L’ultima mossa di Draghi & Co.
per coprire una gestione criminale
e fallimentare della pandemia
– Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria
Come prima, peggio di prima.
Il governo Draghi che in un intero anno non ha fatto nulla per rafforzare le strutture sanitarie con massicce assunzioni di medici e infermieri; che ha deliberato, anzi, la loro ulteriore riduzione di qui al 2026, relegando la sanità all’ultimo posto nelle poste di spesa del PNRR; che non ha fatto un passo per apprestare un protocollo di terapie adeguate ai primi sintomi e per aiutare i medici di famiglia nella loro attività; che non ha messo mano al piano di prevenzione finito nei cassetti da 15 anni; che non ha mosso un dito per potenziare al massimo i trasporti pubblici urbani e interurbani; che non ha preso alcun provvedimento per sdoppiare le classi pollaio; che non ha imposto alle aziende alcuna seria misura di prevenzione dei contagi; che ha progressivamente rinunciato ad ogni tracciamento della diffusione del virus; che ha ridotto i giorni di quarantena; che ha consentito all’Inps di non considerare più la quarantena fiduciaria come malattia; questo governo ha infine trovato la magica soluzione per stroncare la riaccensione della pandemia in corso: obbligare gli over-50 a vaccinarsi.
Ciò, a fronte di un tasso di vaccinazione del 94% per gli over-80, del 92% degli over-70, del 90% per gli over-60, dell’86,5% degli over-50, ed in presenza di una nuova variante (la omicron) che secondo diversi studi buca gli attuali vaccini. Lo ricordiamo tutti: all’inizio l’informazione ufficiale utilizzava la scarsa conoscenza su contagi e immunità per propagandare la certezza che si sarebbe raggiunta l’immunità di gregge con il 70-80% dei vaccinati; ora perfino la soglia 90% è ritenuta insicura. La stessa macchina di disinformazione ha preso a martellare sulla vaccinazione in massa dei bambini che è stata avviata in grande e sospetta fretta in spregio al principio di precauzione. La campagna per la seconda dose fu accompagnata dalla identica rassicurazione che ora sponsorizza la terza dose: “sarà risolutiva”. Rassicurazione che faceva il paio con il motto del governo Conte-bis: “andrà tutto bene”. Si è visto! All’11 gennaio 2022 l’Italia, con 2.319 morti per milione di abitanti, è nelle posizioni di testa, nel mondo, in questa statistica delle eccellenze, battuta in Occidente solo dagli Stati Uniti (2.596 morti per milione), dal Belgio e dal Brasile di Bolsonaro (sopra i 3.000 morti per milione). Per avere dei termini di paragone: Cina (3,4 morti per milione), Taiwan (36), Corea del Sud (73), Giappone (146) – sono indici inequivocabili di fallimento, se il metro fosse la tutela della salute della popolazione.
Il metro è evidentemente un altro: “Salviamo vite, salviamo aziende”, è il mantra dell’ex-capo della BCE. Meno falsa e impudente l’altra frase che gli viene attribuita: “Difendiamo il pil che cresce”. Come? Con il tenere aperti e funzionanti tutti i luoghi di produzione dei profitti e vendita delle merci, e con la messe di finanziamenti a fondo perduto, agevolazioni fiscali, ristori a favore delle imprese di ogni ordine e grado (sono stati trovati altri 20 miliardi nel giro di 24 ore per “sostegni” a padroni di hotel, ristoranti, discoteche, fiere, agenzie di viaggio). Ma anche con l’operazione politica finora ben riuscita, di mettere i lavoratori vaccinati contro i non vaccinati e viceversa, stornando l’attenzione degli uni e degli altri dalla necessità di unirsi nella lotta per difendere la propria salute contro il modo criminale e caotico con cui è stata finora gestita la pandemia, e per tutto il resto. L’obbligo di vaccinarsi per gli over 50 è anch’esso connotato in senso classista: se si trattasse di una misura sanitaria, logica vorrebbe che sostituisse, per tutti, il “green pass”. Invece assistiamo all’introduzione di due molto differenti misure per un’identica violazione: un obbligo soft per i piccoli accumulatori e i redditieri, i quali grazie al sapiente lavorio della Lega in Consiglio dei ministri, se non si vaccinano, se la caveranno con un “condono ad evadere” al modico costo di 100 euro; mentre su proletari e salariati, dato il permanere del “green pass rafforzato” sui luoghi di lavoro, continuerà a pendere in maniera ancora più minacciosa la spada di Damocle della sospensione dal lavoro e dal salario. Come se non bastasse, negli ambienti governativi si arriva perfino ad invocare la revoca del reddito di cittadinanza per chi non è vaccinato.
