Mentre continua lo sciopero riuscito, con blocco al 100% della merce, in tutti i magazzini Fercam a Rho, Parma, Piacenza, Carpiano ecc.. oggi continua anche lo sciopero alla Tigotà di Broni.
Noi siamo invece fuori la Fca di Cassino (FR).
È morto un altro operaio, 40 anni, 3 figli: aumentano ritmi e lo sfruttamento, diminuiscono i lavoratori con cassa integrazioni e licenziamenti.
Si muore per i profitti di pochi.
Adesso basta.
La lotta di classe esiste.
Iniziamola davvero anche noi!
Avanti S.I. Cobas!
Cassino, 2 ottobre
QUANDO DENUNCIAMMO I MORTI ASSASSINATI DALLA FIAT… LA FIAT E I SUOI SERVI SINDACATI COMPRESO LA FIOM NON ESITARONO NEMMENO UN MINUTO A BUTTARCI FUORI DALLA FABBRICA CON UN LICENZIAMENTO POLITICO.
OGGI SAREMO AI CANCELLI DI CASSINO PER DENUNCIARE L’ENNESIMO ASSASSINIO OPERAIO ESEGUITO DAL PADRONE.
2 ottobre,
SI COBAS FCA
Intervento di Mimmo Mignano (S.I. Cobas Fiat-Fca) dai cancelli di FCA Cassino:
Intervento del Movimento di Lotta – Disoccupati “7 Novembre” da sempre al fianco della lotta dei licenziati politici Fiat-Fca e degli operai Fiat-Fca insieme agli operai organizzati con il S.I. Cobas.
In quello che doveva essere lo stabilimento modello secondo i piani di rilancio dei padroni della FCA, la situazione è la stessa da anni come in tutte le altre fabbriche del gruppo: cassa integrazione ad oltranza e riduzione dei salari, assunzioni interinali per un anno o poco più per i nuovi arrivati, ritmi sulle linee estenuanti quando c’è la chiamata al lavoro.
Fabrizio, l’operaio che è stato ammazzato due giorni fa in questo stabilimento, si era fatto spostare nel reparto presse per poter lavorare di più.
E’ la brutale e violenta esigenza di un operaio di 40 anni e con una famiglia da mantenere.
Nel reparto presse è stato ammazzato dai ritmi frenetici e i carichi di lavoro intollerabili che rendono superfluo e patetico qualsiasi appello “alla sicurezza”. In fabbrica non esiste alcuna sicurezza per chi produce.
Vige solo la legge del profitto: i padroni devono adottare tutti gli accorgimenti necessari sulla metrica, sulle condizioni e l’organizzazione del lavoro per guadagnare meglio sulla pelle dei loro operai e attenuare così le contrazioni di mercato che porterebbero ad un calo dei profitti.
La Fca sta attuando a tappe forzate un piano di riduzione generalizzata della forza lavoro, sia lentamente attraverso l’utilizzo sistematico della cassa integrazione ormai senza più sbocco, sia per rappresaglia diretta con i licenziamenti mirati e quelle che si definiscono “morti in bianco” e “incidenti sul lavoro per scarsa sicurezza” che sono veri e propri omicidi padronali.
L’espulsione della forza lavoro in eccesso dalle fabbriche-lager avviene attraverso questi metodi, del resto i lager nazisti concepirono la loro organizzazione interna sul modello delle fabbriche fordiste.
Gli operai vengono messi di fronte a questa ‘scelta’: morire di morte lenta, di sfruttamento e miseria, oppure morire lavorando a pieno regime per il capitalista.
I sindacati che dovrebbero organizzare la difesa economica immediata sono asserviti alle volontà del padrone.
Quando muore un operaio organizzano scioperi farsa di qualche ora per prevenire eventuali forme di ribellione spontanea degli operai e rimandano all’intervento della magistratura “per appurare responsabili e responsabilità”.
