Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni e dalle compagne del Csa Vittoria di Milano:
Ai compagni e alle compagne e chi ci leggerà.
Dopo l’aggressione fascista alla sede della cgil di Roma abbiamo letto e sentito commenti che non condividiamo all’insegna di una “leggerezza” politica che in questa fase non ci possiamo permettere.
Alcuni di loro ci sembrano dettati al massimo dalla rabbia per un’oggettiva controparte, ma crediamo vadano misurate bene le parole per non contribuire a riprodurre solo una generica e qualunquistica rabbia antisistemica ma per spingere al contrario nella direzione di una coscienza e di una prospettiva anticapitalista.
Queste brevi riflessioni affrontano una serie di questioni che, per esigenza di tempo di lettura, sono ovviamente “tagliate a fette”. Introducono però alcuni elementi al dibattito sulla quotidianità dell’agire politico che poniamo all’attenzione delle compagne e dei compagni che li leggeranno aspirando ad una condivisione sostanziale al di là delle normali divergenze e diversità di approccio alla pratica politica.
L’ANTIFASCISMO E’ DI CLASSE!
Alla CGIL non perdoniamo nulla, non il tradimento del valore della solidarietà tra lavoratori, non la continua firma di contratti al ribasso in accordo con i padroni per mantenersi un miserabile pezzo di potere e di rappresentanza nei posti di lavoro, non l’azione di crumiraggio contro i lavoratori più combattivi, non la svendita continua di diritti e salario in un ruolo di cinghia di trasmissione dell’esigenze padronali. Non il collaborazionismo e la complicità nei tentativi di limitare il diritto di sciopero e le norme sulla rappresentanza sindacale per contrastare il ruolo dei sindacati conflittuali.
Ricordiamo bene le lacrime di coccodrillo di Landini e della sua banda di burocrati al soldo dei padroni dopo l’assassinio di Adil Belakhdim, delegato Sicobas assassinato davanti ai cancelli della Lidl perchè lottava. Ricordiamo le loro facce di circostanza dopo il suo asssassinio (avete visto cosa succede…) perchè Adil lottava contro lo sfruttamento brutale del lavoro a cottimo e in difesa di quei lavoratori che, ad un mese della sua morte, si sono trovati davanti ad un nuovo contratto, sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil, che si affida al senso di equanimità del padrone per risolvere i problemi dei lavoratori… ed è tutto come prima.
Questa è la Cgil, e senza alcuna retorica, questa è la fotografia reale del collaborazionismo dei sindacati confederati, ma il fascismo è un’altra cosa.
L’attacco, la devastazione e il saccheggio della sede della Cgil compiuto da una squadraccia fascista ma sostenuto da una larga platea di manifestanti, è un atto gravissimo e un sintomo pericolosissimo perchè è un chiaro segno indicatore di quanto una serie di disvalori o pseudo valori e storture ideologiche e culturali (dio patria e famiglia, xenofobia razzismo e omofobia fino ad arrivare in questi giorni all’ aberrante e distorto concetto di libertà dell’individuo nella scelta vaccinale) patrimonio primario della subcultura della destra in camicia nera, squadrista e “di piazza”, siano invece retroterra ideologico, in una sfarinatura di diverse gradazioni di un vasto arco di forze politiche del centro destra e non solo e di quanto possano diffondersi a livello di massa.
Questo non ci sconcerta ed è storicamente scontato ma il segnale di pericolo si deve accendere quando si viene a definire una contiguità tra questi disvalori e il senso di paura e di insicurezza per le precarie condizioni materiali della propria esistenza, per il senso di abbandono e di solitudine davanti allo strapotere di chi comanda sulle nostre vite, di chi, lavoratore o lavoratrice dipendente o prodotto della proletarizzazione dei ceti medi e di una piccola borghesia impoverita e di lavoratori autonomi messi sul lastrico dalla crisi economica e pandemica, accetta come “normale” e si possa condividere l’atto squadristico della devastazione di una sede sindacale qualunque essa sia.
In particolare la devastazione della storica sede della CGIL è per i fascisti e per l’area grigia che li sostiene, un orgoglioso ritorno al passato per il suo altissimo valore simbolico in memoria della nascita del fascismo, della marcia su Roma preparata con l’assalto alle camere del lavoro e alle sedi dei partiti di sinistra.
