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[CONTRIBUTO] Stati Uniti: gli scioperi del 2021 analizzati nel loro contesto. Le loro cause profonde

Riceviamo e pubblichiamo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso questo contributo, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Stati Uniti. Gli scioperi del 2021 analizzati nel loro contesto.

Le loro cause profonde

– di Kim Moody

A differenza di quanti vedono negli Stati Uniti solo il mostruoso conglomerato di poteri che lega Wall Street al Pentagono attraverso la Casa Bianca, nemico n. 1 dell’umanità lavoratrice del globo, noi scrutiamo da sempre con estrema attenzione l’“altra America”, l’enorme massa multinazionale dei proletari e dei semi-proletari, che l’inesorabile declino storico dell’imperialismo yankee sta risvegliando alla lotta attraverso una serie di sussulti e movimenti del più vario genere (da ultimo il Black Lives Matter) dall’impatto internazionale.

In questo testo ricco di elementi di analisi rigorosamente documentati, Kim Moody riflette sull’esperienza degli scioperi del secondo anno di pandemia, e mostra come alla repentina ripresa dell’accumulazione dei profitti corrisponda un’accumulazione di malcontento, lagnanze, collera di svariati settori del lavoro salariato, con un crescente coinvolgimento del “settore privato”, e delle più grandi imprese come Amazon, McDonald’s, J. Deere, Instacart – quel “settore privato” in cui da tanti anni il tasso di sindacalizzazione è precipitato stabilmente sotto il 10%.

Bisogna essere degli ottusi provincialotti (o delle anime morte, o entrambe le cose, perché no?) per non accorgersi di quanti materiali infiammabili si stiano formando tra gli sfruttati e gli oppressi statunitensi, e di come il “considerevole attivismo sociale” ed il crescente “militantismo” che si manifesta oltre Oceano ci riguarda e ci interpella.

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Avete sicuramente già letto articoli sugli scioperi del 2021 [Il riferimento è agli articoli pubblicati il 202225 ottobre e 12 novembre su A l’Encontre]. Da un lato sono più numerosi, alcuni in settori dove da tempo non si vedono molti scioperi, come il commercio al dettaglio, l’intrattenimento o le grandi aziende manifatturiere; altri hanno attecchito in settori che negli ultimi anni sono diventati più inclini a scioperare, come la sanità e l’istruzione. I lavoratori di questi settori sono stati particolarmente colpiti dalla pandemia di Covid-19. Per i commentatori più cauti, si tratta di una “impennata” di scioperi, mentre l’ex Segretario di Stato per il Lavoro Robert Reich ha suggerito fantasiosamente che si trattasse, “alla sua maniera disorganizzata”, di uno sciopero generale (in The Guardian, 13 ottobre 2021). La maggior parte dei resoconti di questa visibile ondata di scioperi li collocano nel contesto della recente contingenza economica.

Le condizioni immediate che incoraggiano lo sciopero coincidono in gran parte con le cause delle significative “carenze” di manodopera. Ad eccezione di coloro che hanno contratto il virus, infatti, molti lavoratori hanno lasciato volontariamente il proprio posto di lavoro, per andare in cerca di un migliore salario e condizioni di lavoro migliori. Il Bureau of Labor Statistics (BLS) le definisce “uscite” e ne ha registrato un numero senza precedenti: 4,3 milioni nell’agosto di quest’anno. I soli settori del commercio, dei trasporti e dei servizi pubblici, nonché i settori del tempo libero e dell’ospitalità, hanno rappresentato quasi la metà di queste “fuoriuscite”[1]. Inoltre, i licenziamenti nel settore privato sono diminuiti rispetto all’anno precedente ed i posti vacanti sono aumentati di oltre due terzi a 9,6 milioni, mentre le assunzioni sono rimaste pressoché invariate [2]. I padroni hanno bisogno di più lavoratori, e i lavoratori sono diventati più selettivi e assertivi.

