Riceviamo e pubblichiamo dai compagni della Tendenza internazionalista rivoluzionaria questo comunicato, già disponibile qui:
Sull’assalto neo-fascista alla Cgil, il prima e il dopo
1. A differenza della vulgata di stato e dell’anti-fascismo democratico (o di stato), la protesta di sabato 9 a Roma ha due aspetti che non coincidono: l’attacco neo-fascista alla sede della Cgil, la grossa folla dei manifestanti.
Che l’attacco fosse preordinato, è ovvio. Sia stato preordinato solo da Forza Nuova o no, l’essenziale è che è stata attaccata la sede della Cgil, non quella di Confindustria o del governo, i due poteri che hanno voluto e imposto il “green pass”.
Perché questo bersaglio? Di sicuro per approfondire la divisione tra i lavoratori iscritti a Cgil Cisl e Uil, in larga maggioranza aderenti al programma di vaccinazione, e i lavoratori non vaccinati, molti dei quali non sindacalizzati. Il “green pass” è il mezzo escogitato dal governo Draghi per spingere questi lavoratori alla vaccinazione così da eliminare ogni intralcio alla “ripresa” e per attizzare la divisione tra lavoratori vaccinati e non vaccinati, attribuendo ai padroni la potestà di licenziare anche per ragioni “sanitarie”. Nell’indicare la Cgil come prima responsabile di questa odiosa misura non sanitaria, i falsari di Forza Nuova hanno cercato di rendere ancora più profondo il solco tra proletari vaccinati e non vaccinati tracciato dal governo.
Ma il disegno politico che li ha portati in questa direzione va ben oltre il contingente della pandemia e del no al “green pass”. Forza Nuova, Casa Pound e altri gruppi della galassia neo-fascista, ciascuno con le sue proprie particolarità, puntano a raccogliere consensi, inquadrare e indirizzare in senso reazionario quelle componenti sociali, anche proletarie, che la crisi globale nella quale siamo immersi ha bastonato e gettato allo sbando, riempiendole di paure per il presente e per il futuro, e di risentimenti nei confronti di chi da tempo li ha abbandonati e traditi. In bocca ai figuri che sono alla testa di questi gruppi, fa specie l’accusa di “venduti” ai capi della Cgil; eppure ha il preciso senso di screditare il “comunismo” e l’organizzazione sindacale operaia in quanto tale (benché la Cgil non abbia più nulla a che vedere con ciò), per accreditare altri ideali (i propri) e altre forme di “socialità” (popolar-nazionali). Non da oggi, del resto, il “fascismo del terzo millennio” si veste di panni “sociali”. Alba Dorata è cresciuta distribuendo pasti ai nullatenenti. A Roma come in altre città le forze dell’estrema destra puntano da tempo per il loro reclutamento sulle periferie urbane e sui diseredati. Bisogna dargli atto di avere saputo intercettare l’ampio scontento che la gestione capitalistica della pandemia e la misura del “green pass” hanno creato prima in ristoratori e commercianti, poi in strati di proletari. Non si tratta di dilettanti allo sbaraglio. Né vanno sottovalutate le loro connessioni a livello internazionale, dal momento che l’Internazionale nera, con il suo epicentro negli Stati Uniti nella potente galassia trumpiana, è tutto salvo che una meteora.
Con l’assalto alla sede centrale della Cgil Forza Nuova & Co. hanno fatto il botto, presentandosi, con l’aiuto dell’informazione di regime, come i veri antagonisti dello status quo, i catalizzatori del malessere sociale. Guarda caso, due giorni prima dello sciopero unitario del sindacalismo di base che mancava da un decennio e si candidava proprio a tale compito – sciopero che l’informazione di regime ha opportunamente silenziato, o presentato in modo stravolto come se fosse una semplice prosecuzione delle manifestazioni anti-“green pass”.
2. Ad attaccare la Cgil – l’unico attacco realmente avvenuto sabato a Roma, l’attacco al parlamento e a palazzo Chigi sono frottole – non è stato l’intero corteo, né la maggioranza della manifestazione: è stata una minoranza organizzata molto influente nella piazza. La grande maggioranza della folla si è indirizzata non verso e contro la Cgil, ma verso il centro, dove sono i palazzi del potere politico. Per assaltarli? No. Per farsi sentire, come molti dimostranti hanno rivendicato.
