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[COMUNICATO] Cambia il governo ma non le nostre ragioni, se non ora quando? Verso l’assemblea nazionale del 29 settembre a Napoli

Verso l’assemblea nazionale del 29 settembre

Cambia il governo ma non le nostre ragioni: se non ora, quando?

Nelle settimane immediatamente successive alla pubblicazione dell’appello per l’assemblea del 29 settembre a Napoli il quadro politico-istituzionale è improvvisamente e profondamente mutato: la crisi di governo innescata dai deliri di onnipotenza estivi di Salvini ha nel giro di pochi giorni portato prima all’implosione dell’alleanza gialloverde, e ora alla nascita di una nuova maggioranza 5 Stelle-PD-Leu, ribattezzata senza ritegno dai media come “giallo-rossa”, ma più propriamente etichettabile come giallo-blu, giallo-bianco-rosa o giallo-salmone a seconda dei gusti cromatici e dei punti di vista sulla reale natura del Partito Democratico.

Nel caos dei giorni scorsi, segnato da un continuo e stucchevole valzer di annunci e controannunci, dichiarazioni e smentite ad uso e consumo mediatico, abbiamo preferito astenerci dall’esprimere giudizi e valutazioni che avremmo potuto rimangiarci nel giro di qualche ora.

Col semi-plebiscito espresso nelle ultime ore dalla “base” virtuale dei 5 Stelle attraverso il voto telematico a favore di un Conte bis, crediamo di poter affermare che il nuovo Governo a guida M5S-PD è cosa fatta.

Senza dilungarci per ora in disamine accurate sul nuovo scenario politico e sociale che va delineandosi (su cui vi sarà la necessità di soffermarsi con attenzione nelle prossime settimane) si può sintetizzare la situazione emersa da questa crisi di governo con un’istantanea tanto semplice quanto evidente: la grande borghesia e il grande capitale (per loro stessa definizione sovranazionali) si sono ripresi la scena, mettendo in soffitta l’”impresentabile” estremismo della Lega salviniana e, con essa, i rigurgiti triviali di una piccola e media borghesia frustrate dalla crisi e capaci di agglomerare attorno alla figura-simbolo dell’ex ministro del interni un orda sovranista che combina la retorica anti-UE e “anti-establishment” con le più becere spinte razziste e reazionarie, e capace di attrarre nella sua orbita finanche una fetta non trascurabile di quella classe lavoratrice priva oramai da decenni di qualsivoglia riferimento politico, e per questo facile preda del demagogo o del populista di turno.

L’insofferenza dei padroni, del grande capitale e delle sue rappresentanze politiche verso gli “eccessi” della Lega e dei partiti di estrema destra ad essa analoghi in Europa, si era già manifestata chiaramente lo scorso luglio in occasione dell’elezione di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione Europea grazie a una convergenza di forze trasversali finalizzata da un lato ad escludere le frange sovraniste e nazionaliste più estreme, dall’altro a recuperare nel perimetro del recinto “democratico” le forze populiste considerate più dialoganti e “moderate”, quali il M5S in Italia e finanche il sovranista ungherese Orban.

In un tale contesto, la sortita agostana di Salvini, che ha aperto la crisi invocando nuove elezioni per ottenere “pieni poteri”, ha rappresentato per il nuovo “fronte popolare” antisovranista un occasione imperdibile per riprendersi la scena e “rimettere le cose a posto”: in sostanza il massimo risultato con il minimo sforzo.

Un tale e repentino cambiamento del quadro istituzionale e governativo non può lasciarci certo infifferenti, poichè ha un impatto non trascurabile anche sul nostro “che fare” nei mesi e negli anni a venire.

Se l’approvazione dei due decreti-sicurezza gialloverdi ha rappresentato una vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti dell’insieme del proletariato e delle lotte e dunque ci apprestavamo ad andare incontro ad un autunno di mobilitazione su questo versante, il ritorno al governo del PD e del “fronte democratico antisalviniano” apre scenari ben diversi.

Il sostegno entusiasta e acritico al Conte Bis di quasi tutto ciò che resta della sinistra e del riformismo, a livello sia politico sia sindacale (si vedano su tutte, le lodi sperticate al nuovo esecutivo di Landini da una parte e del Manifesto dall’altra), delineano uno scenario che vedrà le realtà di classe e i movimenti di lotta autorganizzati ancor più isolati e alieni dalle istituzioni borghesi di quanto non lo fossero col governo giallo-verde.

Chi ancora una volta nutre l’illusione e la speranza del “governo di sinistra” sarà costretto a ricredersi molto presto: al di la della fuffa dei soliti programmi con dentro tutto e il contrario di tutto, la realtà ci dice già chiaramente che il prossimo governo non procederà neppure all’abrogazione totale di quei decreti-sicurezza divenuti oramai il simbolo dell’intolleranza e del razzismo salviniano, e che invece questi ultimi verranno solo sfrondati di quegli aspetti maggiormente invisi all’UE e a Mattarella (essenzialmente sulla repressione delle Ong riguardo la questione-sbarchi) mantenendone intatto l’impianto repressivo, teso a colpire in via preventiva ogni accenno di protesta radicale contro l’ordine capitalistico e le politiche ad esso funzionali, coerentemente con gli indirizzi del precedente decreto Minniti.

D’altra parte, crediamo non ci sia bisogno di scomodare qualche fine analista politico per prevedere quale sarà la direzione di marcia di un governo con dentro il PD su temi come la TAV, l’ambiente, il salario minimo e lo stesso Reddito di sudditanza caro ai 5 Stelle, per non parlare delle tutele dei lavoratori e della democrazia sindacale…

Dunque il cambiamento del governo e della maggioranza parlamentare non solo non scalfisce le ragioni che ci hanno portato a proclamare l’assemblea del prossimo 29 settembre, lo sciopero del 25 ottobre e la manifestazione nazionale del 26 ottobre, ma al contrario, le rafforza.

Il quadro che va prospettandosi ci assegna, di fatto, l’enorme responsabilità di tenere in piedi un’opposizione di classe e una prospettiva anticapitalista in un contesto che non è di certo più favorevole di quello che l’ha preceduto: un opposizione di classe tanto più necessaria laddove una sua assenza significherebbe consegnare il probabile malcontento di larghi strati proletari verso le misure del Conte bis direttamente nelle mani della destra e di quello stesso Salvini, al tempo stesso escluso ed autoesclusosi dai palazzi del potere ma pronto a capitalizzare in maniera ancor più massiccia gli effetti delle politiche di austerity e quindi a tornare “più forte di prima”.

I lavoratori e gli sfruttati non hanno governi amici.

Costruiamo l’opposizione di classe al Conte bis e ai nuovi piani di macelleria sociale.

Rilanciamo una mobilitazione di massa, anticapitalista e internazionalista, contro i padroni e i loro governi.

Ci vediamo il 29 settembre a Napoli, più convinti e determinati di prima.

Se non ora, quando?

Si Cobas nazionale