Un primo maggio più che mai internazionalista
contro le guerre del capitale
(ita – eng – per la versione عربى clicca qui)
La guerra tra NATO e Russia in Ucraina, sulla pelle e la vita dei lavoratori ucraini (e russi), sta sempre più intensificandosi e incancrenendosi per effetto della volontà dell’amministrazione Biden di logorare la Russia e spezzare i legami tra Russia e Unione europea.
Bisogna prenderne atto. E dare vita al massimo sforzo per denunciare questo corso delle cose dagli sviluppi imprevedibili, mettendo in luce che una sola forza può fermarlo: la massiccia e determinata mobilitazione degli sfruttati al grido di “guerra alla guerra” di Putin, di Biden e dell’Unione europea.
Il primo passo, qui, dev’essere la scesa in campo contro il governo Draghi che, da fedele esecutore dei piani bellici della NATO, ha portato l’Italia in guerra con le sanzioni contro la Russia, l’invio di armi a Zelenski, la messa in azione del suo sistema di droni, una campagna russofobica sguaiata e delirante. E che per sostenere questa scelta, ha proclamato la necessità di una economia di guerra, lacrime e sangue per quanti vivono di lavoro salariato – com’è già tangibile nella perdita del potere d’acquisto dei salari davanti al carovita e nella repressione di ogni piccolo focolaio di conflittualità e perfino di dissenso.
Il clima di mobilitazione di guerra contro il “nemico esterno” sta spingendo all’estremo l’arroganza tipica dei capitalisti. Il presidente di Confindustria Bonomi pretende di promuovere i padroni a “eroi civili” a cui, in quanto eroi (!), tutto dovrebbe essere consentito: sfruttare, speculare, intascare sussidi di stato, non pagare tasse, imporre contratti pirata, pretendere rimborsi per i “danni subìti dagli scioperi”, fare controlli asfissianti sui dipendenti, avere il diritto intoccabile di dire no agli aumenti salariali e alle riduzioni dell’orario di lavoro.
La demagogia sulla libertà e la democrazia che caratterizzerebbero le società occidentali di fronte alle autocrazie orientali, riesce sempre meno a nascondere che è in atto un brutale accentramento dei poteri e la militarizzazione della vita sociale, in continuità con quanto è avvenuto con l’emergenza pandemica dell’ultimo biennio. La nuova emergenza bellica, oltre a gonfiare a dismisura la spesa bellica, si presta anche a far dimenticare i disastri di una gestione capitalistica della pandemia caotica, criminale, fallimentare – il capitalismo delle emergenze permanenti…
Tuttavia, nonostante l’offensiva bellicista in atto sostenuta da frotte di pagliacci mediatici che si sono calati l’elmetto sugli occhi, la grande maggioranza della popolazione resta contraria alla guerra in Ucraina – in Italia e (forse di più ancora) nel resto del mondo. Contraria all’illimitato invio di nuove armi imposto da Biden e dalla presidente dell’UE von der Leyen, e prontamente accettato dal governo Draghi, che può avere un unico effetto: prolungare a tempo indefinito la guerra e il martirio delle popolazioni ucraine, sia di quelle filo-occidentali che di quelle filo-russe, portare la guerra in Russia innescando in questo modo una dinamica militare sempre meno controllabile. “Aiutare gli ucraini a vincere” è una formula cinica per dire quel che non si può dire apertamente: “mandare gli ucraini a morire per noi (noi Stati Uniti, Unione europea), e consentirci così di annetterci definitivamente il loro paese, e da lì proseguire la marcia verso la Russia e oltre”. Indipendenza e autodeterminazione dell’Ucraina!? Ma dai!
Noi siamo stati e siamo fermamente contro l’invasione russa dell’Ucraina e dalla parte del popolo ucraino di tutte le nazionalità e oblast’, perché, pur prendendo a pretesto fatti veri (lo sfondamento a Est della NATO, la trasformazione dell’Ucraina in una base NATO, il martellamento delle popolazioni del Donbass da parte dell’esercito e di milizie di stampo nazistoide), la Russia di Putin persegue finalità di dominio e di sfruttamento, e non certo di liberazione dei lavoratori e dei popoli oppressi. Basti vedere come hanno vissuto dal 2014 ad oggi i minatori e gli altri proletari del Donbass nelle repubbliche “popolari” filorusse, sottratte al potere reazionario di Kiev ma tuttora sottoposte a quello parassitario degli ‘oligarchi’ capitalisti; o avere a mente le occupazioni altamente “liberatorie” di Afghanistan, Cecenia, Siria…
La Russia capitalista di Putin, per quanto sia odiata nel mondo – comprensibilmente – assai meno dell’odiatissimo imperialismo statunitense e dei suoi soci in affari occidentali, i colonialisti di sempre, non lavora per noi. Oltre a produrre distruzione e morte in Ucraina, la sua campagna di guerra sta infatti spargendo i virus dello sciovinismo grande-russo e del nazionalismo anti-russo, che sono altrettanto letali – per il futuro dei proletari di tutti i paesi – del covid 19 e delle bombe.