Mentre alcuni parlano di “grande rassegnazione” a causa di tutte le “dimissioni”, altri parlano di “grande insoddisfazione” a causa della rabbia di fondo che porta all’azione, sia essa rassegnazione o sciopero. Da un lato, il tasso di dimissioni è aumentato più o meno costantemente dai primi segnali di ripresa dopo la grande recessione del 2008-2010. D’altra parte, un sondaggio Gallup condotto nel marzo 2021 ha rilevato che il 48% della “forza lavoro statunitense è attivamente alla ricerca di un lavoro o è alla ricerca di un’opportunità”, una percentuale ben superiore al 2,9% che si dimette effettivamente [3]. Quindi, l’insoddisfazione lavorativa ha regnato per qualche tempo nella forza lavoro prima di raggiungere il massimo storico nell’agosto 2021. Per questo motivo, credo sia più utile pensare al tasso di “abbandono” come ad un sintomo dell’insoddisfazione sul lavoro, da un lato; ad una propensione a riporre maggiore fiducia nel partecipare a un’azione, dall’altro, piuttosto che ad una causa diretta degli scioperi.

Allo stesso tempo, milioni di lavoratori sottopagati hanno scoperto, se non lo sapevano già, di essere “essenziali” per il funzionamento della società – anche se i loro padroni continuavano ad abusarli, sovraccaricarli e sottopagarli. Anche questo ha contribuito al desiderio di sciopero. Inoltre, i profitti delle società non finanziarie nazionali sono aumentati del 70% fino a raggiungere la cifra record di 1,8 trilioni di dollari nel secondo trimestre del 2021, rendendo più difficile per i datori di lavoro piangere il morto lamentando ristrettezze economiche nel momento in cui i loro lavoratori dovessero accorgersene e assumere una posizione rigida al riguardo.

Le cose sono state sicuramente agevolate dai 450 contratti sindacali, molti dei quali coprono più di 1.000 lavoratori, scaduti nel 2021. Nel complesso, quindi, è stato un buon momento per uno sciopero.

Ma questa situazione di apparente ripresa della combattività non può essere spiegata solo da un mercato del lavoro favorevole. Per approfondire la questione, dobbiamo considerare ciò che è venuto prima. Gli scioperi del 2021 non sono nati dal nulla.

La tabella I mostra il numero totale di scioperi, quelli considerati “maggiori” dal BLS, con 1000 o più scioperanti, e il numero totale di scioperanti negli ultimi sei anni.

Digressione sulle statistiche relative agli scioperi

Prima di analizzare questi e altri dati correlati, tuttavia, è necessario discutere i numeri degli scioperi. Dal momento che l’amministrazione Reagan ha sospeso il conteggio BLS di tutte le interruzioni del lavoro dopo il 1981, non è stata effettuata alcuna misurazione ufficiale di tutti gli scioperi e le serrate. Il BLS registra solo scioperi di 1.000 o più lavoratori. Fino al 2021, il Servizio federale di mediazione e conciliazione (FMCS) ha registrato tutte le interruzioni del lavoro direttamente legate alla contrattazione collettiva, principalmente nel settore privato. Ad esempio, scioperi come quelli degli insegnanti del West Virginia ed altri organizzati nel 2018 e nel 2019 non sono stati inclusi in quanto erano in realtà scioperi contro il parlamento del West Virginia. Nemmeno la maggior parte degli scioperi del settore pubblico erano considerati tali, a meno che il sindacato o il datore di lavoro non chiamassero la FMCS per la mediazione. Quindi, anche l’aggiunta dei principali scioperi BLS ai numeri FMCS non otterrebbe necessariamente un conteggio completamente accurato. L’amministrazione Biden ha lasciato cadere il conteggio FMCS e non è più disponibile sul sito Web FMCS, il che peggiora solo le cose. Gli scioperi dei lavoratori delle ferrovie e delle compagnie aeree sono registrati dal National Mediation Board [che dagli anni ’30 è responsabile di garantire i flussi commerciali aerei e ferroviari tra gli stati e svolge anche un ruolo di mediazione], secondo quanto previsto dal Railway Labour Act [organismo che disciplina i rapporti di lavoro nelle ferrovie e nel trasporto aereo]. Non ce ne sono stati, però, negli anni che stiamo prendendo in considerazione.

