle stragi come questa di Suviana, e quella di Brandizzo (Ferrovie dello Stato), sono provocate da quelle che a mio parere sono delle forme legalizzate di caporalato, in questo caso di Stato, ma diffusissimo anche nel privato: come altro modo definirle quando senti che a Suviana (come a Brandizzo) c’è un caposquadra, ex dipendente ENEL, che dirige dei lavoratori di ditte esterne? La maggioranza dei morti e delle stragi (come anche quella all’Esselunga di Firenze) sono provocate dagli appalti e subappalti, lavoratori per la stragrande maggioranza precari e ricattabili. Siamo con i 9 morti di oggi, a contare 291 morti sui luoghi di lavoro (tutti registrati per giorno, mese e anno, per identità, età (professione anche se in nero), nazionalità e cenni sulle tragedie, con i morti sulle strade e in itinere arriviamo a 366 complessivi. Il numero esponenziale di morti è soprattutto dovuto al precariato a al nuovo caporalato, scaricato su questi poveri lavoratori tutte le iniquità del sistema lavoro. Un Amen non si nega a nessuno.
Carlo Soricelli curatore dell’Osservatorio Nazionale di Bologna morti sul lavoro. http://cadutisullavoro.blogspot.it
Lavorare è un diritto, ma tornare a casa lo è ancora di più
Questo pomeriggio a Suviana, un luogo dell’ Appennino bolognese, c’è stata una esplosione in una centrale idroelettrica, che immediatamente ha reso evidente che ci si trovava di fronte ad un disastro.
L’ esplosione è avvenuta sotto il livello dell’ acqua e dopo l’ esplosione un incendio e dopo l’ esplosione e l’ incendio, un allagamento.
Poi il buio… e 7 operai senza vita, inermi, soli.
Una morte atroce, orribile, come può esserlo annegare a 9 livelli sotto terra, mentre gli operai stavano collaudando il gruppo di produzione.
Una strage, l’ ennesima, che ci interroga non tanto e non solo sulle norme di sicurezza che pure sono importantissime, ma su come si lavora: contratti a termine, precariato, la matrioska degli appalti e dei subappalti (situazione che pare esserci anche in quello che è successo a Suviana).
Servono interventi radicali, occorre che la questione della sicurezza diventi un tema centrale della lotta sindacale, del conflitto di classe e che non sia invece relegata nelle ultime pagine di un contratto nazionale o in un qualche rigo.
La verità è che siamo di fronte ad una vera e propria guerra del capitale contro i lavoratori, che avviene nel silenzio più totale dei media, della politica, pronta a versare qualche lacrima di circostanza davanti alle telecamere, dei sindacati concertativi complici della ristrutturazione capitalista, che hanno permesso la destrutturazione del mercato del lavoro, che ha prodotto sfruttamento e aumento dei profitti.
Siamo di fronte ad un sistema, che come più volte sottolineato, approfitta di ogni aspetto della vita per trarre profitto e per questo prevede cinicamente anche la morte sul lavoro dei lavoratori e delle lavoratrici come una opzione possibile.
Di fronte a tutto ciò non ci possono essere mezze misure: occorre costruire un percorso di lotta, come unica risposta a chi non solo vuole togliere diritti, dignità, ma che vuole anche toglierci la vita.
Si Cobas