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[CONTRIBUTO] L’Italia, che “ripudia la guerra”, è già in guerra! (ita – eng)

L’Italia, che “ripudia la guerra”,

è già in guerra!

(italiano – english)

Con l’insuperabile ipocrisia dei borghesi di alto rango capaci di mentire impassibili sapendo di mentire, il ministro dell’Istruzione Bianchi, in data 25 febbraio, ha inviato una circolare nella quale “invita a riflettere assieme alle scuole, alle studentesse e agli studenti, a tutto il personale sull’art 11 della Costituzione italiana: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, etc. etc., concludendo l’invito con un pistolotto pastorale : “Sia la Pace [P maiuscolo] il tema della nostra riflessione comune e del nostro ‘essere scuola’ insieme”.

Il giorno prima il governo di cui fa parte, sempre per promuovere e rafforzare la Pace, aveva messo immediatamente a disposizione della Nato, operatrice di pace ben presente nei cimiteri di tutto il mondo, altri 1.500 soldati, che potrebbero essere schierati tra Polonia e paesi baltici. E che si aggiungerebbero ai 300 su cui il ministro della difesa Lorenzo Guerini ha già dato il via libera per partecipare al Battle Group in Ungheria, “se Orban darà l’assenso. Aumenterà anche la dotazione di navi, aerei e droni, sempre in chiave di deterrenza” (la Repubblica, 25 febbraio). L’Italia di Draghi pensa anche di estendere e/o rafforzare la propria presenza in Bulgaria e Romania.

Ecco.

Se la guerra la prepara, la alimenta, la scatena l’Italia, sempre quella dell’art. 11, prende il nome di “deterrenza” – una deterrenza realizzata, magari, anche con “armi letali” (ossia? sembra un riferimento alle armi nucleari o, almeno, radioattive), che seppur per un solo istante hanno fatto sobbalzare perfino un Salvini, poi immediatamente rinsavito dopo visita al Quirinale, dove abita il bombardatore n. 1 della ex-Jugoslavia. Oppure, invece di deterrenza, si chiamerà “operazione di polizia internazionale“, missione “peacekeeping”, “air policing“, intervento “anti-terrorismo” e/o a ripristino dell’”ordine internazionale”, o addirittura missione umanitaria – le formule orwelliane non mancano.

A farle a pezzi restano i duri fatti: l’Italia dell’art. 11 della Costituzione, che “ripudia la guerra”, è già in guerra! Ed è proprio in nome di questo essere in guerra, che lo stato di emergenza è stato prorogato al 31 dicembre. Naturalmente, secondo la propaganda di regime, il “nostro” regime, non si tratta di guerra: è solo la risposta obbligata al dovere morale di “aiutare il popolo ucraino” (Draghi). Aiutarlo a fare la guerra per noi“, nell’interesse dei pescecani capitalisti e degli stati euro-occidentali, della NATO, degli Stati Uniti d’America. A fare la nostra carne da macello, per aiutarci a spostare ancora più avanti le frontiere dell’Europa che conta, l’Europa colonialista e razzista di sempre, mentre si prepara di nuovo – come nel 1939 – ad un nuovo assalto generale alla Russia.

E’ questo il naturale coronamento di decenni di ininterrotta avanzata “pacifica” verso Est, che ebbe un momento topico nella guerra NATO contro la Jugoslavia (alla cui testa ci furono D’Alema e Mattarella). Del resto non è solo nell’Est europeo che lo stato italiano è impegnato nella semina di guerre: basta osservare dove sono le sue 29 missioni militari nel mondo, e come sta crescendo esponenzialmente la sua spesa bellica (+20% in soli tre anni).

Il “no alla guerra della Russia all’Ucraina” è un vero schieramento contro la guerra solo ed esclusivamenteSOLO ED ESCLUSIVAMENTE, se è accompagnato, qui, da un’inequivocabile denuncia e lotta – senza remore e senza eccezioni – al ruolo bellicista del “nostro” paese, della UE e della NATO: il nemico è in casa “nostra”! Altrimenti è propaganda di guerra mal dissimulata.