Parliamo di folla, e non di massa, perché i suoi livelli di coesione e di organizzazione erano decisamente scarsi. Lo si è visto anche a Milano dove lo stesso giorno il corteo ha cambiato più volte percorso senza una vera e propria guida, una vera e propria meta. Una folla di individui o di piccoli gruppi amicali, di familiari, colleghi di lavoro, minimi circuiti organizzati, unita dal rifiuto del “green pass”. No vax, li etichetta per lo più la stampa di regime. Come mai, all’improvviso, le scarne piazze No vax sono diventate tanto partecipate e rabbiose? Chi non è accecato dall’antifascismo e dal vaccinismo di stato, ed è ancora in grado di scrutare i fatti realmente accaduti e la loro dinamica, non può non notare che le proteste delle ultime settimane segnano una parziale discontinuità non solo numerica, anche sociale e politica rispetto alle mobilitazioni di alcuni mesi fa.
Una parziale discontinuità sociale perché da quando il 9 agosto la ministra Lamorgese rassicurò i ristoratori con due frasi inequivocabili: “Gli esercenti nonsono tenuti a fare i poliziotti”, “ci potrà essere qualche controllo a campione” (fatto dalle forze dell’ordine), costoro sono scomparsi dalle piazze, e in diversi casi hanno protestato contro i successivi cortei. In piazza, quindi, sono rimasti in larga prevalenza elementi appartenenti ai ceti medi stipendiati (insegnanti, ad es.), lavoratori autonomi più o meno spiantati dalle chiusure, proletari e salariati. Poi, sabato 2 ottobre a Trieste, per la prima volta, sono scesi in piazza centinaia di portuali organizzati e determinati, almeno finora, a scioperare ad oltranza se il “green pass” non sarà ritirato.
Tra le piazze “no vax” e quelle “no green pass” c’è di mezzo l’approvazione da parte del governo Draghi dell’obbligo generalizzato del lasciapassare per andare al lavoro. Non a caso nelle ultime settimane le manifestazioni si sono sempre più caratterizzate come “no green pass”. Solo un furbo camuffamento? Non crediamo. La decisione del governo è stata vista come un sopruso e un ricatto non soltanto da noi, che fin dal primo momento l’abbiamo denunciato, e non soltanto dai proletari non vaccinati, che sono comunque intorno ai 3 milioni. Il riscontro è nel fatto che in tutte le principali città gruppi di operai e di proletari hanno bussato alle porte dei sindacati “di base” per avere protezione da quello che avvertono come l’obbligo di pagare per andare al lavoro, un preavviso di licenziamento o, al minimo, la perdita provvisoria del salario. Né è un caso che i portuali di Trieste abbiano aderito allo sciopero dell’11 (seppure con una motivazione, per noi, troppo angusta) e ci siano stati scioperi operai contro il “green pass” all’Elettrolux di Susegana, alla San Benedetto di Scorzé e altrove proclamati da strutture dell’opposizione in Cgil o del sindacalismo “di base”.
A questo parziale cambiamento di composizione sociale si è accompagnato anche un parziale cambiamento di umore politico. Per qualche mese le piazze “no vax” sono state quasi ovunque egemonizzate dalla presenza consistente e rumorosa di gruppi di destra, e intrise di una brodaglia di individualismi, complottismi, irrazionalismi, etc. Di esse abbiamo detto: non sono le nostre piazze, né piazze che possono diventare nostre – ed è pura allucinazione immaginare che attraverso piazze del genere passi addirittura la ripresa del movimento di classe. Nelle piazze “no green pass” delle ultime settimane qualcosa (senza esagerare) è cambiato anche sul piano politico, perfino a Roma che rimane la piazza più favorevole ai neo-fascisti (vedi l’intervento di stile e contenuto gandhiano-legalitario-costituzionale della vice-questora). La presenza crescente di operai e proletari nelle dimostrazioni ha un peso, ma non è di per sé una garanzia di un orientamento di classe, o per lo meno classista. Tutto è più fluido e complicato. Però, se siamo materialisti e guardiamo alle classi sociali come entità concrete, percorse da contraddizioni, e non meramente ideali, non ci possiamo accontentare di liquidare né le dimostrazioni “no vax”, né – tanto meno – quelle “no green pass” come mere gazzarre reazionarie, senza domandarci come mai hanno attratto un certo numero di proletari/e, non insignificante di questi tempi. E se, come rivoluzionari comunisti, abbiamo qualcosa da dire anche a loro, oppure no.