Ma allarghiamo ora lo sguardo al mondo, per poi tornare sulla situazione italiana.
Il “modello cinese”
Schematizzando al massimo, e mettendo tra parentesi le tante sfumature di grigio, nel mondo ci sono due “modelli” di contrasto alla pandemia, entrambi capitalistici in quanto rispondono, con logiche e mezzi in parte differenti, alla tutela del processo di accumulazione del capitale: il “modello cinese” e il “modello statunitense”.
Il primo, facendo tesoro dell’esperienza dell’epidemia di Sars del 2003 e di altre epidemie degli ultimi decenni (Aids, Mers, Ebola, Zika), ha fissato il suo principio operativo guida: avvistare le pandemie il prima possibile e impedirne la diffusione con ogni mezzo. Per i dirigenti cinesi le pandemie sono un pericolo serio, non le psico-narrazioni di certe deliranti visioni complottiste. A suo tempo traducemmo un testo della rivista cinese Chuang che definiva degno di un’occupazione coloniale il rigido lockdown imposto a inizio 2020 a Wuhan. Analogo lockdown militarizzato è scattato a dicembre scorso nella città di Xian a fronte di 342 contagi. Altrettanto rigide sono state in Cina le norme generali di prevenzione (frequente lavaggio delle mani, mascherine, distanziamento fisico) e quelle relative ai contagi: segnalazione, diagnosi precoce, quarantena, tracciamento, trattamento ospedaliero. In aggiunta, le misure di riduzione, o divieto, dei viaggi interni e dall’estero, i rigidi controlli sulle merci in entrata, etc., tutto per bloccare sul nascere la catena di trasmissione del virus. Su queste basi è stata messa in atto “la più grande campagna di vaccinazione della storia della nuova Cina” (parole della vice premier Sun Chunlan), che include tutti i bambini dai 3 anni in su. A metà dicembre 2021 la Cina aveva il primato mondiale delle dosi di vaccino somministrate ogni 100 abitanti: 181, a fronte delle 152 dell’UE (in media), delle 172 dell’Italia, delle 146 degli Stati Uniti.
Un “modello” da capitalismo ascendente, con un potere fortemente autoritario alla sua testa, che non ha paura di accettare un danno economico immediato, consistente ma localizzato (i duri lockdown), in vista di un beneficio futuro, pur di preservare per quanto possibile l’insieme del processo di riproduzione della propria forza-lavoro preziosa per continuare la sua ascesa. In nome dell’emergenza pandemica, Pechino ha puntato a rafforzare la coesione sociale mobilitando decine di migliaia di volontari (studenti di medicina, personale sanitario), e facendo leva su di un’autodisciplina per solidarietà con i propri simili, o almeno di rispetto verso i propri simili, che non ha eguali nei paesi di più antico insediamento dei rapporti sociali capitalistici, Europa e Stati Uniti, dove il culto della “sovrana libertà” di scelta di ogni individuo costituisce la norma. Il lascito collettivista della rivoluzione nazional-popolare e delle successive ondate di lotta ha fatto il resto, favorendo il compito di Xi e dei suoi di rispondere alla provocazione anticinese dell’amministrazione Usa, che andava spacciando per il mondo il Covid 19 come “il virus cinese”.