Riprendiamo questa cartina dalla Rete ambientalista, che la commenta così:

“L’Italia è molto attiva nel campo militare sia all’interno che all’estero con le sue 29 missioni in 20 paesi, compresi gli alpini in Ucraina. Attualmente la spesa annuale è di circa 27 miliardi di euro. Il Bilancio previsionale per l’acquisto di nuovi sistemi d’arma segna un balzo del 73,6% negli ultimi tre anni.  È lampante che per “trovare i soldi” per questa enorme spesa militare, si deve tagliare da altre parti: sanità, scuola, trasporti pubblici.”

Qui si può trovare la spesa militare italiana in dettaglio:

Stando a quanto rilevato dall’Osservatorio Mil€x, il Bilancio del Ministero della Difesa è aumentato del 20% in tre anni. Nel 2021 un miliardo in più per l’acquisto di nuovi armamenti: 8,27 miliardi complessivi (record storico).

***

Italy, which “repudiates war”,

is actually already at war!

With the insurmountable hypocrisy of high-ranking bourgeois, capable of lying impassive while knowing they are lying, on February 25 the Minister of Education Bianchi sent a circular in which “he invites to reflect together with schools, students and all staff on Article 11 of the Italian Constitution: “Italy repudiates war as an instrument of offense against the freedom of other peoples and as a means of resolving international disputes “, etc., concluding the invitation with a pastoral, caramel speech: “Let Peace [capital P, pay attention] be the theme of our common reflection and of our ‘being a school’ together”.

The day before, the government to which it belongs, to promote and strengthen Peace, had immediately made available to NATO – a peacemaker well present in cemeteries all over the world – another 1,500 soldiers, who could be deployed in Poland and Baltic countries. And that would add to the 300 soldiers whom defense minister Lorenzo Guerini has already given the green light to join the Battle Group in Hungary, “if Orban gives his consent. The supply of ships, airplanes and drones will also increase, always in a line of deterrence” (la Repubblica, February 25). Draghi’s Italy is also thinking of extending and/or strengthening its presence in Bulgaria and Romania.

If Italy prepares war, feeds it, unleashes it, the very war art. 11 refers to takes the name of “deterrence” – a deterrence that could also be carried out with “lethal weapons” (What do they mean? It seems a reference to nuclear or, at least, radioactive weapons). This gave a fright to Salvini himself, albeit for a moment. He recovered very soon aftern visiting the Quirinale, where lives the bomber no. 1 of the former Yugoslavia. Or, instead of deterrence, the war will be called “police operation international”, “peacekeeping mission”, “air policing”, “anti-terrorism” intervention and / or to restore the “international order “, or even “humanitarian mission” a – Orwellian formulas are not lacking.

Hard facts tear them apart: the Italy of art. 11 of the Constitution, which “repudiates war”, is already at war! And it is precisely in the name of this being at war that the state of emergency was extended to December 31st. Of course, according to the regime’s propaganda, “our” regime is not at war: its is only the obligatory response to the moral duty of “helping the Ukrainian people” (Draghi). Meaning: helping them to wage war “for us”, in the interest of capitalist sharks and Euro-Western states, NATO, the United States of America: to make them our cannon fodder, thus helping us, the Europe that matters, i.e. the colonialist and racist Europe of ever, to advance its borders further and further East, while it prepares again, as in 1939, for a new general assault on Russia.

This is the natural culmination of decades of uninterrupted “peaceful” advance towards the East, which had a key moment in the NATO war against Yugoslavia (led by D’Alema and Mattarella). After all, it is not only in Eastern Europe that the Italian state is engaged in wreaking the havoc of war: just look at where its 29 military missions in the world are, and how its war spending is growing exponentially (+20% in just three years). “No to Russia war against Ukraine” is a true line up against war only and exclusively, ONLY AND EXCLUSIVELY, if it is accompanied, here in Italy, by an unequivocal denunciation and struggle – without hesitation, without exception – against the militarist role of “our” country, the EU and NATO: the enemy is at home! Otherwise, it is badly disguised war propaganda.