3. A noi sembra che il messaggio che è arrivato dall’umore profondo dei proletari che a quelle piazze hanno spontaneamente aderito nei mesi scorsi ci riguarda. Anzitutto perché si tratta comunque di contingenti della nostra classe di riferimento, per lo più marginalizzati, usurati, totalmente disorientati, quasi in preda alla disperazione (dei piccolo borghesi declassati ci occuperemo altra volta). E ci riguarda anche perché la percezione diffusa tra di loro è che stia arrivando “dall’alto”, dai “grandi poteri” che governano il mondo, qualcosa di terribile e radicale che costituirà un attentato alle nostre vite e alla nostra libertà/dignità. Marchiare a fuoco un tale sentimento come reazionario in quanto si mescola in modo quasi indecifrabile alle spiegazioni fornite da mestatori o da gruppi di mestatori che impazzano nella galassia “no vax”, sputarci sopra, non è da gente dotata di superiore coscienza di classe, la “pura coscienza operaia” (!?!); è invece essere paurosamente al di sotto della comprensione di come procede quella crisi storica del modo di produzione e riproduzione della vita sociale capitalistico sulla quale si è pronti a giurare. È nutrire un ‘aristocratico’ senso di schifo verso i proletari più schiacciati, e anche sprovvisti sul piano culturale, che si addice ad un’aristocrazia, questa sì, piccolo-borghese, o anche borghese tout-court, à la Manifesto che ha titolato il giorno dopo: “marci su Roma”. Marci tutti i 30 mila, o quanti erano. I sani a Roma sarebbero, invece, i Landini&Co. che se la fanno con Mattarella, Draghi, Pd, Confindustria, Forza Italia, la Lega di Giorgetti (e perché escludere Salvini?, sarebbe maleducato), i 5 Stelle, Calenda, Renzi e… Fratelli d’Italia, con cui si è pronti a fare un fronte “anti-fascista” largo, larghissimo, compresi gli ex-fascisti riverniciati, purché si mettano fuori legge quattro mazzieri di merda. Il fronte unito dei capitalisti e dei partiti borghesi a braccetto con i “rappresentanti” della classe operaia e dei salariati (una rappresentanza sempre meno tale, tra l’altro) nel ruolo di controllori dei lavoratori in nome del supremo pericolo proveniente dai gruppi neo-fascisti. Fa specie vedere quanti all’estrema sinistra si sono precipitati a dirsi pronti a un patto “antifascista” in tutto e per tutto anti-operaio, che porterebbe acqua a quella “pacificazione nazionale”, a quella “unità nazionale” di cui il governo Draghi è espressione, e a cui ormai anche Salvini si appella.
4. L’antifascismo di classe implica, al contrario, la rottura con le forze borghesi, e l’organizzazione della auto-difesa operaia senza nessuna dilazione di tempi – altro che consegnare nelle mani di polizia e magistratura la lotta ai gruppi fascisti e alle nuove agenzie Pinkerton private, che abbiamo visto all’opera negli scorsi mesi alla FedEx contro i facchini del SI Cobas, totalmente libere di colpire e impunite come le squadre di mazzieri assoldati dai padroncini di Prato!
L’assalto alla sede centrale della Cgil è stato adoperato dalle istituzioni statali in crisi di credibilità (basti pensare al livello di astensionismo delle ultime elezioni), per presentarsi come le indispensabili garanti, oltre che della salute, anche della pace sociale, della legalità con l’arresto immediato di alcuni dei caporioni di sabato 9. Gli stessi caporioni che sono stati lasciati liberi di organizzarsi, agire, colpire come e quando hanno voluto, quasi scortati il giorno 9 da polizia e carabinieri. Eppure è proprio al governo Draghi e ai dirigenti di Fratelli d’Italia, che la Cgil di Landini ha aperto le porte, quasi si trattasse anziché di nemici giurati della classe operaia, di suoi protettori. L’attacco fascista è diventato così un’altra occasione di stringersi a coorte con quel governo che gli scioperi dell’11 e del 15 ottobre hanno preso, giustamente, a proprio bersaglio insieme alla Confindustria. E c’è da scommettere che se per caso un giro di vite sarà dato a Forza Nuova e ad altri gruppi neo-fascisti, ne saranno dati almeno due agli “estremisti di sinistra”.
