Pubblichiamo qui sotto l’articolo “Le ultime dall’Amerika del capitale, e dalla nostra America(*)” ricevuto dai compagni dalla redazione de Il Pungolo Rosso e già disponibile sul loro sito.
Questa crisi sanitaria e sociale, che sta provocando i primi scioperi spontanei nelle fabbriche dopo decenni, e diviene ora anche crisi economica e finanziaria, mette alla prova i sistemi capitalistici, in Italia e nel mondo intero, e scuote le coscienze in settori della nostra classe cui si chiede di lavorare comunque, anche in assenza delle condizioni di sicurezza che vengono invece imposte al resto della popolazione.
Per la prima volta da decenni assistiamo a scioperi spontanei nelle fabbriche.
Anche nella lotta per ambienti di lavoro sicuri e adeguati dispositivi di protezione individuale, e nelle difficoltà di coloro che sono lasciati a casa con un futuro incerto, deve crescere la coscienza della necessità di lottare per superare questa società divisa in classi.
Contro le ideologie da “unità nazionale” tra sfruttati e sfruttatori.
Il virus globalizzato mette inoltre in chiaro l’inconsistenza delle prospettive di autonomie locali/localistiche, e delle scorciatoie “sovraniste”.
L’unica strada è quella internazionalista, dell’unione tra i proletari di tutto il mondo.
S.I. Cobas
Le ultime dall’Amerika del capitale, e dalla nostra America (*)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo aggiornamento sull’evoluzione della situazione negli Stati Uniti dalla seguente pagina facebook, il cui autore è impegnato a seguire questi avvenimenti con un’ottica e un sentimento internazionalista militante: https://m.facebook.com/Noi-non-abbiamo-patria-105427791172454/?ti=as
Intanto le ultimissime di stamattina 3 giugno (fonte: The Guardian): circa 700 soldati della 82esima divisione aereo-trasportata si sono mossi dalla base di Fort Bragg in Nord Carolina con destinazione i sobborghi di Washington. Si tratta dello stesso corpo di armata usato nell’aprile 2003 contro la popolazione di Fallujah, in Iraq, dove con l’eccidio di 25 manifestanti contro l’occupazione yankee del paese partì la sollevazione della provincia di Anbar. A Fallujah nei mesi seguenti le truppe statunitensi si resero protagoniste di uno dei più efferati massacri di massa della loro gloriosa storia. Di seguito, invece, le ultime notizie.
Trump chiede alla polizia un approccio più duro alle proteste!
Così riporta The Guardian pochi minuti fa:
https://www.theguardian.com/international
Ma come?
Dopo aver fatto 4000 arresti, attaccato i manifestanti con estrema violenza (altri due giovani sono rimasti uccisi per mano dei poliziotti in tenuta anti sommossa), messo decine e decine di città sotto l’imposizione del coprifuoco, schierato la Guardia Nazionale per fermare le rivolte, tutto questo ancora non basta?
Non basta mettere all’indice e sotto la repressione della FBI i gruppi di sinistra radicale come Antifa, dichiarata organizzazione terroristica (con quello che ne consegue in termine di arresti e detenzioni illegali)?No, non basta, perché lo stesso Trump è stato scortato dall’ufficio Ovale all’interno del bunker protetto della Casa Bianca dai servizi di sicurezza, mentre la Capitol ed altre vie intorno alla White House erano in fiamme:
https://mobile.twitter.com/SamanthaJoRoth/status/1267291110197657600
Non basta, perché a 6 giorni dall’assassinio di George Floyd la protesta di massa non si arrende alla Guardia Nazionale e al coprifuoco.Sempre The Guardian titola oggi: “Il coprifuoco fallisce nel contenere una nuova ondata di proteste”
Ma anche la solidarietà internazionale comincia a farsi notare. In Nuova Zelanda più di 20 mila persone sono scese in piazza oggi per sostenere le proteste della gioventù proletaria negli USA:
https://www.facebook.com/114517875225866/posts/4640360219308253/
Riempiamo la giornata di mobilitazione nazionale del 6 Giugno dei lavoratori indetta dal SI COBAS e da altre forze anti-capitaliste anche del contenuto di solidarietà militante alle proteste negli USA.
(*) I nostri visitatori sud-americani ci scusino se chiamiamo gli Stati Uniti, Amerika/America, a seconda se si tratta dell’Amerika del capitale o della nostra, dei lavoratori/lavoratrici, degli sfruttati/sfruttate, degli oppressi/oppresse di colore nero, bianco, bruno, giallo o quel che sia. Siamo coscienti che è una dizione impropria, che le Americhe si compongono di un Nord, di un Centro e di un Sud. Ma qui si tratta dell’uso polemico del termine Amerika che adottiamo per bollare il razzismo di stato statunitense, che ci costringe a contrapporre ad esso l’altro termine America.