Alle prime luci dell’alba è ripreso lo sciopero contro il colosso multinazionale svedese Ikea e contro la cooperativa San Martino, che assume in appalto il personale impiegato nel sito.
Si tratta di uno degli ultimi magazzini piacentini in cui permane quale datore di lavoro una cooperativa, dato che in quasi tutti gli altri siti il S.I. Cobas è riuscito ad ottenere la sostituzione con delle SRL, meno penalizzanti per i lavoratori in termini di diritti e precarietà.
Non solo: Ikea è uno dei pochi siti in cui il sindacato viene ancora ostacolato impedendo le assemblee interne al magazzino.
I lavoratori della San Martino, in conseguenza del pesantissimo caro-vita, chiedono dei miglioramenti per la loro condizione economica. I fatturati da capogiro di Ikea e San Martino non stanno per ora vedendo una redistribuzione fra i lavoratori, che al contrario si impoveriscono ogni giorno di più.
Per questo, insieme ai colleghi aderenti alle altre sigle sindacali, oggi i lavoratori hanno incrociato le braccia per rivendicare l’elementare diritto al pagamento della malattia, ad oggi non coperta al cento per cento, oltre all’introduzione di un ticket-mensa giornaliero e di un premio di risultato annuale.
I lavoratori richiedono anche il superamento del sistema delle cooperative all’interno del magazzino, ormai anacronistico dato che tutti i lavoratori della logistica piacentina sono ormai assunti da Srl.
Crediamo che le richieste dei lavoratori siano il minimo sindacale sia in termini economici che in termini di assetti societari, anche a fronte dei numerosi scandali che negli ultimi mesi hanno investito i grandi consorzi cooperativi a livello locale e nazionale. La catena datoriale per come è strutturata oggi ottiene il solo risultato di comprimere i salari, ed è quindi giunto il momento di eliminare gli appalti e rivendicare l’assunzione diretta da parte delle committenze.
Forse a causa di queste richieste di buon senso, continuano quotidianamente i comportamenti anti-sindacali contro gli operai iscritti al Sindacato, che subiscono pressioni, demansionamenti e minacce ritorsive (come ad esempio quella di vedersi cambiare il turno al fine di rendere impossibile la cura dei figli) in caso non scelgano di abbandonare la propria organizzazione.
Per tutti questi motivi, la lotta intrapresa non si fermerà fino al raggiungimento dei risultati desiderati dalle lavoratrici e dai lavoratori.
24 aprile,
S.I. Cobas Piacenza