5. I fatti di Roma ci consegnano un doppio compito: rivolgerci da un lato ai lavoratori e alle lavoratrici della Cgil, dall’altro agli stessi lavoratori/lavoratrici catalizzati dalle piazze “no green pass” con un solo, unitario, messaggio di classe riconoscibile, stagliato, nella paurosa confusione del presente – confusione che non appartiene solo ai proletari delle piazze “no green pass”, ma all’insieme della classe (con un numero minuscolo di eccezioni).
Ai primi diciamo: siamo pienamente solidali con voi, bersaglio dell’attacco fascista, come lo siamo noi del resto. Siamo convinti che si debba affrontare la lotta anche ai neo-fascisti, ma non possiamo essere solidali con la burocrazia che vi inquadra e vi sta conducendo al macello. Una burocrazia che, agitando lo spauracchio del fascismo, vi porta a sottomettervi a un regime democratico sempre più dispotico, guidato da sofisticati allievi del vecchio “rozzo” fascismo. “Abbiamo sconfitto il fascismo”, dice Landini, dimenticando che un secolo fa ad aprire le porte al ventennio è stato proprio il patto di pacificazione tra i Landini del tempo, il fascismo ascendente ed i suoi mandanti democratici. Oggi non c’è un nuovo fascismo alle porte. È al potere una Confindustria che parla e agisce come i vecchi padroni delle ferriere. È in atto un autoritarismo democratico altrettanto asservito del fascismo alle necessità imperiose dello sfruttamento del lavoro, razzista, colonialista e guerrafondaio, rappresentato dal governo Draghi. Se non affrontiamo di petto questi grandi poteri nemici che ci tolgono quotidianamente la vita e il respiro, e li prendiamo addirittura per alleati, a che serve una protesta contro i loro tirapiedi neo-fascisti? Se la parte più stabile e in qualche modo organizzata della classe non si fa carico del grande malessere sociale che prova una quantità crescente di vite di proletari/e e di salariati/e sbattute senza tregua di qua e di là, regala ai gruppi neo-fascisti un enorme campo d’azione in cui seminare i propri fiori del male. Sì, quindi, alla comune battaglia antifascista, ma condotta su una linea di classe.
Ai lavoratori e alle lavoratrici catalizzati dalle piazze “no green pass” possiamo dire, invece: anche noi, che riteniamo i vaccini utili a contrastare se non altro gli effetti più gravi del virus, siamo stati dal primo momento contro il “green pass”, in quanto è un’arma messa nelle mani dei padroni per dividere e reprimere i proletari, ed è per giunta pericolosa sul piano sanitario. E però questa lotta la inquadriamo in una più generale lotta al “virus dei virus”, che è il capitalismo. L’attacco che stiamo subendo dai governi e dai padroni passa anche attraverso misure dispotiche e discriminatorie come il “green pass”, ma passa al tempo stesso per la precarietà, lo sfruttamento e le umiliazioni sui posti di lavoro, i salari che perdono potere d’acquisto, le guerre che si stanno preparando, il razzismo e il sessismo con cui ci avvelenano, etc. – come mai i caporioni delle vostre manifestazioni si guardano bene dal parlare di tutto ciò? Anche noi vediamo cataclismi in arrivo, ma per noi non derivano da oscuri complotti di questo o quel settore dei grandi poteri globali, derivano dal declino storico di questo sistema sociale che è sempre più avvolto in un caos distruttivo. Non si tratta, perciò, di salvarci da manipolazioni occulte. La sequenza di virus che attraversa il pianeta non è qualcosa di immaginario, finora si era limitata a colpire duro l’Asia e l’Africa (informatevi!); né è uscita dal laboratorio di qualche dott. Stranamore: è uno dei risultati inevitabili della devastazione ambientale. Per cui, se vogliamo salvarci dal caos crescente e dalla serie di catastrofi capitalistiche in arrivo, lo scontro da condurre è a tutto campo – non ci si può certo limitare a dire no, a torto o a ragione, a certe medicine per esaltarne altre.