Quest’anno, tuttavia, il programma per le relazioni industriali e del lavoro della Cornell University ha iniziato a monitorare tutti gli scioperi tramite Google e i social media. Più di recente, Jonah Furman di Labor Notes ha iniziato a registrare gli scioperi e gli sforzi organizzativi nel suo rapporto online settimanale “Who Gets the Dog”. Ho utilizzato tutte queste fonti per produrre un conteggio degli scioperi il più possibile in linea con i dati esistenti, ma è probabile che alcune siano state trascurate. Sono questi numeri che vengono utilizzati nella tabella I e in tutto questo articolo. Talvolta essi differiscono dai dati forniti dal BLS o dal FMCS considerati singolarmente, dal momento che sono più accurati di quelli forniti da questi organismi.Sono citati nelle tabelle I e II e non saranno citati ogni volta che verranno utilizzati in seguito.

Da questi dati emergono tre elementi. Innanzitutto, il numero totale di scioperi nei primi dieci mesi del 2021 è molto più alto rispetto ai cinque anni precedenti. Ma il numero degli scioperanti non è maggiore rispetto a tutti gli anni precedenti. Nel complesso, il numero di scioperi è in calo dal 1980 ed è ulteriormente diminuito dopo la Grande Recessione del 2008, raggiungendo un minimo di 76 nel 2018. Quindi il 2021 è il primo anno di un aumento significativo del numero totale di scioperi. Ma come mostra la tabella I, il numero di scioperanti nel 2021 non è neanche lontanamente uguale a quello del 2018 e del 2019, che ha visto massicci scioperi degli insegnanti attraversare tutto il paese. Infatti, prima del 2021, la maggior parte degli scioperi originava dal settore dell’istruzione scolastica pubblica e soprattutto dai dipendenti del settore sanitario privato. Questi sono i lavoratori che sono meno colpiti dalle fluttuazioni dell’economia rispetto alla maggior parte, sebbene anche i loro tassi di “abbandono” siano aumentati, suggerendo una significativa insoddisfazione sul lavoro. Certo, si tratta di lavoratori che affrontano condizioni comuni a gran parte della classe operaia, e i loro scioperi contano nella lotta di classe tanto quanto quelli di altri lavoratori più “industriali”.

In secondo luogo, c’è un drammatico calo del numero di scioperi e scioperanti nel 2020 a causa dell’impatto iniziale della pandemia e della profonda ma breve recessione che ha generato nella primavera di quell’anno. Va notato, tuttavia, che molti degli scioperi che hanno avuto luogo nel 2020 sono stati opera di lavoratori non organizzati di aziende come Amazon, McDonald’s e Instacart [consegna di cibo], che stavano protestando contro condizioni di lavoro non sicure di fronte alla diffusione della pandemia. Tuttavia, l’aumento degli scioperi è ripreso nel 2021.

In terzo luogo, ciò che rende l’anno 2021 particolarmente unico non è solo l’aumento del numero di scioperi, ma anche l’aumento del numero di scioperi in settori diversi dall’istruzione e dalla sanità, principalmente nel settore privato. Nel 2021, questi lavoratori hanno indetto 124 scioperi in tutti i settori, significativamente di più che negli anni precedenti la Grande Recessione. La tabella II mostra tutti gli scioperi che hanno coinvolto dai 500 lavoratori in su. Non sono compresi i 60.000 lavoratori dello spettacolo organizzati nella IATSE (Alleanza Internazionale degli Impiegati di Scena, Teatro e Cinema), sindacato che a ottobre ha concluso una bozza di accordo, destando tuttavia insoddisfazione da parte degli iscritti. Così come i 37.000 lavoratori del settore sanitario di Kaiser Permanente [consorzio di cura che comprende ospedali, centri sanitari e un piano sanitario e sistema assicurativo; il fatturato del consorzio è stato di 88,7 miliardi di dollari nel 2020], che potrebbe entrare in sciopero nel corso dell’anno. In effetti, molti altri lavoratori i cui contratti scadranno l’anno prossimo sciopereranno plausibilmente in quel momento. C’è quindi una più ampia “impennata” negli scioperi a seguito dell’impatto dirompente della pandemia.

