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Il S.I. Cobas e i lavoratori tutti esprimono il proprio cordoglio alla famiglia del Commerciante deceduto al Caat.

caat1610

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Abbiamo deciso di non postare foto né video dello sciopero al C.A.A.T della notte scorsa in quanto lo riteniamo inopportuno, dal momento che una persona nel contesto ha perso la vita.
Come fortemente ribadito in conferenza stampa, l’episodio non è imputabile ai lavoratori, non vi è stata alcun contatto fisico e il tutto è successo in presenza delle Forze dell’Ordine.
Dopo i primi tentativi di una parte di stampa di spettacolizzare la vicenda, nella giornata di oggi il tutto è stato ridimensionato.
Nessuno si spiega il motivo per cui all’interno del CAAT non vi sia un presidio medico: i soccorsi sono stati lenti ed inadeguati.

 

Il S.I. Cobas e i lavoratori tutti esprimono il proprio cordoglio alla famiglia del Commerciante.

Postiamo un unico video che riassume le motivazioni dello sciopero.

 

Il figlio dell’ambulante morto al Caat: “Non è colpa dei manifestanti”

 

Stefano De Cesare ha 22 anni. È il figlio di Giuseppe, l’ambulante di 49 anni ucciso da un infarto al Caat di Grugliasco. Ed è proprio il 22enne, mentre sui giornali e sedi politiche rimbalza la tesi che l’ambulante sia morto d’infarto a causa del litigio con i manifestanti, a togliere ogni dubbio. «Si è trattato di una tragica fatalità – dice – non credo che le persone con cui ha discusso siano responsabili della sua morte. Non ce l’ho con loro. È stata solo una fatalità».

 

Stefano lavorava col padre al banco di ortufrutta di famiglia in corso Cincinnati a Torino, che un tempo era del nonno. «Siamo una famiglia storica di mercatali, racconta Barbara, sorella di Giuseppe – ci conoscono un po’ dappertutto». Anche per questo ai mercati generali i colleghi di Giuseppe osserveranno un minuto di raccoglimento. Intanto Stefano, che vive a Givoletto con la sua famiglia parla ancora del padre «Papà era un grande lavoratore e ci mancherà tanto», conclude. Parole di cordoglio per Giuseppe De Cesare anche dal sito di riferimento del network antagonista piemontese, infoaut. «Alla famiglia e ai conoscenti della persona che è venuta a mancare, va tutto il nostro cordoglio e la nostra vicinanza per la perdita di una persona cara» scrivono in un editoriale.

 

Mentre a poche ore dalla morte di Giuseppe De Cesare è polemica sui soccorsi. Il 49enne poteva salvarsi se sul posto ci fosse stato un presidio sanitario? È la domanda che si pongono in molti e in particolare i Si Cobas. Infatti, nonostante la forte presenza delle forze dell’ordine non c’erano ambulanze anche se c’erano già stati dei tafferugli e già un lavoratore aveva avuto un malore.

Non solo. Come fa notare Francesco La Torraca dei Si Cobas, «Al centro del Caat non c’è neanche un presidio sanitario».

 

Sotto accusa anche l’intervento dell’ambulanza che sarebbe arrivata, secondo i testimoni, ascoltati anche dalla polizia che indaga sugli scontri, con 45 minuti di ritardo. «Non capiamo perché, nonostante la manifestazione in corso e le forze dell’ordine in assetto militare, non ci fosse neppure un’ambulanza. Quella che ha soccorso il povero ambulante è arrivata dopo 45 minuti…»

Ma quest’affermazione viene contestata dal 118 che dal suo ufficio stampa fa sapere che l’ambulanza sarebbe invece arrivata dopo 15 minuti di cui 9 di tragitto.

 

Tornando alla manifestazione, i Cobas sostengono che i militanti dei centri sociali, finiti sul banco degli imputati sia per Stefano Esposito del Pd e Maurizio Marrone di FdI. Invece La Torraca, punta l’indice verso la polizia «La scorsa notte le forze dell’ordine hanno difeso l’illegalità».

 

Per quanto riguarda invece i militanti dei centri sociali, La Torraca spiega: «Sono rimasti in disparte, anche perché non ci interessava che diventasse il loro sciopero. La tensione è scoppiata quando è uscito un camion ad alta velocità nonostante lo sciopero. Ma gli antagonisti erano dietro e stavano tranquilli, i protagonisti della manifestazione sono stati i lavoratori. Non ci fossero stati gli antagonisti – conclude – sarebbe successa la stessa cosa se non peggio».

 

da Nuova Società