La battaglia non ci fa paura, né tanto meno l’attacco vero ai santuari del potere nazionali e globali – lunedì 11 ottobre, per fare un solo esempio, eravamo a Piacenza al blocco del grande magazzino di Amazon, la più potente multinazionale del mondo! Solo vogliamo dare battaglia per noi stessi, una battaglia vera, senza trucchi demagogici, per la liberazione di tutti oppressi e gli sfruttati, per riprenderci davvero la vita, la libertà, la dignità, la felicità, per conquistare un futuro di esseri liberi ed uguali. E questo è possibile solo espropriando ed estirpando dalla faccia della terra il sistema sociale che ci impedisce di goderne: il capitalismo.
Le migliaia di proletari/e e di compagni/e che hanno animato lo sciopero dell’11 ottobre sulla spinta delle lotte della logistica con perno sui proletari immigrati del SI Cobas e dell’Assemblea delle lavoratrici e lavoratori combattivi, il solo polo di opposizione di classe oggi esistente, sono chiamati ad affrontare questi difficili compiti.
14 ottobre
Tendenza internazionalista rivoluzionaria
ON THE OCTOBER, 9 NEO-FASCIST ASSAULT TO THE CGIL IN ROME
– Internationalist Revolutionary Tendency
1. Unlike the vulgate publicized by the democratic (or state) anti-fascism, the protest which took place on Saturday 9th October in Rome has two aspects that do not coincide: the neo-fascist attack on the headquarters of the CGIL and the large crowd of protesters.
There is no doubt that the attack was ordered in advance. Whether it was so by Forza Nuova alone or not, the crucial thing is that the headquarters of the CGIL were those to be attacked, and not those of Confindustria or those of the government, the two powers that wanted and imposed the “green pass”.
Why this target? Certainly to deepen the existing division between workers enrolled in CGIL, CISL and UIL – the vast majority of whom adhered to the vaccination program – and unvaccinated workers, many of whom are not unionized. The “green pass” is the means devised by the Draghi government to force these workers to vaccinate so as to eliminate any obstacle to the economic “recovery” and to stir up the division between vaccinated and unvaccinated workers, giving the bosses the power to fire their employees for “sanitary” reasons too. Via the recognition of CGIL as the main responsible for this hateful non-health measure, the counterfeiters of Forza Nuova have tried to deepen even more that “vaccinated-non vaccinated” gap originally produced by the government.
But the political plan that led them in this direction goes far beyond what concerns the pandemic and the opposition to the “green pass”. Forza Nuova, Casa Pound and other groups of the neo-fascist area, each with its own peculiarities, aim to gather support, frame and drive in a reactionary sense those social components (including proletarian ones) that the global crisis in which we find ourselves into has beaten and thrown into disarray, filling them not only with fear of the present and the times to come, but also with resentments towards those who have long since abandoned and betrayed them. The scoundrels who lead these groups label as “betrayers” the CGIL leaders – this sounds very quaint; however that expression is ultimately aimed at discrediting “communism” and the trade unionist organization of the workers themselves as such (although CGIL no longer has anything to do with this), in order to accredit other ideals (theirs) and other forms of “sociality” (popular-national).
Actually, it is not something new for the “fascism of the third millennium” to wrap itself in “social” clothes. Golden Dawn grew up handing out meals to destitute people. In Rome, as in other cities, the forces of the far right have for some time been looking for new recruits in the suburbs and among the dispossessed. It must be acknowledged that it was able to intercept the widespread discontent that the capitalist management of the pandemic and the implementation of the “green pass” created first among restaurateurs and traders, then among certain layers of proletarians. These people’s actions are not those of people taking stabs in the dark. Nor should their international connections be underestimated, since the black International, with its epicenter in the United States in the mighty Trumpian universe, is anything but an ephemeral phenomenon.