Nome dei sindacati i cui acronimi sono citati nella Tabella 2:
IBT The International Brotherhood of Teamsters – GWC-UAW Graduate Workers of Columbia – USW United Steelworkers – UMWA United Mine Workers of America – UAW United Automobile, Aerospace and Agricultural Implement Workers of America – GSOC Graduate Student Organizing Committee – SEIU Service Employees International Union – NEA National Education Association – BCTGM Bakery, Confectionery, Tobacco Workers and Grain Millers International Union – UBCJ United Brotherhood of Carpenters and Joiners of America – CWA Communications Workers of America – CNA California Nurses Association – NNU National Nurses United – AAUP American Association of University Professors – MA Nurses Massachusetts Nurses Association – IAM International Association of Machinists and Aerospace Workers – IUOE International Union of Operating Engineers – SIEU Service Employees International Union

Per avere una visione un po’ più ampia di questa tendenza è necessario pensarla come una “ripresa” di lungo periodo seguita alla profonda lacerazione della Grande Recessione del 2008-2010. Il numero di scioperi registrati da FMCS e BLS era in calo da decenni. Alla fine degli anni ’90, il numero di scioperi registrati dal FMCS era in media di quasi 400 all’anno, prima di scendere a circa 300 tra il 2000 e il 2005, poi a 103 nel 2009. I principali scioperi registrati da FMCS e BLS sono scesi da 39 nel 2000 al minimo storico di 5 nel 2009. Il numero di scioperanti registrati dal BLS è sceso da 394.000 nel 2000 a un livello incredibilmente basso di 12.500 nel 2009. Pertanto, sebbene nessuna delle cifre riguardanti il periodo precedente la recessione rappresentasse livelli storicamente elevati di scioperi paragonabili a quelli degli anni ’30, ’40 o ’70, la Grande Recessione ha rappresentato un rallentamento abbastanza marcato dell’attività di sciopero. Visti sotto questa luce, i numeri dal 2018 al 2021, presi insieme e come media, possono essere interpretati come un ritorno ai livelli pre-recessione di scioperi e scioperanti.

Visti da un’altra prospettiva, invece, i lavoratori imparano dalle vittorie di altri lavoratori e prendono atto che i loro sentimenti sulle proprie condizioni sono condivisi da altri all’interno dell’azienda. I lavoratori della scuola nel 2018 e nel 2019 hanno insegnato ad altri che quando le condizioni sono giuste, il momento dello sciopero e della vittoria è possibile. I molti scioperanti del settore sanitario che hanno affrontato colossi del settore [come Kaiser] hanno dimostrato ai lavoratori di tutti i settori che l’esperienza di anni di stagnazione del reddito e lo stress del lavoro just-in-time erano malattie che colpiscono un’intera classe sociale. “Se noi possiamo difenderci, puoi farlo anche tu”, questo era il messaggio.