Lavoratori di tutti i paesi, uniamoci contro la guerra in Ucraina!

Mobilitiamoci contro il governo Draghi che la alimenta!

– TIR

(italiano – english)

Dopo decenni di ininterrotta espansione ad Est della Nato e, in particolare, della presenza armata statunitense; dopo che Stati Uniti ed Unione europea hanno riempito l’Ucraina di armi di ogni tipo ai confini della Russia; era nell’ordine delle cose, nella logica capitalistica di potenza, che la Russia di Putin reagisse con un’iniziativa militare.

Ed infatti stanotte la Russia di Putin ha lanciato il grosso del terzo esercito del mondo contro le forze armate ucraine, per travolgerle, arrivando – ove fosse possibile – fino a conquistare Kiev, e insediarvi un governo asservito alla Russia al posto di quello attuale asservito alle potenze occidentali. Putin ha scommesso sul non intervento militare dello schieramento NATO ed è pronto a sostenere quante sanzioni saranno imposte alla Russia, forte del suo petrolio e gas, il cui prezzo sale alle stelle, e a cui l’Europa non può rinunciare, e della sponda economica e finanziaria della Cina, che ha sconsigliato l’aggressione, ma non lascerà isolata la Russia.

Sul popolo ucraino si abbatte un uragano di distruzione e di morte, dopo che da più di trent’anni, sotto la doppia spietata morsa dell’imperialismo occidentale e del Fondo monetario da un lato, degli interessi dei clan filo-russi dall’altro, è precipitato nella miseria; una miseria alla quale 7 milioni di proletari ucraini, soprattutto donne, hanno cercato di sfuggire con l’emigrazione in Europa occidentale. Se il conflitto per Donbass e Crimea ha provocato tra i 14 mila e i 30 mila morti e 1,8 milioni di sfollati, il bilancio della guerra ora iniziata con centinaia di migliaia di uomini in armi sarà molto più luttuoso.

Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Afghanistan, Sahel, Ucraina: lo scontro tra le potenze imperialiste per la spartizione del mercato mondiale si attua con la guerra sulla pelle di milioni di proletari.

Putin vuole ridurre l’Ucraina a provincia della Russia. Nell’affermare che “l’Ucraina è una parte inalienabile della nostra storia, della nostra cultura e del nostro spazio spirituale”, le ha negato il rango di nazione, accusando i bolscevichi, e Lenin in particolare, di avere creato la repubblica Ucraina, poi federata nell’URSS, come in realtà avvenne per dare seguito alla promessa rivoluzionaria di spezzare quella “prigione dei popoli” che fu la Russia zarista.

Attribuire alla posizione e alla decisione di Putin di entrare in armi in Ucraina una qualsiasi valenza “anti-imperialista” o “socialista” è semplicemente osceno. Al contrario, esse reincarnano lo sciovinismo “grande russo” nella versione moderna dell’imperialismo militare russo riverniciato di antichi “valori spirituali” cristiano-ortodossi, sesto paese quanto ad economia a parità di potere d’acquisto (dopo la Germania), ma secondo esportatore mondiale di armi dopo gli USA.