Il “modello statunitense”
Il “modello statunitense” ha comportato invece, inizialmente, la pressoché totale libertà di circolazione del virus per arrivare per questa via, in modo “naturale”, alla sua disattivazione – sapendo che tale operazione produceva una spietata selezione sociale, con la liquidazione fisica di una quota di forza-lavoro poco produttiva perché anziana, sovrappeso, gravata da malattie, vivente in case insalubri, perciò con un sistema immunitario compromesso, in larga maggioranza nera o di colore. Un “modello” da capitalismo senile declinante che non vuole né può fermare nulla, né nella produzione né nella circolazione delle merci, per il timore panico che ogni minima interruzione del processo di accumulazione favorisca il rampante concorrente asiatico che gli mangia terreno ad ogni giro di campo. Inoltre per i boss della Casa Bianca e di Wall Street un virus che si accanisce sui proletari marginali è un aiuto a disfarsi di un po’ di fastidiose eccedenze. Questo social-darwinismo ben impersonato da Trump, ha dovuto però ad un certo punto fare i conti con il rischio di un eccessivo deterioramento della forza lavoro e di un conseguente incasinamento dei processi di produzione delle merci e di funzionamento dei servizi, e ha lasciato il posto, già sotto l’amministrazione Trump, all’arma dei vaccini. Trump e Fauci sono le due facce contraddittorie (solo fino a un certo punto) della stessa medaglia del capitalismo statunitense e occidentale, che nella crisi pandemica ha cercato di trarre profitto dalle disgrazie sociali provocate, mandando al macero un po’ di proletari/e e cittadini anziani dalla salute malferma (accatastandoli anche in fosse comuni), per poi lanciare la somministrazione in massa dei vaccini, arma di rilegittimazione dello stato come grande terapeuta del “popolo” in angosce e di concorrenza inter-capitalistica. Alla coesione sociale, per quanto possibile in un paese come gli Stati Uniti lacerato da conflitti insanabili, si è provveduto con la massiccia semina di odio anti-cinese (in ciò Biden è la copia di Trump), con una dose supplementare di razzismo di classe contro i poveri, solleticando l’orgoglio tecnologico di essere il paese di Big Pharma, e con provvedimenti volti a disciplinare i comportamenti della popolazione in pubblico.
L’Italia sulla scia statunitense
L’Italia del Conte-bis e del Draghi-1 si è mossa in sostanza sul tracciato yankee. Non tanto sul piano dei messaggi propagandistici, quanto nei fatti. Dal momento che la Confindustria ha imposto che tutto restasse aperto, che il virus circolasse senza ostacoli, mentre il rigido lockdown localizzato (alla “cinese”) è stato attuato solo ed esclusivamente nel piccolo comune di Vo’ Euganeo e subito, nonostante il suo esito positivo, cassato. La totale impreparazione all’avvento di una pandemia; l’aver raso al suolo ogni politica di vera prevenzione delle malattie; la chiusura di molti piccoli ospedali che avrebbero potuto costituire una rete di presidi territoriali; il taglio di oltre 100.000 medici e infermieri – decisioni che portano la firma dell’intero arco parlamentare degli ultimi vent’anni, destra centro sinistra, e del nuovo uomo della provvidenza a capo dell’esecutivo in carica – hanno preparato il terreno al disastro sanitario. Se ciò non bastasse, le assurde decisioni riguardanti le RSA, le cure domiciliari, il funzionamento degli ospedali, hanno configurato una condotta degli apparati dello stato che non può essere definita se non criminale – secondo i familiari dei morti delle RSA e il Coordinamento Lombardo per il diritto alla salute si è trattato di una strage di stato. La combinazione tra l’indirizzo della Confindustria di Bonomi, decenni di controriforme “neoliberiste” in campo sanitario e il caos e gli errori nell’apprestare le cure, ha portato al record negativo di mortalità che i vertici delle istituzioni statali cercano in ogni modo di occultare attraverso il bombardamento mediatico sull’“incredibile successo delle vaccinazioni”. Senonché le vaccinazioni hanno ridotto le ospedalizzazioni e il tasso di letalità, ma non hanno affatto stroncato l’epidemia che, al contrario delle aspettative create, è in piena ripartenza, proprio perché al posto di comando delle cosiddette misure sanitarie c’è la salute del capitale, non quella del lavoro salariato e della comune umanità non sfruttatrice. Il conto sociale completo di questo disastro potrà essere valutato in modo adeguato solo quando si studieranno a fondo le conseguenze di tale politica sui malati di cancro e di altre gravi patologie abbandonati a sé stessi se non in grado di ricorrere alla sanità privata, e sulle sofferenze psichiche inferte ai bambini, ai ragazzi e alle loro madri con la chiusura prolungata delle scuole.
In un’Italia socialmente polarizzata e per tradizione priva di forte orgoglio nazionale (a differenza di Stati Uniti e altri paesi europei) la coesione sociale è stata stimolata da un mix di propaganda molto ansiogena, collaborazione corporativa tra padronato e sindacati di stato, e un diluvio di misure di controllo dei comportamenti pubblici e privati, che – giustificate dallo stato di emergenza e dagli speciali poteri normativi connessi – sono spesso sconfinate nell’assurdo. In nome dello stato di emergenza, poi, è scattata una ancora più dura repressione delle poche lotte operaie in corso nella logistica.