L’accumulazione delle vertenze contro l’accumulazione del capitale

C’è quindi motivo di ritenere che gli scioperi e l’attivismo in generale continueranno, se intendiamo la “ripresa” del 2018-2021 come il risultato non solo della pandemia e della ricorsività delle crisi economiche, ma anche dell’accumulo di rimostranze sul lungo periodo – un periodo che è il risultato dei disperati sforzi del capitale di aumentare i profitti e compensare il calo dei tassi di profitto che ha ripreso il suo trend subito dopo la ripresa dal crollo del 2008-2010. Come ha affermato lo storico britannico Eric Hobsbawm nel suo studio sulle rivolte operaie, le “situazioni esplosive” sono il risultato di “accumulazioni di materiali infiammabili che si accendono solo periodicamente, per così dire, in seguito ad un periodo in cui sono state poste sotto pressione” [4]. I materiali infiammabili sono il degrado dei salari, delle condizioni di lavoro e di vita e le rimostranze accumulate in molti anni. Sebbene tali “esplosioni” da parte dei lavoratori siano impossibili da prevedere con precisione, sono sempre precedute da proteste, scioperi e talvolta organizzazioni nuove o ampliate, spesso accompagnate da altri movimenti sociali attivi. Esempi ben noti includono le ondate di scioperi che hanno preceduto e seguito la prima guerra mondiale, quelle che hanno avuto luogo durante e dopo la seconda guerra mondiale e l’ondata di scioperi che è durata dalla metà degli anni ’60 agli anni ’70, durante la guerra del Vietnam .

Ognuna di queste ondate di scioperi non solo è stata ostacolata e, per ciò stesso, stimolata dall’impatto sociale ed economico di una guerra, ma è stata accompagnata e collegata ad altri grandi movimenti sociali, oltre a quello dei lavoratori sindacalizzati e in via di sindacalizzazione. Negli anni vicini alla prima guerra mondiale, si trattava del movimento per il suffragio femminile e dell’incremento dell’attivismo per i diritti civili, principalmente attraverso la National Association for the Advancement of Colored People (NAACP) e il nazionalismo nero. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, non ci fu solo l’ondata di scioperi massicci del 1943-46, ma anche il boom meno visibile ma significativo dell’attivismo per i diritti civili, spesso portato avanti da veterani di colore. La guerra del Vietnam ha visto la nascita del movimento contro la guerra, la rinascita del femminismo e del movimento di massa delle donne, così come il Black Power e il movimento per i diritti LGBTQ. Il “revival” di oggi sta ovviamente avvenendo sulla scia di un nuovo movimento delle donne, il movimento dei lavoratori immigrati, quello per fermare il cambiamento climatico, e l’ascesa di Black Lives Matter e dei suoi vari strascichi. Questo è già un momento di notevole attivismo sociale. Il “revival” dello sciopero potrebbe essere precursore di una esplosione più grande.

Mentre gran parte delle condizioni di vita degradate della classe operaia e le vertenze che hanno generato sono ben note, vale la pena esaminarle e vedere come potrebbero interagire per innescare una continua ondata di militanza e attivismo nella classe operaia. Forse il problema più evidente e irritante è che in termini reali – nonostante alcuni recenti aumenti salariali dovuti alla “carenza” di manodopera nel settembre di quest’anno – l’operaio medio del settore produttivo privato senza funzione di supervisione ha guadagnato lo stesso $ 9,73 all’ora come avrebbe guadagnato nella primavera del 1989. Nel frattempo, però, la produttività del lavoro è aumentata dell’88% nella stessa frazione oraria, in particolar modo durante la pandemia [5]. Forse non si conoscono i numeri ufficiali, ma è sicuramente nota la situazione attuale.

Quando la pandemia ha colpito all’inizio del 2020, circa i due terzi dei lavoratori meno pagati e solo circa la metà di quelli nel quarto più basso della scala retributiva, ovvero 13 milioni di lavoratori della produzione e non appartenenti ai quadri dirigenziali, non avevano un congedo per malattia retribuito, mentre più di 31 milioni di persone sotto i 65 anni non avevano un’assicurazione sanitaria. Non sorprende che l’impatto della pandemia non sia stato socialmente neutrale. Uno studio del Journal of the American Medial Association Network pubblicato nel maggio 2021 ha rilevato che l’incidenza di infezioni e decessi per Covid-19 era più alta nelle contee degli Stati Uniti dove la disparità di reddito era relativamente alta.

