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[LIBIA] (In)stabilità e progetti di ricostruzione multimiliardari nel dopoguerra. Il ruolo dell’Eni e delle aziende italiane nella “torta libica”

(IN)STABILITÀ E PROGETTI DI RICOSTRUZIONE MULTIMILIARDARI

NELLA LIBIA DEL DOPOGUERRA

[ Fonti: France 24 21/08/15; The Arab Weekly, 21/08/16; Libya Herlad, 21/09/11-21/11/01; Avvenire, 21/06/10; Sole24Ore, 21/04/06, Atlantic Council, 21/08/22 + vari numeri; OSMED, 21/03/01; Reuters, 21/09/16, Meseuro, 21/04/14, The Africa report, 21/06/08; La Repubblica, 21/04/01; altri… Traduzione: G. L.]

La ricostruzione della Libia è una delle maggiori del Medio Oriente e Nord Africa (MENA), valore 100miliardi di $ nel corso del prossimo decennio – secondo il ministro libico per l’Economia, Salama Al-Ghwel.

La parte del leone nella ricostruzione è destinata a Italia, Turchia, ed Egitto.

Ma, ad un decennio dallo scoppio della crisi libica e dall’abbattimento del regime di Gheddafi nel 2011, la stabilità politica è la precondizione, non ancora assicurata, per gli investimenti nel paese.

La maggiore minaccia è costituita dalla presenza – nonostante gli accordi raggiunti a Ginevra nell’ambito del Libyan Political Dialogue Forum lo scorso 5 febbraio – di più di ventimila mercenari stranieri che sostengono amministrazioni rivali, truppe regolari di diversi paesi stranieri coinvolti nel conflitto libico, e decine di migliaia di milizie libiche che esercitano un controllo di fatto su gran parte del territorio libico e si contendono le sue entrate petrolifere.

Gli scontri armati continuano sia a Tripoli che a Bengasi.

D’altra parte i negoziati di Ginevra promossi dall’ONU hanno volutamente evitato le questioni più scabrose tra le fazioni in conflitto, da quella di un esercito unificato che sappia garantire la sicurezza su tutto il paese, alle responsabilità dei crimini contro la popolazione durante il decennio di guerra civile.

Un’altra grande sfida riguarda gli introiti petroliferi, con le esportazioni tornate lo scorso marzo ai livelli precedenti la guerra civile.

È in atto un braccio di ferro tra il presidente della National Oil Corporation (NOC) Mustafa Sanallah e il potente governatore della Banca Centrale Libica (BCL), Sadiq al Kabir.

Sanallah chiede che gli introiti petroliferi vengano incassati direttamente da NOC, Sadiq al Kabir vorrebbe viceversa che fluissero nella BCL.

La soluzione della contesa viene trovata dal primo ministro Dbeiba [1] del nuovo Governo di Unità Nazionale (GNU) varato lo scorso marzo.

Dbeiba ha creato un Ministero del Petrolio – inesistente nel precedente Governo di Accordo Nazionale di Al-Serraj (GNA) [2].

Gli introiti petroliferi dovrebbero essere versati a questo ministero…

Una curiosità.

Il ministro del Petrolio è Ahmed Mohamed Aoun, ex presidente de Mellitah Oil
and Gas Company, ossia la joint venture tra il colosso italiano dell’energia Eni e NOC, oltre ad essere stato membro della “Green Stream Bv”, che gestisce il trasporto del gas libico in Italia.

Anche il ministro dell’Economia del nuovo governo, Muhammad al Hawaji, è una figura del “passato”, era ministro con Gheddafi [3].

Cambiano le sigle, ma dentro le istituzioni e i centri di potere viene riciclato il personale dei successivi regimi/governi, in rappresentanza degli interessi delle varie fazioni della classe borghese ben salda al potere.

Una “democrazia” parlamentare, dove la specificazione di “popolo” compare come al solito solo nel nome.

Un dato di fatto tra tanti, nonostante la Libia abbia le maggiori riserve di petrolio africane, ogni estate la sua popolazione è costretta a subire interruzioni di corrente anche per 20 ore al giorno.

La nuova amministrazione GNU è corteggiata dai leader occidentali e regionali, che hanno visitato la Libia con ampie delegazioni commerciali al seguito.

L’Italia ha un rapporto privilegiato con la Libia, un rapporto iniziato durante l’occupazione fascista a colpi di bombe all’iprite, massacri e deportazioni di popolazione civili.

E proseguito, sotto forma di “cooperazione”, con la nascita della Repubblica e sotto l’impulso di Enrico Mattei.

Gli interessi italiani in Libia rimangono numerosi.

Per questo, a seguito della formazione del nuovo governo, c’è stato un assiduo scambio di visite tra gli esponenti di Italia e Libia.

Il settore economico più rilevante della Libia è quello dell’energia, da cui il paese trae circa il 95% delle sue entrate da esportazione.

La Libia è il paese africano con le maggiori riserve di petrolio, e punta a estrarre, 3-4 milioni di barili di greggio al giorno (attualmente la produzione è di circa 1,2 milioni di barili/g).