L’opposizione si-vax / no-vax è fasulla.
Davanti al riaccendersi della pandemia nonostante gli strombazzati “successi” della campagna vaccinale, le istituzioni dello stato hanno trovato il facile capro espiatorio a cui addossare ogni responsabilità (propria): i no vax. I portavoce più accreditati dei no vax, a loro volta, ce l’hanno messa tutta per confermare con le più strampalate frottole sui vaccini-chip e armi-del-diavolo, la leggenda nera raccontata su di loro dai mass media, che per un buon tratto gli hanno fatto astutamente da cassa di risonanza.
La situazione è solo in parte mutata con il sorgere del movimento “no green pass”, perché questo moto di protesta non è riuscito a svincolarsi in pieno dalla soffocante ideologia no-vax e dal suo “cospirazionismo vaccinista” neppure nel luogo in cui è stato più significativo e intrecciato alla classe lavoratrice: la città di Trieste. Le schiette ricostruzioni del suo percorso compiute da parte di compagni/e che ne sono stati parte, hanno mostrato come, a differenza di altre città, a Trieste le tematiche del lavoro e del rifiuto delle discriminazioni sui posti di lavoro siano state ben presenti. Ma neppure lì è riuscita ad emergere una critica radicale delle origini e caratteristiche della pandemia e del dissesto del sistema sanitario che l’ha resa più letale, né una prospettiva di lotta classista – una tale possibilità si è intravista solo tra l’11 e il 15 ottobre, non a caso in connessione con lo sciopero unitario del “sindacalismo di base”. L’hanno tranciata di netto, da un lato, la repressione statale, e dall’altro l’irruzione a Trieste (lo “scippo”) delle componenti più reazionarie operanti in modo organizzato a livello nazionale, indubbiamente “le migliori alleate del sistema”. Sicché il messaggio arrivato anche da lì è sembrato essere: togliamo di mezzo il “green pass” e tutto si risistemerà. Senonché il “green pass” non è soltanto un’odiosa misura discriminatoria e divisiva: è un tassello della complessiva gestione capitalistica della pandemia. E la lotta contro la gestione capitalistica della salute dei proletari e dei salariati non si può limitare alla richiesta di abolire il “green pass”. La concentrazione su questa sola rivendicazione, si voglia o no, finisce per portare acqua alla tesi di Confindustria prima maniera: tutto aperto, se poi qualcuno muore, pazienza. Che è, alla fin fine, anche la linea ferocemente perseguita dal governo Draghi – l’obbligo vaccinale per gli over-50 è un mezzo rispetto al fine, non viceversa, come argomentano certi tromboni. Non a caso si sta accompagnando, specie nelle ultime settimane, ad una versione “riduzionista” della pandemia, minimizzatrice dell’impatto della variante omicron – vedi la sortita della banda-Bassetti, fatta propria dal sottosegretario alla salute Costa e da altri esponenti di governo, che propone di edulcorare le statistiche sui nuovi positivi, cancellando dal novero gli asintomatici, e poi di vietare la pubblicazione del report giornaliero dell’ISS. Se i numeri ci danno torto, allora cambiamo i numeri. Un modo goffo e maldestro di nascondere la polvere sotto il tappeto… La verità è che governo e ideologi no-vax si contrappongono sui mezzi, ma convergono sul fine ultimo: tornare alla “normalità” liberale e liberista. Con la differenza che a dare le carte è sempre il grande capitale che, all’occorrenza, non esita a schiacciare l’ideale piccolo-borghese di una “libertà assoluta e inviolabile” (e non soltanto l’ideale) al fine di capitalizzare questa crisi a proprio vantaggio.
