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[PRATO] Controlli in fabbrica: ancora operai espulsi. Non basta lo “sportello antisfruttamento” del Comune: serve la lotta dei lavoratori

CONTROLLI IN FABBRICA

ANCORA OPERAI ESPULSI

È successo un’ altra volta.

In fabbrica arriva il controllo.

Scopre la schiavitù.

Ma a pagare il prezzo più alto sono gli operai.

Questa volta, a Montemurlo, a pagarlo sono stati cinque operai senza permesso di soggiorno.

Tutti destinatari di decreto di espulsione dall’Italia.

Stessa sorte, pochi giorni prima, era capitata ad altri tredici schiavi cinesi e bengalesi del distretto.

Non si conta il numero di operai in questi anni reclusi nei CIE ed espulsi a seguito dei controlli interforze nel distretto.

E poi ci si chiede perché gli operai, soprattutto quelli cinesi, non vedono di buon occhio l’arrivo dei controlli.

Questi controlli hanno l’unico effetto di rafforzare il vincolo tra schiavo e padrone-caporale.

Per questi operai lo stato non è il “salvatore” ma il carceriere.

A tutto vantaggio di un sistema che sul caporalato si fonda.

Potrebbe e dovrebbe andare diversamente.

Gli operai senza permesso di soggiorno potrebbero (e dovrebbero) essere informati sul diritto a richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno “art.18” per motivi di sfruttamento, previsto dalle leggi.

Ma così non è.

E lo Stato, ogni volta che un controllo ha questo esito, diventa indistinguibile dal padrone che schiavizza: dall’operaio pretende tutti i doveri mentre lo tiene all’oscuro di tutti i suoi diritti.

Non si sconfiggerà l’illegalità e lo sfruttamento nel distretto senza liberare dal ricatto del permesso di soggiorno l’esercito di schiavi che manda avanti la baracca senza diritti e per pochi euro.

La lotta degli operai Texprint per il riconoscimento di permessi di soggiorno per sfruttamento (art.18) è il dito che indica la luna.

“Non per noi, ma per tutti”, dicono.

E la lotta infatti è anche per tutti loro.

Per gli operai cinesi, bengalesi, africani che dopo un controllo, invece di ricevere un contratto regolare e condizioni di lavoro dignitose, rischiano di finire dietro le sbarre di un centro di espulsione dopo aver attraversato mari, montagne e deserti e rischiato la vita per raggiungere una vita migliore.

Questo succede a Prato, “nell’unico Comune d’Italia ad aprire uno sportello antisfruttamento”.

12 settembre

S.I. Cobas Prato e Firenze