With the assault on the headquarters of CGIL, Forza Nuova & Co. really made a splash, presenting themselves, with the help of the regime’s mass media, as the real antagonists of the status quo, the catalysts of social malaise. And all of this, what a coincidenca!, has happened just two days before the unitary strike (which had been missing for a decade and was a candidate for this task) of grassroots trade unionism – a strike that the regime information system has conveniently silenced, or presented in a distorted way as if it were a simple continuation of the anti- “green pass” rallies.
2. The attack on the CGIL – the only attack that really took place on Saturday in Rome, for the attacks on parliament and Palazzo Chigi are tall tales – was not carried out by all the people who took part in the demonstration, nor by their majority: it was carried out by an organized minority, very influential in the square. The great majority of the crowd did not march towards (and against) CGIL, but towards downtown Rome, where the palaces of political power are. Did they do it in order to assault them? No. They merely wanted their voices to be heard, as many demonstrators themselves have claimed.
We are talking about a crowd, and not a mass, because its levels of cohesion and organization were very low. This was also true with respect to what happened the very same day in Milan where the procession changed its route several times without a real guide or a real destination. A crowd of individuals or small group of people (whether they be friends, family members, work colleagues, minimal organized circuits), united by the refusal of the “green pass”. Thy are mostly labeled as “No vax” by the regime press. But how come the scarcely-participated No-vax demonstrations have all of a sudden started to attract an ever-growing amount of angry people? Those who have not been blinded by anti-fascism and by the vaccination rhetoric touted by the state, and who are still able to scrutinize the actual events and their dynamics, cannot fail to notice that the protests of the last few weeks mark a partial discontinuity (not only when it comes to numbers, but also with respect to their social and political features) if compared to the mobilizations of a few months ago.
A partial social discontinuity we said, because since Minister of the Interior Lamorgese reassured restaurateurs (on August, 9) with two unequivocal phrases («The shopkeepers are not required to be policemen», «There may be some random checks» (done by the police)), they have disappeared from the demonstrations, and in several cases have protested against subsequent “no green pass” marches. Those who took the street, then, have since mainly been members of the salaried middle classes (teachers, for example), self-employed workers who became to a greater or lesser extent penniless due to the closures, proletarians and wage earners. Then, on Saturday 2 October, for the first time, hundreds of organized dock workers in Trieste took to the streets too, determined (at least so far) to strike indefinitely if the “green pass” is not withdrawn.
Between the “no vax” and “no green pass” squares there is the approval by the Draghi government of the generalized obligation of the pass to go to work. It is no coincidence that in recent weeks the events have increasingly been characterized as “no green pass”. Is it just a crafty camouflage? We do not believe things are like that. The government’s decision was seen as an abuse and an actual blackmail not only by us (who have been denouncing it since the beginning) and by the unvaccinated proletarians (circa 3 million people, by the way). This is proved by the fact that in all major cities groups of workers and proletarians have knocked on the doors of the grassroots trade unions asking for protection from what they perceive as the obligation to pay to go to work, a notice of dismissal or, at the very least, a temporary loss of wages. Nor is it a coincidence that the Trieste dock workers have joined the strike of 11 October (albeit, in our opinion, with a too shallow motive) and there have been workers’ strikes against the “green pass” at Elettrolux in Susegana, at the San Benedetto in Scorzé and elsewhere, all proclaimed by opposition structures in the CGIL or by “grassroots” syndicalism.
This partial change in social composition was also accompanied by a partial change in the political mood. For a few months the “no vax” squares were almost everywhere hegemonized by the considerable and noisy presence of right-wing groups, and they were imbued with a sludge of individualisms, belief in conspiracy theories, irrationalism, etc. We said that those were not our squares, and that they would (and could) not become ours in the future either – and it is absurd to imagine that the resumption of the class movement could pass through such squares. However, in the “no green pass” squares of recent weeks something (without exaggerating) has also changed on the political level, even in Rome, which remains the most favorable square for neo-fascist groups (see the Gandhian-legalistic-constitutional style and contents of the speech made by a police superintender). The growing presence of workers and proletarians in the demonstrations has a weight, but it is not in itself a guarantee of a class orientation, or, at least, a classist orientation. Everything is more fluid and complicated. However, if we are materialists and look at social classes as concrete (and not merely ideal) entities (entities which, it must be remembered, are traversed by contradictions), we cannot be satisfied with dismissing either the “no vax” demonstrations, nor – much less – the “no green pass” ones as mere reactionary hullaballoos, without asking ourselves why they have attracted a certain number of proletarians (a not negligible one in these times, we must add). And, as revolutionary Communists, we must also ask ourselves whether or not we have something to say to them too.