Insieme a questa terribile realtà economica, anni di intensificato lavoro just-in-time, standardizzazione e obiettivi quantificati e controllati hanno messo a dura prova lo stress. Guardando agli Stati Uniti e al Canada durante la pandemia del 2020, un sondaggio Gallup ha rilevato che il 57% dei lavoratori era stressato, il 48% preoccupato e il 22% arrabbiato “per gran parte della giornata” [6]. Anche lo stress, la preoccupazione e la rabbia erano in aumento molto prima della pandemia. La percentuale di dipendenti che ha dichiarato di avvertire questo disagio “spesso durante il giorno” è aumentata nel periodo successivo alla Grande Recessione, dal 44% del 2008 al 55% per lo stress nel 2018, dal 34% al 45% per la preoccupazione e dal 16% al 22 % per la rabbia in questi anni. Un precedente sondaggio condotto nel 2006 ha mostrato che il 72% dello stress sperimentato negli Stati Uniti proveniva da cause legate al lavoro.

Tuttavia, lo stress non è l’unica fonte di dolore emotivo e di malcontento. Anni di disuguaglianze di reddito e ricchezza sempre più visibili sono esplosi durante la pandemia, rivelando un quadro dell’oscena situazione finanziaria della crescente coorte di miliardari. Secondo uno studio dell’Institute for Policy Studies, il numero dei miliardari negli Stati Uniti è passato dai 614 di marzo 2020 ai 745 di ottobre 2021 al momento della pandemia, mentre la loro ricchezza accumulata è passata da 2.947,5 miliardi di dollari a 5.019,4 miliardi di dollari. in questo periodo. La divulgazione dei “capricci” di molti di questi giganti dello sfruttamento ha reso quasi impossibile per la popolazione attiva non notare come e quanto questi individui di alto profilo abbiano tratto profitto dal loro superlavoro, dai bassi salari, dallo stress, dall’infezione da covid e persino dalla morte. Infatti, anche prima della pandemia, ben il 61% degli intervistati affermava che c’era “troppa disuguaglianza economica negli Stati Uniti”. In media, solo il 42% degli intervistati considera la lotta a queste disuguaglianze una “priorità assoluta”. Ma tra quelli con i redditi più bassi, il 52% pensa che sia una priorità assoluta. Per molti, questa crescita astronomica della disuguaglianza era almeno un motivo in più per colpire e un elemento in più nella costruzione della loro coscienza di classe.

Allo stesso tempo, anche prima della pandemia, il 70% degli americani credeva che “i grandi affari e i ricchi hanno troppo potere e influenza nell’economia di oggi”, secondo un sondaggio del Pew Research Center risalente alla fine di settembre del 2019. Non sorprende che credessero anche che i politici avessero troppo potere. La sensazione che i potenti “interessi” abbiano troppo potere economico e influenza politica è, ovviamente, sia acqua per i mulini populisti di destra, à la Trump, sia una potenziale fonte di risveglio della coscienza di classe. Ad ogni modo, vedere i Democratici del Congresso combattere l’uno contro l’altro [7] tanto quanto contro i repubblicani e i lobbisti aziendali mentre riducono i programmi – già in principio inadeguati – che potrebbero aiutare i lavoratori appartenenti alla fascia più bassa del proletariato, rischia di uccidere anche le ultime speranze che rimanevano a coloro che auspicavano di ricevere aiuto da questa parte politica. D’altra parte, solo il 31% degli intervistati ritiene che i sindacati abbiano troppo potere e la maggior parte di loro, al tempo stesso, si identifica o tende verso la parte repubblicana. In effetti, gli indici di gradimento dei sindacati sono aumentati dopo la Grande Recessione, dal 48% nel 2009 al 68% nell’agosto 2021. Anche questo indica sia un aumento dell’insoddisfazione e della coscienza di classe, sia quali siano gli strumenti immediati (i sindacati) per combattere efficacemente.