Il distacco dalla “politica”, la sfiducia nelle così dette istituzioni “democratiche” , la nascita del fenomeno “populista” come falsa risposta e “protesta antisistemica” né di destra né di sinistra, la ripresa vigorosa del nazionalismo e del sovranismo fino all’arroccarsi su una presupposta difesa della libertà individuale invece che riconoscersi in processi collettivi di liberazione, l’incanalarsi della rabbia sociale contro falsi obiettivi, incluso il falso e ipocrita problema del green pass nella sua funzione di copertura di becere posizioni No vax, invece che denunciarne l’utilizzo strumentale per un “tutti al lavoro” senza più tutele e garanzie, sono fughe qualunquistiche o peggio a destra, bandierine di comodo utilizzate dal potere per distogliere e non far mettere in discussione la vera causa di ogni crisi: un modo di produzione con i suoi riflessi in rapporti sociali sempre più deteriorati.
Questi dati devono interrogare anche il nostro approccio di strutture anticapitaliste politiche o sindacali per entrare nel merito più coerentemente e sporcarci le mani in ogni contraddizione sociale che abbia però la possibilità di una prospettiva, che non faccia perdere la rotta, che ci permetta di tenere sempre la barra a dritta da un punto di vista ideologico e politico.
Senza rincorrere opportunisticamente pulsioni individualiste, senza rincorrere una sorta di follia e isterismo collettivo che piega la testa ad una quotidianità di sfruttamento ma si sveglia in difesa di scelte di paura individuali e costruisce oggettivamente un alveo per una direzione fascista delle proteste. Prima i forconi e poi la deviazione interclassista dei gilets jaunes fino ad arrivare a una rabbia popolare che si riversa contro le espressioni devianti ed esteriori del potere senza mai metterne in discussione le fondamenta.
L’inseguire e inneggiare ad una rabbia genericamente e vuotamente “antisistemica” non può produrre aggregazione e produzione di coscienza anticapitalista. Non è il mare in cui nuotare e una spinta in avanti da provare ad indirizzare in un senso più coerentemente anticapitalista.
Non prendere posizione e reagire con durezza contro un’aggressione fascista è sempre a prescindere un errore, ma è anche un miope errore tattico oltre al dato incredibile che, per fortuna un’esigua minoranza, si stia abituando a frequentare la stessa piazza. E’ sbagliato perché non vede al di là del proprio naso e, con gli occhi accecati dalla giusta rabbia contro il collaborazionismo che tutti condividiamo, non vede il quadro generale di un allargarsi del consenso verso un’ipotesi di società sempre più autoritaria e di una sovrastruttura repressiva in allenamento per contenere una possibile risposta di classe al piano di ristrutturazione del sistema economico e sociale capitalista. Perché la stessa devastazione sarà funzionale ad un incremento dei livelli di controllo e di repressione
In questo quadro la stessa proposta di mettere fuori legge la banda fascista di Forza Nuova e la presa di distanza dalla “violenza” servirà a coprire la ripresa in forza della teoria degli opposti estremismi e della equiparazione, sempre più in voga, di fascismo e comunismo come già nel parlamento europeo.
L’antifascismo istituzionale dell’ultima ora della cgil e del centro “sinistra” ci fa vomitare e non possiamo dimentichiamo il lungo processo di revisionismo storico per trasformare la storia in un bagno di pacificazione e di legittimazione condivisa che ha non solo ha permesso ma direttamente prodotto questa situazione. Aborriamo certo anche solo l’idea di un fronte unito contro il fascismo in difesa della democrazia ma il giudizio sul fascismo e sui fascisti è altro e non denunciarne l’incredibile salto di qualità analizzando bene il quadro di insieme che l’hanno permesso e che ne garantisce l’agibilità sarebbe estremamente pericoloso.
L’appello che facciamo è quello di prendere posizione sulla provocazione e inserire questa dura contrapposizione al fascismo come volto più violento del sistema capitalista in un quadro di ripresa del conflitto a partire dalla materialità dei bisogni e delle contraddizioni primarie di milioni di proletari e proletarie: lavoro/salario, casa, scuola e cultura, diritto alla salute di tutti con una sanità gratuita ed universale, la difesa dei diritti del proletariato immigrato, la difesa del diritto di sciopero e le mille battaglie che nel silenzio assoluto tutti conduciamo nei posti di lavoro, nei territori, nelle scuole, per la ricomposizione di un fronte di classe come unico antidoto al capitalismo e ai rigurgiti fascisti.
Ridiamo ordine analitico ai nostri ragionamenti, definiamo priorità, riprogettiamo un autunno di lotte sulla ristrutturazione del capitale con i licenziamenti e il livello massimo di precarietà che questo comporterà, denunciamo e portiamo la protesta nei nuovi gangli di riproduzione del profitto ormai evidenti in questo annunciato processo di Amazonizzazione dei rapporti di lavoro. E’ su queste tematiche che toglieremo acqua alle organizzazioni fasciste e consenso al governo del capitale.
Fuori i fascisti dalla storia.
Contro la violenza del capitale, licenziamenti e precarietà:
lotta di classe.
Csa Vittoria