3. It seems to us that the message that came from the deep feeling of the proletarians who spontaneously joined those demonstrations in the recent months is something that concerns us. First of all, because they are in any case members of our class: they are mostly marginalized, worn out, totally disoriented, almost in despair (we will deal with the downgraded petty bourgeois another time). And it also concerns us because the perception spread among them is that something terrible it about to come “from above”, from the “great powers” that govern the world; something radical that will constitute an attack on our lives and our freedom/dignity. Branding such a feeling as reactionary inasmuch as it mixes in an almost indecipherable way with the explanations given by schemers or groups of schemers who go wild in the “no vax” sphere, spitting on it, does not mean to behave as people gifted with a superior class consciousness, the “pure worker conscience” (!?!); it is, on the contrary, the glaring testimony to the incapability of understanding the way in which the historical crisis of the capitalist mode of production and reproduction – that crisis on which they are ready to swear by – actually proceeds. Such an attitude is that of those who nurture an “aristocratic” sense of disgust towards the most crushed proletarians (those who are often even lacking on the cultural level), which is suitable for an aristocracy. A petty-bourgeois aristocracy, or even a tout-court bourgeois one, one like that of «Manifesto» whose headlines the day after the protest read: «Marci su Roma»1. So, we are faced with 30 thousand rotten people, or as many as there were… The healthy ones in Rome, on the contrary, would be the Landini & Co. who do it with Mattarella, Draghi, Pd, Confindustria, Forza Italia, Giorgetti’s Lega (and why exclude Salvini?, it would be rude), 5 Stelle, Calenda, Renzi and … Fratelli d’Italia, with whom many sem to be ready to set up a large, very large “anti-fascist” front, including the repainted ex-fascists – as long as a handful of their shitty batterers are outlawed. The united front of capitalists and bourgeois parties, hand in hand with the “representatives” of the working class and the wage-earners (a representation which is becoming less and less relevant, by the way) working as watchmen of the workers in the name of the supreme danger coming from neo-fascists. It is strange to see how many on the extreme left have rushed to say they are ready for an “anti-fascist” front which is of an anti-worker nature in all respects, which would provide support to that “national pacification” plan, to that “national unity” project of which the Draghi government is an expression, and to which even Salvini is now appealing.
4. Class anti-fascism implies, on the contrary, a break with the bourgeois forces, and the organization of workers’ self-defense without any delay – nothing to do with handing over to the police and the judiciary the struggle against the fascist groups and modern-day private Pinkerton agencies that we have seen at work in recent months at FedEx against the porters of the SI Cobas, with “licence to batter” those on strike with granted impunity, as it happened to the gangs of battering thugs hired by the ownersof Prato (Textprint, Dreamland, etc.).
The assault on the CGIL headquarters was used by state institutions in the context of their crisis of credibility (just think of the level of abstention in the last elections), to present themselves as the indispensable guarantors (in addition to health) of social peace and legality, with the immediate arrest of some of the ringleaders on Saturday 9. Those same ringleaders who were left free to organize, act, strike how and when they wanted (on the 9th they were almost escorted by the police and Carabinieri). Yet, it is precisely to the Draghi government and the leaders of Fratelli d’Italia that Landini’s CGIL has opened its doors, as if they were the paladins of the working class, instead of its sworn enemies. The fascist attack thus became another opportunity for them to join forces with that same government that the strikes of 11 and 15 October rightly targeted together with Confindustria. And it goes without saying that if pressure will ever be put on Forza Nuova and other neo-fascist groups, at least twice that amount will be put on the “far left extremists”.