Sul fronte bellicista opposto, le “ferme condanne” dell’avanzata delle truppe russe quale “violazione del diritto internazionale”, da parte di Biden come dei leader europei, compreso Draghi, e di Erdogan, il massacratore dei curdi, trasudano ipocrisia e cinismo. Ipocrisia, perché osano parlare di “diritti dei popoli” da salvaguardare proprio i circoli imperialisti che da trent’anni hanno occupato e devastato l’Iraq riportandolo, come promesso da Baker, “all’età della pietra”; che per vent’anni hanno occupato l’Afghanistan salvo lasciarlo più povero di prima; proprio loro che hanno truppe dislocate in tutti i continenti a sostegno dei propri interessi di sfruttamento, depredazione e dominio, e con le loro guerre hanno provocato decine di milioni di emigranti; proprio loro che, insieme a Russia, Cina, Israele e le petrolmonarchie, stanno portando alle stelle le spese militari per preparare le prossime guerre di rapina. Cinismo, perché le prime sanzioni annunciate dopo il riconoscimento delle “repubbliche ribelli” del Donbass erano ben attente a non penalizzare gli interessi dei propri capitalisti, e abbastanza irrisorie da suonare come un via libera a Putin, fino al suo passo successivo, che è arrivato rapido e su scala più grande di quanto essi avessero previsto.

La crisi ucraina permette agli Stati Uniti di serrare le fila NATO degli alleati europei che Trump aveva alienato. Biden spera con ciò anche di scombinare le velleità degli imperialismi europei di dotarsi di un esercito comune per giocare in proprio anche sul piano politico militare. Velleità finora rimaste tali per le rivalità non sopite tra le varie potenze, che già diedero luogo a due guerre mondiali.

Sulle sanzioni più pesanti a fronte dell’invasione russa dell’Ucraina si apre una partita tra potenze europee e Stati Uniti, in cui i capitalisti europei hanno solo da perdere.

L’unica sanzione di peso adottata col primo round riguarda il gasdotto Nord Stream 2, già oggetto di scontro tra gli USA e la Germania: il suo blocco è una vittoria degli USA sulla Germania e altri paesi europei compresa l’Italia, che già stanno pagando prezzi esorbitanti per il gas rispetto ai concorrenti americani e asiatici. È questo un ricorso storico: l’annessione russa della Crimea nel 2014 fu utilizzata dagli USA per far saltare il gasdotto South Stream (che vedeva l’ENI tra gli attori principali), che avrebbe dovuto portare il gas russo nei Balcani e in Italia bypassando a sud l’Ucraina. Gli Stati Uniti vogliono impedire l’ampliamento della dipendenza energetica europea dalla Russia, che favorirebbe il consolidarsi di legami politici alternativi a quelli atlantici. Ma il mondo è rotondo, e se la Russia deve ridurre i legami con l’Europa, stringerà ulteriormente quelli con la Cina, rafforzando la potenza che maggiormente minaccia il predominio americano. Non è una bizzarria che Donald Trump abbia lodato come geniali e astute le mosse di Putin; il suo ragionamento sembra essere: meglio concedere alla Russia un buon boccone in Ucraina, che spingerla tra le braccia della Cina.

In questo mare in tempesta l’imperialismo italiano, come quello tedesco, fatica a conciliare la fedeltà atlantica e i rapporti con la Russia. Negli anni passati Roma ha fatto tutto il possibile per alimentare il nazionalismo e l’avventurismo ucraino, e incentivare i nuovi banderisti. il ministro della Difesa Guerini si è detto pronto ad inviare altri mille soldati ai confini orientali della NATO, in aggiunta a quelli già presenti in Lettonia e Romania, con cacciabombardieri. Dunque: l’Italia ha dato e sta dando tutto il suo contributo all’ulteriore accensione delle tensioni belliche da parte della Nato. Ma nello stesso tempo, è un classico comportamento dei capitalisti italiani, manovra dietro le quinte per cercare di ridurre i danni di questa guerra che ha contribuito attivamente a provocare. Perché in caso di più dure sanzioni finanziarie, le banche italiane sono quelle che rischiano maggiormente, essendo esposte verso il sistema finanziario russo per 25,3 miliardi di dollari (come la Francia, ma quasi il doppio degli USA e il triplo della Germania). E ai malumori degli industriali per l’aumento di elettricità e gas fa eco non solo Salvini che ha risfoderato le simpatie putiniane affermando “speriamo che l’Italia non sia l’agnello sacrificale”, ma anche lo stesso Draghi l’amerikano, attaccato dal Wall Street Journal perché ha detto che le sanzioni dovranno toccare settori limitati, ma non l’energia.