Dato l’accumulo di vertenze e contratti collettivi scadenti che i lavoratori sindacalizzati conoscono da decenni, non sorprende che la pressione per lo sciopero e per migliori contratti sia venuta in gran parte dal basso. Rob Eafen, presidente della sezione locale del BCTGM [Bakery, Confectionery, Tobacco Workers and Grain Millers International Union] presso lo stabilimento Kellogg di Memphis, ha dichiarato al settimanale Time il 25 ottobre 2021: “Il movimento di sciopero è venuto avanti come un’ondata, proveniente dalla gente.” L’ondata è stata visibile in molti sindacati i cui contratti sono scaduti nel 2021, con i membri che hanno votato in modo schiacciante per lo sciopero. A ottobre, i membri della United Auto Workers (UAW) di John Deere hanno respinto, col 90% dei voti, un’offerta di contratto e hanno votato, col 98% dei voti, per uno sciopero, così come i membri della UAW nelle fabbriche di autocarri Volvo che hanno rifiutato due volte, col 90% dei voti, offerte inadeguate e hanno scioperato. I membri del CWA (Communications Workers) di Frontier Communications [il settimo più grande fornitore di servizi di telecomunicazioni locali negli Stati Uniti] in California hanno votato per il 93% a favore dello sciopero dell’intera giornata per il 5 ottobre [8]. I membri di IATSE, il sindacato dei lavoratori delle produzioni cinematografiche e televisive, hanno votato per il 98% a favore dello sciopero all’inizio di ottobre. Successivamente è stato raggiunto un accordo di principio, ma molti membri IATSE hanno espresso insoddisfazione per quanto loro offerto. Ventunomila infermieri e altri operatori sanitari della Kaiser Permanente in California hanno votato per il 96% a favore di uno sciopero sentito come necessario. Anche migliaia di altri lavoratori Kaiser di altri 20 sindacati sono stati chiamati a votare. Ci sono poche ragioni per credere che questo tipo di pressione dal basso scomparirà.

Crisi come guerre, depressioni e pandemie evidenziano tutti i tipi di crepe nel sistema economico, la pandemia da Covid-19 ha solo amplificato e reso visibili le disuguaglianze accumulate nella società e le rimostranze che generano, ma anche la vulnerabilità del capitale. Il recente crollo delle catene di approvvigionamento globali just-in-time, ad esempio, è la causa immediata di una crisi che si protrae da tempo [vedi articolo di Kim Moody pubblicato su questo sito il 23 ottobre 2021 a questo proposito]. I porti sono congestionati, in parte perché la capacità delle navi portacontainer ha superato quella dei porti container dal 63% al 42% tra il 2010 e il 2020, seguita da un forte aumento della domanda di navi containerizzate nel 2021. Questa situazione è spiegata dal fatto che i consumatori si sono allontanati dai servizi a favore dei beni durante la pandemia [9]. C’erano anche carenze preesistenti di vagoni ferroviari, locomotive e manodopera, nonché autisti di camion e magazzinieri locali e a lungo raggio, vale a dire lungo tutte le catene di approvvigionamento. L’impatto di questi congestionamenti e il restringersi dei colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento globali è stato intensificato dalla combinazione di vincoli e vulnerabilità della consegna just-in-time. Non c’è alcun mistero su nessuno di questi problemi. La velocità aumenta l’impatto di qualsiasi interruzione nella catena di approvvigionamento [10], mentre anni di salari bassi e benefici inesistenti o bassi, combinati con i risultati di intensificazione del lavoro sopra menzionati, hanno allontanato i lavoratori dai lavori stressanti e pericolosi associati al trasporto merci a livello internazionale, come hanno fatto per altri settori lavorativi come quello sanitario.

Allo stesso tempo, è un richiamo al potere del lavoro di interrompere l’accumulazione del capitale. Uno studio sull’impatto degli “eventi dirompenti” sulle catene di approvvigionamento di 397 aziende statunitensi tra il 2005 e il 2014 ha mostrato che, durante i tre mesi successivi all’interruzione, un effetto discendente medio sulle vendite di solo -4,85% ha portato a una diminuzione del reddito del -26,5% e una diminuzione del rendimento delle attività del -16,1% [11]. Questo impatto si è verificato prima che la pandemia portasse a un aumento del consumo di beni rispetto ai servizi, nonché a una diminuzione delle scorte e, di conseguenza, a una maggiore dipendenza dalle catene di approvvigionamento e dalla logistica, che presumibilmente non finirà a breve [12]. È chiaro che le interruzioni causate dai dipendenti, come gli scioperi (bianchi e non), possono avere un impatto significativo sull’accumulo di capitale di un dato datore di lavoro. Una grande movimentazione sociale può costringere l’intera classe capitalista a ritirarsi. E questo potrebbe essere il punto di partenza per un nuovo movimento operaio in America.

