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Sullo sciopero delle donne del 25 novembre 2013

A quanto ci è parso di capire (ma la situazione non è delle più chiare) due sono i filoni dei movimenti che hanno dato vita alla manifestazione: un gruppo di giornaliste della cosiddetta sinistra istituzionale (che hanno lanciato un appello a luglio e a cui si sono unite personalità dello spettacolo, delle istituzioni e del mondo dell’imprenditoria) e alcuni organizzazioni e collettivi femministi che si sono riuniti a Roma in occasione della manifestazione del 19 ottobre.
Sicuramente l’appello lanciato dalle giornaliste e indirizzato, tra le altre, alla Boldrini, alla Camusso e alla ministra Cecilia Guerra (sottosegretaria al lavoro durante il governo Monti) appare completamente estraneo al nostro percorso sindacale e politico perché non mette in discussione il sistema economico capitalistico e non considera la questione del ruolo della donna come una conseguenza di questa sistema economico. Oggi il problema è e rimane secondo noi, un problema di classe, che non si risolve dando alle donne l’opportunità di ricoprire gli stessi ruoli che ricoprono gli uomini anche perché sappiamo che è un’illusione pensare che tali opportunità siano concesse a tutte le donne. Il sistema economico capitalista esige che solo alcune donne, quasi esclusivamente appartenenti alle classi più elevate, possano raggiungere ruoli di comando mentre alle altre viene richiesto di continuare a ricoprire ruoli tradizionali occupandosi principalmente della famiglia (o meglio delle attività di cura e assistenza all’interno della famiglia in una società in cui viene sempre più affossato lo stato sociale) o della mercificazione del proprio corpo.
D’altra parte non accetteremmo nemmeno che la nostra emancipazione si realizzi andando ad occupare, in questa società, ruoli che non ci appartengono e che da sempre contestiamo.
Ma non ci convince nemmeno la logica degli altri movimenti più radicali che hanno aderito allo sciopero del 25 novembre come il M.F.P.R. che propone una piattaforma di lotta che sembra essere tutta interna al sistema in cui viviamo.
E’ questo il caso, ad esempio, della proposta di una procedura d’urgenza nei processi di stupro che sembra dimenticarsi del ruolo che la magistratura assolve in questo sistema o della proposta di reddito minimo garantito per tutte le donne, che non tiene conto delle differenze di classe (non si capisce perché dovrebbe essere garantito un reddito minimo anche alle donne ricche, magari a spese di altre categorie sociali).
Inoltre la piattaforma ci appare carente laddove separa rigidamente la questione dell’emancipazione (o meglio della liberazione) della donna da quella della tutela di altri soggetti come ad esempio i minori (maschi e femmine) che in questo sistema sono spesso vittime di abusi all’interno della famiglia.
Insomma secondo noi, la lotta per i diritti delle donne, deve andare di pari passo con quella di classe e per il rovesciamento di questo sistema economico e sociale.
Ciò non significa però rinunciare a un intervento (rispetto al quale siamo state sino ad oggi, per la verità, abbastanza assenti) su una serie di temi che riguardano principalmente la condizione della donna: aborto, sessualità, riduzione dei servizi sociali, stupro e violenza sul corpo delle donne, diritto all’autodeterminazione, discriminazioni sul posto di lavoro, etc. Su queste tematiche dovremmo ricominciare a lavorare e a confrontarci con gli altri movimenti femministi, con l’obiettivo che queste lotte diventino patrimonio di tutti e non solo delle donne, perché lo scardinamento dei ruoli imposti dalla società capitalistica è un tema che riguarda tutti noi.
Per quanto riguarda lo sciopero del 25 novembre, aderiamo laddove riusciremo ad organizzarci, ma con la consapevolezza che non sono chiari gli obiettivi che si pone il “movimento” in riferimento alla prospettiva che la liberazione della donna deve avviene attraverso l’abbattimento della società capitalista e non attraverso il  suo miglioramento. E’ indispensabile chiarire questo concetto nelle discussioni dei movimenti femministi perché tra gli obiettivi rivendicati in questo sciopero non è menzionato.
Le compagne del S.I. Cobas