In realtà sono organismi ormai completamente integrati nell’apparato statale e negli ingranaggi di sfruttamento salariale, agiscono per i loro tornaconti di bottega.
Gli operai devono organizzarsi autonomamente, imparare a individuare altre forme per difendere i propri interessi di classe, sia sul piano della lotta sindacale, sia su quello generale e politico.
Questo il volantino che abbiamo diffuso oggi ai cancelli della fabbrica con gli operai del Si Cobas Fca Pomigliano:
NOI OPERAI MUORIAMO NELLE FABBRICHE PER IL PROFITTO.
GLI SCIOPERI A COMANDO, DI FACCIATA, NON SERVONO A NULLA.
O C’E’ RIVOLTA OPERAIA O FACCIAMO SCHIFO.
Morire a quarant’anni schiacciato da una pressa.
Per cosa?
Per quattro soldi al mese che non bastano più a niente e senza nessuna prospettiva per il futuro.
Tutto per far vivere nel lusso quattro figli di papà pieni di soldi che non hanno mai fatto un vero lavoro in tutta la loro inutile vita.
Ha senso tutto questo?
In Italia muoiono più di tre operai al giorno nell’indifferenza generale.
Una notizia veloce su qualche giornale.
Se c’è più di un morto, qualcosa anche in televisione.
Poi più nulla.
Siamo una classe che produce tutto quello che nella società si consuma.
Cibo, case, auto, vestiti.
Eppure non contiamo niente.
Siamo una classe di schiavi per la quale lavorare in condizioni pessime, a ritmi impossibili, sempre a rischio della vita, è accettato da tutti quelli che vivono sul nostro lavoro senza lavorare, come una cosa normale.
La FIAT sui suoi tabelloni luminosi fuori agli stabilimenti presenta una situazione di lavoro senza rischi, con incidenti zero.
A livello internazionale si presenta come il padrone che assicura le condizioni di lavoro migliori ai “suoi” operai con il WCM.
La realtà è completamente diversa. In fabbrica ci si fa male e si muore.
Per gli incidenti, per il consumo veloce delle nostre forze psicofisiche sulle linee.
A cinquant’anni siamo già “vecchi” per le attuali lavorazioni.
Con il fiato sul collo dei capi e il ricatto del licenziamento, lavoriamo accettando accorpamento di mansioni, ritmi sempre più veloci, e finiamo come animali al macello.
Tiriamo la carretta senza pietà.
Chi si ferma viene buttato fuori, in cassa integrazione, o licenziato con un pretesto.
Tutte le fabbriche FIAT lavorano con meno della metà di noi occupati, ma quelli che lavorano lo fanno ancora a ritmi impossibili.
Per cosa? Con la cassa integrazione sistematica, i soldi sono sempre di meno.
Per il futuro non ci sono certezze. La FIAT “parla” di nuovi modelli in ogni stabilimento … per il 2020 o per il 2021.
Sono solo chiacchiere.
Chi è dentro la fabbrica lo sa.
E’ solo una lavata di faccia con i soldi pubblici, sempre soldi nostri, che gli azionisti fanno per prendere tempo, per aspettare un compratore a cui vendere il baraccone e andarsene con una borsa di soldi.
Tutto questo è possibile perché noi non siamo organizzati.
Siamo tanti individui isolati pur vivendo le stesse condizioni drammatiche.
Divisi dal padrone e da quelli che dicono di rappresentarci, i sindacalisti.
Uniti siamo una classe potente.
Divisi invece non contiamo niente.
E’ arrivato di nuovo il momento di riflettere sulla nostra situazione e di organizzarci come collettività operaia.
Gli operai possono reagire se hanno due cose: la capacità di unirsi comprendendo che sono una forza, e se si organizzano in un’organizzazione, non solo sindacale ma politica, che abbia la capacità e la determinazione di andare fino in fondo.
Collettivo 48ohm