Tramite il gruppo Eni dalla Libia giunge in Italia circa il 12% del petrolio e circa l’8-10% del gas importati.

Ma poi, Eni riesporta nell’ex colonia italiana circa il 55% del greggio importato come prodotti raffinati.

Il colosso dell’energia italiano è il primo produttore e principale fornitore di gas per il mercato locale, con una quota di circa l’80%.

Eni ha formato una joint venture paritaria con il gruppo petrolifero statale libico NOC, nella Mellitah Oil and Gas Company.

È perciò “naturale” che Claudio Descalzi, Ceo di ENI, abbia accompagnato il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio durante la sua visita in Libia lo scorso marzo.

A maggio, il presidente del consiglio libico, Dbeibah, si è recato a Roma, dove ha
partecipato ad un Business Forum coi rappresentanti di 30 grandi gruppi italiani (Eni, Snam, Saipem, Terna, Ansaldo Energia, Fincantieri, Leonardo), interessati alla ricostruzione della Libia, e ha concordato con il presidente del consiglio Mario Draghi di espandere la collaborazione su progetti energetici.

È stato messo a punto un accordo quadro di lungo termine Italia-Libia per la creazione di una partnership nel settore della transizione energetica, che potrebbe includere anche la costruzione di fonti di energia rinnovabile (solare) nella regione libica sud-occidentale del Fezzan.

Nel progetto avrà un ruolo centrale il gruppo Eni.

Il Fezzan costituisce un’area di interesse per l’Italia riguardo alla questione migratoria, e non solo.

È qui che si incrociano diverse rotte migratorie provenienti dal Sahel, l’area dell’Africa subsahariana caratterizzata da instabilità e conflitti.

Anche il controllo dei flussi di migranti offre occasioni di investimenti.

Per porre sotto stretta sorveglianza i confini a Sud con Ciad e Niger da dove provengono i migranti dell’Africa Subsahariana, Tripoli sollecita la riattivazione del monitoraggio elettronico con le tecnologie di Selex (gruppo Leonardo).

Investire nel Fezzan comporta inoltre una maggiore presenza dello Stato, cioè un maggiore controllo del confine con Niger e Ciad, e offre inoltre una porta di accesso all’Africa subsahariana.

Nel Nord Libia l’Italia ha addestrato e rifornito di mezzi la guardia costiera libica, la quale non va per il sottile nella repressione dei migranti diretti verso il Sud Italia.

Abbiamo più volte denunciato i centri di detenzione dei migranti, dove ogni diritto umano viene negato.

Altro settore di interesse per l’Italia sono le infrastrutture necessarie per la ricostruzione della Libia.

Per questo il 5 aprile si è recata a Tripoli una delegazione italiana, composta dai dirigenti di Enea ed Enav.

Enea ha firmato contratti per circa 80 milioni di euro per rendere operativo l’aeroporto internazionale di Tripoli, Mitiga.

L’Enav, invece, si occuperà di ricostruire la torre di controllo dell’aeroporto e di formare i controllori del traffico aereo.

C’è poi il progetto di costruzione di un’autostrada costiera di circa 1.800 km tra il confine tunisino e quello egiziano, risalente all’accordo di amicizia e partenariato firmato nel 2008 tra Gheddafi e il governo Berlusconi.

Parte dell’opera, del valore di circa 1 miliardo di €, sarà affidata a Webuild [4].

Durante la visita di Draghi, è stata concordata anche la creazione di una commissione italo-libica per il pagamento dei debiti pregressi alle aziende italiane (324 milioni di dollari certificati), e per i nuovi crediti (pari a circa 100 milioni di €) relativi a costi della guerra civile (degenze ospedaliere e in albergo e per i feriti).

La Turchia ha cercato negli scorsi anni di accrescere in Libia la propria presenza politica e militare a sostegno delle sue ambizioni economiche.

Sulla base di un accordo di cooperazione militare, ha inviato personale dell’esercito e mercenari e ha aperto basi militari, e cerca di recuperare i debiti dell’era Gheddafi.

Nel 2020, ha firmato un memorandum d’intesa (MoU) con la Libia, obiettivo centrale lo sviluppo della cooperazione nel settore, petrolio e gas naturale compresi.

Negli ultimi mesi Dbeibah e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan si sono incontrati in diverse occasioni.

Al centro dei recenti colloqui tra i due paesi la ripresa dei progetti delle imprese turche per un valore di 19 miliardi di $, abbandonati nel 2011 per problemi di
sicurezza.

Egitto

Ad inizio settembre l’Egitto e il GNU libico hanno firmato 14 memorandum d’intesa, riguardanti settori che vanno dall’industria e dagli idrocarburi all’agricoltura, alle comunicazioni e all’aviazione civile.

Tra i contratti siglati, una tangenziale di Tripoli, un’altra strada che dalla città di Ajdabiya, Est Libia, si dirige a sud verso Jalu, e la costruzione e la fornitura di due impianti di gas.