Articolo pubblicato sul sito web di Spectre, 15 novembre 2021; traduzione redatta da A l’Encontre

Note:

[1] Bureau of Labor Statistics, “Quits rate of 2.9 percent in August 2021 an all-time high,” TED: The Economic Daily, October 18, 2021.
[2] Bureau of Labor Statistics, “Job Openings and Labor Turnover-August 2021,” News Release, USDL-21-1830, October 12, 20210, Tables 1-6.
[3] Gandhi and Robison; Bureau of Labor Statistics, “Quit rate.”
[4] Eric Hobsbawm, “Economic Fluctuations and Some Social Movements since 1800,” in Eric Hobsbawm, Labouring Men: Studies in the History of Labour (London: Weidenfeld and Nicolson, 1964), 139.
[5] Bureau of Labor Statistics, “Real Earnings – September 20201, Real Earnings New Release, USDL-21-1832, October 13, 2021, Table A-2; Bureau of Labor Statistics, “Average hourly earnings of production and nonsupervisory employees, Total private, seasonally adjusted,” 1972 to 2021, Databases, Tables & Calculators by Subject, extracted on October 25, 2021; Bureau of Labor Statistics, Economic New Release, Table 1Business Sector Labor Productivity, September 2, 2021, https://www.bls.gov/news.release/prod2.t01.htm; Bureau of Labor Statistics, “Nonfarm Business Annual Series” All Employed Persons, Index 2012 = 100, 1947-2020, xlxs, https://www.bls.gov/lpc/#tables.
[6] Gallup, State of the Global Workplace: 2021 Report, (Washington DC: Gallup, 2021), 28-30.
[7] In Senato, due Democratici, Kyrsten Sinema (collegata alle lobby industriali e contraria alla proposta del salario minimo orario di 15$ e al Green New Deal) e joe Manchin (con legami col settore dei combustibili fossili e quello farmaceutico) si sono opposti ad alcuni punti proposti dall’amministrazione Biden riguardanti la spesa pubblica e per l’ambiente. (Red)
[8] Jonah Furman, “John Deere Workers Are Ready to Strike on Wednesday,” Jacobin, October 12, 2021, https://www,jacobinmag.ocom/2021/10/john-deere-workers-uaw-contract-vote-strike; Jonah Furman, “Deere Strikers Mean Business,” Labor Notes 512 November 20201, 1, 3, 15.
[9] Statista, “Capacity of container ships in seaborne trade from 1980 to 2020 (in million dead weight tons)” and “Container capacity at ports worldwide from 2002 to 2019 with a forecast for 2020 until 2024 (in million TEUs),” 2021, https://www.statista.com/search/?q=global+port+capacity&Search=&qKat=search; Peter Sand, “Container Shipping: Records Keep Falling As Industry Enjoys Best Markets Efver,” Bimco,  June 21, 2021, https://www.bimco.org/news/Market_anaysis/20210602_container_shipping.aspx; Paul Krugman, “The Revolt of the American Worker,” New York Times, October 14, 2021.
[10] Kim Moody, “Labour and the Contradictory Logic of Logistics” Work Organisation, Labour & Globalisation 13(1) (Spring 2019): 79-95.
[11] Milad Baghersad and Christopher W. Zobel, “Assessing the extended impacts of supply chain disruptions on firms: An empirical study,” International Journal of Production Economics 231, January, 2021: 8.
[12] Peter S, Goodman, “How the Supply Chain Broke, and Why It Won’t Be Fixed Anytime Soon,” New York Times, October 22, 2021, https://www.nytimes.com/2021/10/22/business/shortages-supply-chain.html;  Krugman, 2021.