La nuova guerra in Ucraina è una scossa tellurica che segnala la crisi degli equilibri mondiali, col declino americano a fronte dell’ascesa cinese – e, al di là di questo, segna l’avvitamento inarrestabile della più grande crisi della storia del capitalismo. Altre scosse di questo tipo seguiranno perché la guerra è il modo con cui i predoni imperialisti ridefiniscono le sfere di influenza quando non trovano un accordo. E avere influenza su una regione significa potersi appropriare del prodotto del lavoro dei proletari di quella regione e delle sue ricchezze naturali. Sfruttamento, saccheggio e guerra sono facce della stessa realtà.

Noi internazionalisti rivoluzionari siamo contro la loro guerra così come contro le loro sanzioni, che sono un’altra forma di guerra e non servono certo a fermare la guerra, e che pure saranno pagate dai proletari, con l’imposizione di nuovi sacrifici, già in essere con il caro energia che taglia i salari, e con altri che si prospettano nei mesi e anni a venire (già oggi il prezzo del grano ha subito un forte balzo). Questa nuova guerra non potrà che alimentare, in nome dei “superiori” interessi della “nazione” e della “pace”, il massacro sociale e le disuguaglianze che sono sotto i nostri occhi.

L’opposizione alla guerra è inscindibile dalla opposizione di classe dei lavoratori ai governi che si armano per spartirsi brutalmente il mercato mondiale. Contro i governi occidentali che con le loro politiche belliciste hanno creato tutte le condizioni perché questa guerra divenisse inevitabile, e contro la Russia di Putin che l’ha iniziata.

Mentre esprimiamo la nostra piena solidarietà ai giovani che in Russia manifestano contro la guerra nonostante migliaia di arresti, per i lavoratori italiani il “nemico” è innanzitutto in “casa nostra”: è il governo dell’imperialismo italiano, parte attiva dello schieramento NATO come hanno rivendicato Draghi, Mattarella & Co.:

  • NO all’invio di altri soldati verso l’Europa orientale! Ritiro di tutte le truppe italiane all’estero!
  • NO alla NATO e all’ipotesi di esercito europeo, strumenti di oppressione e di morte.
  • Azzeramento delle spese militari, aumentate del 20% in tre anni, e trasferimento integrale di quelle risorse alla spesa per sanità, istruzione, pensioni!

La nostra parola d’ordine è: guerra alla guerra! La porteremo nelle manifestazioni che stanno cominciando a formarsi e nella giornata dell’8 marzo, in strettissima solidarietà con le lavoratrici e i lavoratori costretti in questi anni ad emigrare in massa dall’Ucraina e dai paesi dell’Est, stretti nella morsa degli appetiti imperialisti.

Unione dei lavoratori di tutti i paesi contro i rispettivi governi, per fermare la guerra del capitale in Ucraina e ovunque essa già ora impazza (dall’Africa occidentale allo Yemen) e rilanciare, anche attraverso la lotta contro le guerre e il militarismo, la prospettiva della rivoluzione sociale anti-capitalista, per una società senza sfruttamento e senza guerre fratricide!

24 febbraio

Tendenza internazionalista rivoluzionaria – TIR


Workers of all countries, unite against the war in Ukraine!

Mobilize against Draghi’s government that fuels it!

– TIR

After decades of uninterrupted NATO eastward expansion and, in particular, of the United States armed presence; after the United States and European Union filled Ukraine with weapons of all kinds on Russia’s borders; it was in the order of things, in the capitalist logic of power, for Putin’s Russia to react with a military initiative.