A difesa dei lucrosi potenziali investimenti, il presidente egiziano al Sisi avrebbe invitato al rispetto degli accordi sul GNU e in particolare sulle elezioni previste, il generale Khalifa Haftar, che è stato sostenuto dall’Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti, e Agilah Saleh, il capo di un parlamento con sede nella parte orientale.

L’Egitto è in competizione per i contratti nella Libia occidentale con la Turchia, rivale regionale intervenuto militarmente contro le forze di Haftar, e che ora sta cercando di ricucire i rapporti con il Cairo.

Russia

Nel 2011, con la destituzione del regime di Gheddafi, la Russia perse circa 6,5 miliardi di $ di contratti firmati o promessi verbalmente.

Ora Mosca vuole rifarsi con progetti di infrastrutture, vendita di armi (con Gheddafi era la maggiore fornitrice di armamenti) e di prodotti agricoli.

Mosca cerca inoltre di controllare maggiormente il flusso di idrocarburi verso
l’Europa meridionale. A livello geostrategico, la presenza in Libia serve alla Russia per assicurarsi l’accesso all’Africa sub-sahariana.

A giugno, ha visitato Tripoli una delegazione del gruppo energetico russo Tatneft, per studiare progetti di esplorazione petrolifera.

Corea

Il 1° novembre, il gruppo statale libico del petrolio, National Oil Corporation (NOC), e la coreana DAEWOO E&C (Engineering and Construction) hanno discusso la realizzazione di diversi progetti nel settore del petrolio e del gas in Libia.

DAEWOO E&C vorrebbe riprendere la sua attività in Libia nel petrolifero, per accrescere la capacità di produzione e migliorare le infrastrutture, con nuovi campi onshore e offshore, e nuove raffinerie.

Cina

Il 2 novembre, il gruppo delle TLC cinese Huawei e il ministero libico dell’Istruzionesuperiore e della Ricerca scientifica hanno firmato un accordo di cooperazione.

Previsto il lancio dell’Accademia ICT di Huawei, con un programma di formazione e di competenze per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione allo scopo di sviluppare la ricerca scientifica.

Il Ministero libico ha lanciato un progetto di trasformazione digitale, per adeguarsi alla rivoluzione digitale in corso a livello planetario.

Francia

[Cfr.: https://www.theafricareport.com/95577/libyas-reconstruction-whets-appetite-of-french-companies/ 8 giugno 2021]

Anche Medef, l’associazione confindustriale francese, vuole cogliere l’occasione della ricostruzione libica.

Dalla caduta del regime di Gheddafi, le imprese francesi sono rimaste ai margini del mercato libico.

La loro posizione è stata peggiorata dalla scelta di Parigi di puntare sul generale Khalifa Haftar, il cui tentativo di prendere Tripoli è fallito nel 2019.

Ora, nella competizione per le commesse libiche i gruppi francesi devono confrontarsi con le imprese italiane e turche, in posizione più vantaggiosa.

Il 1° giugno una delegazione di una quindicina di rappresentanti dei maggiori gruppi francesi, tra cui Vinci, Total, Denos e Sanofi ha incontrato a Parigi Dbeibah, accompagnato da diversi ministri (Economia, Sanità, Trasporti, Gas e Petrolio), e discusso principalmente sulla ricostruzione della sanità, dell’aeroporto, della
logistica portuale e della sicurezza libici.

Il 2 novembre 2021, L’Autorità per l’energia rinnovabile della Libia (REAoL) ha incontrato la società francese Total Energy Company per la realizzazione di diversi progetti di generazione di energia elettrica con tecnologie di energia rinnovabile.

Il presidente di NOC, Sanallah, cerca di diversificare i committenti nel settore offrendo prospettive a riguardo non solo all’italiana Eni, ma anche alla francese Total e alla spagnola Repsol.

Note

[1] Dbeibah, tecnocrate vicino a Gheddafi, seguì lo sviluppo dell’accordo di amicizia e partenariato raggiunto con Berlusconi nel 2008 che comprendeva anche l’autostrada costiera di 1800 Km tra il confine egiziano e quello tunisino (5 miliardi di dollari di investimento).

[2] Il GNA è stato in carica da fine dicembre 2015.

[3] Nel GNU di Tripoli ci sono altri ex gheddafiani, come il ministro degli Interni, Khaled Mazen, colonello di polizia con Gheddafi, poi viceministro nel governo Serraj, braccio destro di Fathi Bishaga, ex ministro interni ed unico candidato ad ora alla presidenza. Invece, al ministero della Comunicazione e degli Affari politici è stato nominato Walid Ammar Al Lafi, che è vicino ai Fratelli musulmani libici e ha
guidato la “Al Naba Tv”, del “Consiglio della Shura dei mujaheddin”, il gruppo contro cui Haftar in Cirenaica ha mosso guerra.

[4] Webuild S.p.A. è la nuova denominazione di Salini Impregilo S.p.A.; è un gruppo multinazionale italiano, attivo in oltre 50 Paesi, nella realizzazione di dighe e impianti idroelettrici, opere idrauliche, ferrovie e metropolitane, aeroporti e autostrade, edilizia civile e industriale.