Le direzioni di Cgil-Cisl-Uil, accodandosi alla politica del governo Draghi centrata sul vaccino-arma-risolutiva per blindare la continuità nella produzione di profitti, e schierandosi a braccetto con Confindustria per la vaccinazione obbligatoria per tutti, hanno reso più acuta la falsa divisione tra lavoratori pro-vax/no-vax e contribuito ad occultare ogni altra questione. Colpisce che alcuni organismi sindacali e politici che avevano aderito al Patto d’azione anti-capitalista, siano stati egemonizzati da una tale prospettiva e, in nome di una malintesa “disciplina” e “unità” di classe e di aberranti identificazioni tra lavoratori non vaccinati e crumiri, abbiano lasciato che la gestione capitalistica della pandemia del governo Draghi procedesse indisturbata, accettando “green pass” e obbligo vaccinale. Colpisce almeno altrettanto che altri soggetti non di primissimo pelo siano stati egemonizzati dal negazionismo complottista, facendo proprie le tesi secondo cui non c’è nessuna pandemia, il Covid 19 non uccide, essendo “più o meno un’influenza”, e comunque è meglio lasciarlo circolare senza ostacoli (ivermectina e serena attesa) anziché contrastarlo con “liberticidi lockdown”, identificando i compiti della battaglia di classe in questa crisi pandemica con il rifiuto dei vaccini e delle norme discriminatorie che colpiscono i no vax.
Settori di proletari in lotta per l’auto-difesa della salute
Per quanto ci riguarda, rivendichiamo di essere stati e di essere pienamente autonomi da entrambi i “modelli” borghesi di contrasto della pandemia. Abbiamo impiegato le nostre limitate forze e conoscenze nella denuncia delle cause di fondo strutturali di essa, violando il silenzio imposto dal capitale globale. Abbiamo portato all’attenzione dei militanti la più avanzata critica di classe della medicina e delle strutture sanitarie partorita dalle lotte operaie degli anni ‘60. Nella primavera 2020 abbiamo affiancato la direzione del SI Cobas nel suo sforzo di organizzare nella logistica l’astensione dal lavoro per due settimane di migliaia di facchini, per imporre alle aziende misure di protezione della salute, protocolli assai più restrittivi di quelli siglati dai tre sindacati istituzionali, la chiusura di alcuni magazzini, turni differenziati, pause prolungate per il difficile uso delle mascherine, misure di distanziamento fisico – un’iniziativa che si è intrecciata con le proteste contemporanee in alcune fabbriche metalmeccaniche del centro nord. In questi scioperi operai della logistica e della metalmeccanica abbiamo visto l’embrione di una linea autonoma di classe nella pandemia, che passa per l’auto-attivazione dei proletari a difesa della propria salute, e non può ridursi alle sole misure sanitarie. Perché per i capitalisti la pandemia e l’introduzione dello stato di emergenza sono stati l’occasione per intensificare i loro attacchi a trecentosessanta gradi. Di qui il nostro impegno, a fianco del SI Cobas, per il Patto d’azione anti-capitalista e la costituzione dell’Assemblea delle lavoratrici e lavoratori combattivi con l’obiettivo di unire le forze proletarie disponibili a battersi contro l’intera gestione statale e padronale della pandemia e della crisi al di là degli steccati formali di appartenenza. Per modesti che siano stati in termini di partecipazione di massa, gli scioperi del 29 gennaio, del 18 giugno, dell’11 e 15 ottobre, hanno tenuto vive, in un contesto di pace sociale e di paralizzanti paure, la lotta e la necessità della lotta proletaria all’asse di ferro costituitosi tra padronato ed esecutivo Draghi. Lo sciopero generale di CGIL-UIL del 16 dicembre ha qualcosa a che vedere con quelle iniziative, così come lo sciopero della CGIL nei magazzini Amazon ha molto a che vedere con il precedente ciclo di lotte della logistica.
Vaccini e resistenza ai vaccini
Come detto altre volte, i vaccini hanno dimostrato la loro utilità nel limitare la letalità del virus e le ospedalizzazioni, ma si sono dimostrati inefficienti nel prevenire i contagi, specie davanti alle varianti. Il ricorso al metodo mRNA anziché alle metodologie tradizionali è stato determinato dalla necessità di trovare nel più breve tempo possibile un rimedio quale che fosse. L’amministrazione statunitense che ha lanciato la corsa forsennata ai vaccini temendo la proverbiale velocità cinese, non ha chiesto a Big Pharma un’“arma infallibile per uscire definitivamente dalla pandemia”, ma una soluzione immediata, per quanto parziale e incompleta, per tappare la falla e tornare nel più breve tempo possibile alla “normalità”, non potendosi permettere, neppure immaginare, lockdown militari “alla cinese”. Sotto questo profilo il risultato l’ha ottenuto e l’ha venduto all’intero Occidente, inclusa l’assoluta libertà delle case produttrici di imporre le proprie condizioni senza nemmeno dare le normali garanzie commerciali circa l’efficacia dei loro prodotti, blindando con un obbligo di segretezza di stampo mafioso molti passaggi dei contratti di cui stanno beneficiando alla grande.