And, in fact, last night Putin’s Russia launched the bulk of the world’s third largest army against the Ukrainian armed forces, to overwhelm them, going so far – if possible – as to take over Kiev, and install a government subservient to Russia in place of the current one subservient to the Western powers. Putin has bet on the non-military intervention of the NATO forces and is ready to withstand as many sanctions as might be imposed on Russia, on the strength of its oil and gas, the price of which is soaring and which Europe cannot do without, and of the economic and financial backing of China, which has advised against aggression, but will not allow Russia to be isolated.

A hurricane of destruction and death is coming down on the Ukrainian people, after over thirty years of being plunged into misery under the double stranglehold of Western imperialism and the Monetary Fund on the one hand, and pro-Russian clan interests on the other; a misery from which 7 million Ukrainian proletarians, mainly women, have tried to escape by emigrating to Western Europe. If the conflict over Donbass and Crimea has caused between 14,000 and 30,000 deaths and 1.8 million displaced persons, the toll of the war that has now begun with hundreds of thousands of men in arms will be much more mournful.

Yugoslavia, Iraq, Libya, Syria, Afghanistan, Sahel, Ukraine: the clash between the imperialist powers over the partition of the world market is being carried out with war on the skin of millions of proletarians.

Putin wants to reduce Ukraine to a province of Russia. In stating that “Ukraine is an inalienable part of our history, our culture and our spiritual space”, he denied it the status of a nation, accusing the Bolsheviks, and Lenin in particular, of creating the Ukrainian republic, which was then federated into the USSR, as was actually done in order to fulfil the revolutionary promise to break the “prison of the peoples” that was Tsarist Russia.

To attribute any ‘anti-imperialist’ or ‘socialist’ value to Putin’s stance and decision to go into arms in Ukraine is simply obscene. On the contrary, they epitomise ‘big Russian’ chauvinism in the modern version of Russian military imperialism re-varnished with ancient Christian Orthodox ‘spiritual values’, the sixth largest economy in purchasing power parity (after Germany), but the second largest arms exporter in the world after the USA.

On the opposite belligerent front, the “firm condemnations” of the advance of Russian troops as a “violation of international law”, by Biden as well as by European leaders, including Draghi, and Erdogan, the slaughterer of the Kurds, exude hypocrisy and cynicism. Hypocrisy, because they dare to speak of ‘peoples’ rights’ to be safeguarded by the very imperialist circles that for thirty years have occupied and devastated Iraq, thereby taking it back, as Baker promised, to ‘the stone age’; that for twenty years have occupied Afghanistan, only to make it poorer than before; the very ones who have troops stationed on every continent to support their own interests of exploitation, depredation and domination, and whose wars have caused tens of millions of emigrants; the very ones who, together with Russia, China, Israel and the petro-monarchies, are driving up military spending to prepare for the next wars of robbery. Cynicism, because the first sanctions announced after the recognition of the ‘rebel republics’ of the Donbass were very careful not to penalise the interests of their own capitalists, and were negligible enough to sound like a green light to Putin, up to the next step, which came swiftly and on a larger scale than they had foreseen.

The Ukrainian crisis has enabled the United States to tighten the NATO ranks of the European allies that Trump had been alienating. Biden also hopes that this will thwart the European imperialists’ ambitions to create a common army and play on their own also in terms of military policy. These ambitions have so far remained as such because of the unresolved rivalries between the various powers, which have already led to two world wars.

On the issue of heavier sanctions against the Russian invasion of Ukraine, a game is being played between the European powers and the United States, in which the European capitalists have only to lose.

