Il SSN nasce nel 1978 è ha come idea centrale il concetto di prevenzione. All’insorgere della malattia vi è la presa in carico del paziente e quindi cure, assistenza, riabilitazione, indipendentemente dalla sua condizione economica. Questo sistema solidaristico, con versamenti proporzionali al reddito, è anche il meno oneroso rispetto a sistemi fondati su assicurazioni e fondi integrativi. L’art.32 della costituzione che sancisce il “diritto alla salute” viene trasformato in “protezione dai rischi di malattia”. In questo modo si taglia la sanità a misura di portafoglio.
Il cavallo di troia per abbattere definitivamente la sanità pubblica è il Welfare Aziendale. Non un livello di assistenza aggiuntiva a quella pubblica. Niente affatto. Viene data alle imprese la possibilità di non versare contributi a favore del SSN e di indirizzare invece, quote (ridotte) a strutture private. La scelta, accompagnata dalla grancassa mediatica, sarebbe motivata dai costi elevati sostenuti della sanità pubblica mentre quella privata, a sentir loro, pur con risorse ridotte dovrebbe garantire miracoli certi. Intanto va chiarito che al di la di corruzioni, affarismi e porcherie varie il SSN italiano è tra i meno costosi se confrontato con quello di altri paesi industrializzati.
Questa idea che la sanità sia un pozzo senza fondo è una bufala fondata su un nulla statistico che viene alimentata ad arte. Questa operazione si risolve nel sottrarre risorse alla Sanità Pubblica a favore di istituti (più delle volte convenzionati) privati, e anche se Renzi dice di guardare al futuro è un ritorno al passato, un ritorno alle mutue. La triade dei congiurati: governo, istituti finanziari-assicurativi, e sindacato di regime. Con la scusa di razionalizzare la spesa sanitaria vogliono assegnare quote crescenti degli aumenti contrattuali (già irrisori o inesistenti) a fondi per il welfare aziendale. Il padronato risparmia perché versa meno contributi e in più ha vantaggi fiscali sulle quote che vanno al welfare aziendale. Così prevede il Decreto Legislativo di aprile 2016 a cui fa seguito l’accordo Confindustria-Confederazioni (luglio 2016). I tagli e il de-finanziamento aiutano a giustificare questa deriva. Perché più la sanità pubblica è messa in condizione di non funzionare più prendono campo le soluzioni privatistiche.
Dopo quasi 50 anni di retorica riformista sui servizi universali: sindacati di regime, partiti di governo e opposizione, rivoluzionari del web e del transatlantico parlamentare, medici, giornalisti e religiosi vari, lasciano passare in silenzio la controriforma annunciata da Renzi. L’arte di celare il vero obbiettivo è il presentare come nuovo universalismo la tutela di diritti minimi: la presa in carico dei non autosufficienti, degli indigenti, e dei disabili. Nella realtà quotidiana queste tutele vengono minate già ora dal principio del “costo zero” a carico dei bilanci.
Retorica elettorale a parte, la universalità prevederebbe solo la copertura di diritti di base da integrare in misura crescente con forme di finanziamento individuali o coperture con fondi contrattuali. Il costo crescente per la tutela della salute sarà a carico delle famiglie e dei singoli lavoratori. Un universalismo minimo più il ritorno alle mutue e alle assicurazioni è la grande bugia che fa finta di “prendersi cura della persona”. La forbice tra occupati e le mille forme di lavoro intermittente, saltuario, precario e disoccupati cresce proporzionalmente al silenzio dei riformisti capaci solo di contro riforme.