Sennonché già affiorano grosse complicazioni. La prima è la scadenza dell’efficacia di questi sieri assai più ravvicinata di quanto promesso, il che sta costringendo a terze e a quarte dosi per rinnovare un certo grado di copertura immunitaria. E qui emerge il rischio molto pesante di produrre, con somministrazioni a breve scadenza, paralisi immunitaria anziché immunizzazione, sicché anche “esperti istituzionali” iniziano a chiedere un diverso tipo di vaccini che prevengano in modo duraturo l’infezione e la trasmissione del covid-19, e ad interrogarsi tardivamente su quelle colpe del sistema sanitario che sono state nascoste da tutte indistintamente le istituzioni dello stato.
Quanto all’esitazione/resistenza a vaccinarsi di molti proletari e anche di avanguardie di lotta che pur non essendo vaccinati, non si sono avvicinati alle parate negazioniste, riconosciamo che le loro paure e la loro “opposizione di pancia” alle imposizioni del governo sono il frutto della perdita di credibilità delle istituzioni, dell’industria dei farmaci e della medicina. Ed al contempo dobbiamo essere capaci di spiegare che una vera opposizione al governo Draghi non si costruisce intorno alla disobbedienza all’invito a vaccinarci (sono i fatti che lo stanno provando), bensì rilanciando l’iniziativa di lotta contro tutta la gestione padronale-statale della pandemia e gli enormi costi economici, di salute, di de-socializzazione, di repressione scaricati sulla classe lavoratrice.
Per sintetizzare
1. Questa crisi pandemica – reale, non simulata – ha avuto origine nelle contraddizioni esplosive del modo di produzione capitalistico, accentuando il grande caos in cui si sta da due decenni avvolgendo. Prima crisi (nella storia del capitalismo) nata sul terreno della riproduzione, la pandemia da covid-19 ha innescato la più profonda caduta della produzione dal 1945, portato in luce alcune conseguenze della catastrofe ecologica in atto, destabilizzato ulteriormente l’ordine politico mondiale, estremizzato la polarizzazione di classe. Una catena di elementi di prova in più che il sistema sociale del capitale, sempre più distruttivo e auto-distruttivo nella sua ossessione di espandersi all’infinito, non può essere riformato: va demolito.
2. Il capitalismo globale è un’inestricabile, incontrollabile giungla di aziende, banche e stati in feroce concorrenza tra loro. Ma i due “modelli” di risposta alla pandemia, il “cinese” e lo “statunitense”, pur con le loro differenze, hanno incomune l’elusione delle cause ecologiche e sistemiche del disastro, il poter porre rimedi solo parziali e provvisori al degrado dell’ecosistema e della salute dei lavoratori e delle popolazioni, il ricorso allo “stato di emergenza” per disciplinare e compattare in senso nazionalista le rispettive società. Al momento la Cina stravince il confronto. Ma le forme ultra-autoritarie di controllo (inclusa la pubblica gogna per i “reprobi”), che possono essere efficaci quando si propagano dei virus, guariscono il corpo bruciando (o accendendo) l’anima di chi subisce il trattamento. In quanto “giovane” capitalismo, poi, la Cina di Xi Jin Ping sta saccheggiando la natura e l’ambiente non meno dei capitalismi occidentali, per cui ce la sta facendo a contenere l’impatto della pandemia da covid-19, ma insieme ai suoi concorrenti sta gettando le premesse di nuove pandemie, e come loro approfitta della crisi per varare nuove misure anti-operaie.
3. Nulla di sostanziale cambierebbe ove risultasse vera l’altra ipotesi ventilata sulla genesi del covid 19: la sua fuoriuscita dal laboratorio di Wuhan o da altri laboratori di guerra biologica. Perché anche questa pista riconduce alla mostruosa mega-macchina del capitalismo globale (nel laboratorio di Wuhan cooperano interessi e specialisti militari di Cina, Francia e Stati Uniti), e chiama in causa l’intero capitale globale e le sue scientifiche fabbriche di manipolazione e di morte. Si arriva sempre a questo: il virus dei virus da combattere e stroncare è il modo di produzione capitalistico.