5. After what happened in Rome, we now have a double task: on the one hand we have to address the workers of the CGIL, while on the other we must address the workers who were catalyzed by the “no green pass” squares, and we must do so with a single, unitary, recognizable class message, capable of standing out in the frightening confusion of the present – a confusion that does not belong only to the proletarians of the “no green pass” squares, but to the whole class (with a tiny number of exceptions).
To the former we say: we are fully in solidarity with you, who were the target of the fascist attack; an attack which targets us too. We are convinced that we must wage a fight against neo-fascists, but at the same time we cannot be in solidarity with the bureaucracy that traps you and is leading you to the slaughterhouse. A bureaucracy that, by exaggerating the force and the danger of neo-fascism, leads you to submit to an increasingly despotic democratic regime, led by sophisticated disciples of the old, “crude” fascism. “We defeated fascism”, says Landini; but he forgets to mention that it was precisely the pacification pact between the then-Landinis of one century ago which opened the doors to the fascism on the rise and its democratic instigators1. Today there is not a new fascism at the door. Confindustria is in power today, speaking and acting like the old owners of the ironworks, and the ongoing democratic authoritarianism is no less subservient then fascism had been when it comes to the exploitation of labor represented by the Draghi government, racist, colonialist and warmongering. If we do not face head-on these great enemy powers that take our life and breath away every day, and even take them for allies, what is the use of a protest against their neo-fascist minions? If the sturdier and (in some way) more organized part of the class does not take on the great social malaise experienced by an increasing number of proletarian and wage-earners whose lives are thrown around without respite here and there, it gifts neo-fascist groups with a huge field of action in which to sow their own flowers of evil. So yes, we do support the common anti-fascist battle, but it must be carried out according to a classist perspective.
To the workers catalyzed by the “no green pass” squares we can say, instead: we too, who believe vaccines are useful, if only to counter the most serious effects of the virus, have been against the “green pass” from the first moment, as it is a weapon placed in the hands of the employers to divide and repress the proletarians, and it is also dangerous from a health point of view. And yet we frame this struggle in a more general fight against the “virus of viruses”, which is capitalism. The attack we are undergoing from governments and bosses is carried out via despotic and discriminatory measures such as the “green pass”, but at the same time it is implemented by way of precariousness, exploitation and humiliations in the workplace, wages that lose purchasing power, the wars that are brewing, racism and sexism with which they poison us, etc. – how come the leaders of your rallies are careful not to talk about all this? We too see cataclysms coming, but for us they do not derive from obscure plots of the great global powers: they derive from the historical decline of this social system, that is increasingly shrouded in destructive chaos. It is not, therefore, a question of saving ourselves from occult manipulations. The sequence of viruses the planet is going through is not something imaginary, but until now it had hit only Asia and Africa hard (get informed!); nor it escaped the laboratory of some Dr. Strangelove: it is merely one of the inevitable results of environmental devastation. So, if we want to save ourselves from the growing chaos and the series of capitalist catastrophes to come, the battle to be waged is all-encompassing – we certainly cannot limit ourselves to oppose certain medicines (whether it be right or wrong) to exalt others.
The battle does not scare us, much less the real attack on national and global sanctuaries of power – on Monday 11 October, to give just one example, we were in Piacenza, blockading the warehouse of the most powerful multinational in the world, Amazon! But we want to fight for ourselves: a real battle, without demagogic tricks, for the liberation of all the oppressed and the exploited, to really take back life, freedom, dignity, happiness, and to conquer a future in which to be all free and equal beings. And this is possible only by expropriating and eradicating from the face of the earth the social system that prevents us from enjoying it: capitalism.
The thousands of proletarians and comrades who animated the strike of 11 October on the thrust of the logistics struggles (struggles pivoting on the immigrant proletarians of SI Cobas and the Assembly of combative workers, the only pole of class opposition existing today) are those called to face these difficult tasks.
October, 14
Internationalist Revolutionary Tendency
1 The reference here is to the “Pacification Pact” concluded in August 1921 between Fascists and Socialists.
1 The headline cannot be translated, for it is a play on words between the Italian adjective “marci” (“rotten”, with reference to people who are not vaccine and, therefore, supposedly spreaders of the illness) and the substantive “marcia” (“march”, with reference to the 1922 March on Rome – in Italian “Marcia su Roma” – by the fascists).