The only weighty sanction adopted with the first round is on the Nord Stream 2 pipeline, already a subject of confrontation between the US and Germany: its blockage is a victory for the US over Germany and other European countries including Italy, which are already paying exorbitant prices for gas compared to American and Asian competitors. This is a historical recourse: Russia’s annexation of Crimea in 2014 was used by the US to blow up the South Stream pipeline (with ENI among the key players), which was supposed to bring Russian gas to the Balkans and Italy by bypassing Ukraine to the South. The United States want to prevent the widening of European energy

dependence on Russia, which would favour the consolidation of alternative political ties to those with the Atlantic. But the world is round, and if Russia has to reduce its ties with Europe, it will further tighten those with China, strengthening the power that most threatens American dominance. It is no oddity that Donald Trump has praised Putin’s moves as brilliant and shrewd; his rationale seems to be: better to give Russia a good bite in Ukraine, than to push it into the arms of China.

In this stormy sea, Italian imperialism, like German imperialism, is struggling to reconcile Atlantic loyalty and relations with Russia. In the past years Rome has done everything possible to feed Ukrainian nationalism and adventurism, and to encourage the new banderistas; Defence Minister Guerini said he was ready to send another thousand soldiers to NATO’s eastern borders, in addition to those already present in Latvia and Romania, with fighter-bombers. So: Italy has given and is giving its full contribution to further inflaming NATO war tensions. But at the same time, it is a classic behaviour of Italian capitalists, manoeuvring behind the scenes to try to reduce the damage of this war that it has actively helped to cause. Because in the event of harsher financial sanctions, Italian banks are the ones at greatest risk, being exposed to the Russian financial system to the tune of $25.3 billion (like France, but almost twice as much as the US and three times as much as Germany). And the industrialists’ discontent over the increase in electricity and gas is echoed not only by Salvini, who has rekindled his Putin sympathies by stating “let’s hope Italy will not be the sacrificial lamb”, but also by Draghi the Amerikan, who was attacked by the Wall Street Journal because he said that the sanctions will have to touch limited sectors, and not energy.

The new war in Ukraine is a telluric shake signalling the crisis of world balance, with American decline in the face of Chinese rise – and, beyond that, it marks the unstoppable spiralling of the greatest crisis in the history of capitalism. Other such shocks will follow because war is the way imperialist marauders reshape spheres of influence when they cannot agree. And having influence over a region means being able to appropriate the labour product of the proletarians of that region and its natural wealth. Exploitation, plunder and war are faces of the same reality.

We as revolutionary internationalists are against their war as well as against their sanctions, which are another form of war and will certainly not serve to stop the war, and which will also be paid by the proletariat, with the imposition of new sacrifices, already in place with the high cost of energy that cuts wages, and with others that are expected in the months and years to come (already today the price of wheat has undergone a sharp jump). This new war can only fuel, in the name of the “superior” interests of the “nation” and “peace”, the social massacre and inequalities that are before our eyes.

Opposition to the war is inseparably linked to the class opposition of the workers to governments arming themselves in order to brutally divide up the world market. Against the Western governments whose belligerent policies have created all the conditions for this war to become inevitable, and against Putin’s Russia which started it.

While expressing our full solidarity with the young people in Russia who are demonstrating against the war despite thousands of arrests, for Italian workers the “enemy” is first of all in “our house”: it is the government of Italian imperialism, an active part of the NATO deployment as claimed by Draghi, Mattarella & Co:

  • NO to sending more soldiers to Eastern Europe! Withdrawal of all Italian troops abroad!
  • NO to NATO and the construction of a European army, instruments of oppression and death.
  • Zeroing military spending, which has increased by 20% in three years, and transferring all those resources to healthcare, education and pensions!

Our watchword is: war on war! We will bring it to the demonstrations that are starting to take place and on 8 March, in close solidarity with the workers forced to emigrate en masse in recent years from Ukraine and the countries of the East, which are in the grip of imperialist appetites.

Union of workers from all countries against their governments, to stop the war of capital in Ukraine and wherever it is already raging (from West Africa to Yemen) and to give new impetus, also through the fight against wars and militarism, to the prospect of anti-capitalist social revolution, for a society without exploitation and fratricidal wars!

Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria – TIR

Internationalist Revolutionary Tendency