4. La “grande ristrutturazione” connotata dal digitale e dal “verde” che i capitalisti stanno spacciando ai quattro venti come l’uscita vincente dalla doppia crisi attuale, la nuova epoca di rispetto per la natura e il lavoro, nella misura in cui sta cominciando a prendere forma, contiene i segni inequivocabili di un nuovo, brutale saccheggio delle energie vitali della natura e del lavoro. La caccia scatenata ai metalli rari, il comando delle attività lavorative a mezzo di algoritmi, la moltiplicazione dei controlli capillari sui comportamenti umani, sono i suoi principali contrassegni.
5. Il governo Draghi è in totale linea di continuità con la gestione criminale, caotica, fallimentare della pandemia che ha caratterizzato l’intero mondo occidentale, e con il piano di furioso rilancio dei profitti a mezzo di nuove produzioni inquinanti e di una illimitata torchiatura del lavoro reso sempre più intenso, intermittente e informale. I suoi strabilianti successi sono poco più di un bluff. La sua ultima trovata, ad un tempo inutile sul piano sanitario e vessatoria, di rendere obbligatoria la vaccinazione degli over 50, serve solo a scaricare su un falso bersaglio paure, malesseri, rabbia, derivanti da fonti ben diverse dai residui recalcitranti a vaccinarsi. E per questo va denunciata e respinta.
6. La difesa della salute e della vita dei lavoratori e degli strati sociali non sfruttatori passa per la lotta senza quartiere contro un sistema sociale che non può risolvere la crisi sanitaria in quanto è il responsabile delle devastazioni ambientali e sociali (e di efferati esperimenti di guerra biologica) che sono le cause della pandemia/sindemia. In Italia tale lotta deve catalizzarsi contro l’asse Confindustria-governo-UE che si è saldato nelle misure del PNRR, e prepararsi all’eventualità che un domani, davanti al riaccendersi della crisi e/o a pretese troppo iugulatorie del capitale tedesco e francese, riprenda forza l’illusoria prospettiva dell’Italexit, l’Italia contro l’UE.
7. Anche se il movimento di classe proletario è debole, questo non vuol dire che ci resti solo la propaganda delle nostre idee. Nell’ultimo biennio una sua piccola parte, con cui siamo solidali, ha preso iniziative di lotta e di sciopero che guardano con fiducia al grosso della classe lavoratrice, sicuri che sotto i colpi incessanti del capitale nazionale e globale lo scollamento crescente tra i sindacati statizzati e la massa dei loro iscritti ci riserverà delle sorprese in positivo. E’ la linea su cui procedere.
8. Siamo stati fin dall’inizio – con i fatti – contro lo stato di emergenza, che abbiamo più volte violato, contro l’obbligo vaccinale degli stessi operatori sanitari, contro il green pass, con le nostre motivazioni di classe, senza concessioni alle ubbìe negazioniste e complottiste. Riconfermiamo in pieno questa posizione, e il nostro sostegno ai temi della piattaforma approvata dalle Assemblee di lotta dello scorso anno in materia di autodifesa della salute all’insegna del principio-guida “la salute non è una merce”, e per un servizio sanitario universale e gratuito fondato sulla prevenzione delle malattie, integrati dalle rivendicazioni dell’abolizione del green pass, dei tamponi gratuiti e della costruzione immediata di presidi sanitari territoriali. Che la pandemia prosegua in modo acuto o si trasformi in qualcosa di endemico, indipendentemente da campagne vaccinali e dagli interessi di Big Pharma, andiamo verso un’acutizzazione dello scontro di classe e tra stati a livello mondiale. A questi svolgimenti bisogna prepararsi, sapendo che la variabile determinante sarà la scesa in campo di grandi masse di sfruttati e di oppressi.
9. Lavoriamo per arrivare in primavera ad una nuova mobilitazione, ad un nuovo sciopero generale contro il governo Draghi (o l’eventuale nuovo governo), contro il PNRR e la gestione anti-proletaria di questa pandemia, contro le politiche di attacco alle condizioni operaie, i licenziamenti, l’aumento di prezzi e tariffe, la repressione delle lotte. In alternativa alle ritornanti illusioni (spacciate anche dai tribuni no-vax) di poter cambiare in modo sostanziale il corso delle cose per via parlamentare, e per demarcare il punto di vista di classe dalle inevitabili “rivolte” piccolo borghesi, che possono rafforzare la lotta dei proletari anziché deviarla su false piste, solo alla condizione di non mettersi alla loro coda.
15 gennaio
Tendenza internazionalista rivoluzionaria