Ecco perché è fuorviante la contesa su chi è l’aggressore e chi l’aggredito in questa guerra. Questa guerra non è un avvenimento a sé. E’ l’ultimo atto di una catena di eventi finanziari, economici, sanitari, climatici, politici, militari, che compongono il gigantesco caos in cui il capitalismo globale sta precipitando e ci sta precipitando dall’inizio del XXI secolo. Un caos che sta scatenando ogni genere di conflitto inter-capitalistico e nel quale, sebbene coperte da omertoso silenzio, sono in corso altre terribili guerre – due per tutte: la guerra che l’Arabia saudita conduce nello Yemen e quella della Turchia di Erdogan contro i curdi, per non parlare dell’interminabile guerra dello stato di Israele ai palestinesi.
Se dalla guerra in Ucraina alziamo lo sguardo alla crisi complessiva del sistema capitalistico, allora risulterà chiaro che l’aggressione alle nostre vite, alle nostre libertà, alla nostra salute, al nostro futuro, al futuro della specie, viene, in ultima analisi, dal capitalismo globale in tutte le sue frazioni, si tratti di frazioni dominanti o no.
E’ questa la potenza impersonale, feroce, distruttiva e per certi versi auto-distruttiva che ci sta aggredendo da tutte le latitudini e le longitudini, da cieloterra e mare. I Biden, i Draghi, i Putin, i Zelenski non sono altro che funzionari di questa potenza che, come un vampiro, vive del nostro sangue, a New York, a Roma, a Mosca, a Kiev, ovunque ci sia capitalismo.
Gli aggrediti siamo noi: i proletari e le proletarie di tutte le nazionalità. Aggrediti in modalità e misure, ovviamente, molto differenziate: in Italia i salari hanno perso il 5% del loro valore in pochi giorni, ma in Palestina, Libano, Tunisia e mezza Africa nera la fame bussa alle porte di milioni e milioni di nostri compagni/e di classe.
Il capitale globale che ci sta attaccando e ci toglie il respiro, è una potenza prodotta dal nostro lavoro che ci sovrasta e si ritorcerà sempre contro di noi fino a quando non ci decideremo ad affrontarla ed abbatterla, per passare ad una nuova forma di esistenza fondata sulla cooperazione sociale universale, senza sfruttamento, senza predazione della natura, senza classi, senza oppressione di genere, senza guerre per il predominio nel mondo.
Con l’ininterrotta catena di crisi e di guerre degli ultimi vent’anni ci stiamo avvicinando ad un aut-aut storico in cui il corso stesso degli avvenimenti brucerà tutte le illusioni e le vie “intermedie”.
La prova a cui siamo chiamati qui ed ora è lavorare con la massima intensità e decisione per preparare una mobilitazione di massa contro la guerra in Ucraina, a cominciare dallo sciopero indetto da quasi tutto il sindacalismo di base per il 20 maggio prossimo – affinché l’appello allo sciopero non sia un appello formale che resta sulla carta. Si tratta poi di tessere, per quel che è possibile, relazioni con quei gruppi di proletari che in Russia e in Ucraina, nelle condizioni più difficili, stanno sforzandosi di tenere un orientamento classista e internazionalista, e con quanti internazionalmente si stanno opponendo alla guerra da posizioni vicine alle nostre.
Pur se da posizioni di estrema minoranza, cogliamo una preoccupazione di massa sul fatto che la guerra, invece di essere una soluzione, sarà una fonte di tragedie e di grossi problemi. Su questa preoccupazione e sul rifiuto di pagare i pesanti costi del riarmo italiano ed europeo, si può e si deve fare leva. Certi che, quando meno ce l’aspettiamo, ci sarà una riattivizzazione della massa che oggi pare dormiente, e questa attivizzazione – e solo essa – cambierà radicalmente la scena.
Il Primo Maggio è stato, per tradizione, il giorno dell’internazionalismo proletario, quanto meno come ideale da perseguire. Questo Primo Maggio dev’essere più che mai all’insegna dell’internazionalismo: proletari di tutti i paesi uniti contro le guerre del capitale! Il futuro non appartiene all’imperialismo, alla guerra, al nazionalismo. Non appartiene ai Draghi, ai Macron, ai Biden, ai Putin, ai Xi Jin Ping. Appartiene alla rivoluzione sociale internazionale del proletariato e degli oppressi.
1° maggio 2022, Tendenza internazionalista rivoluzionaria
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A first of May more internationalist than ever,
proletarians of the world united against the wars of capital
(for the Arabic version, click here)
The war between NATO and Russia in Ukraine, on the skin and the lives of Ukrainian (and Russian) workers, is increasingly intensifying and worsening as a result of the Biden administration’s desire to wear down Russia and break the ties between Russia and the European Union. It must be acknowledged. And to give life to the maximum effort to denounce this course of things with unpredictable developments, highlighting that only one force can stop it: the massive and determined mobilization of the exploited with the cry “war on war” of Putin, Biden and the European Union. The first step here must be the taking to the field against the Draghi government which, as a faithful executor of NATO’s war plans, has brought Italy to war with sanctions against Russia, the sending of weapons to Zelenski, the putting into action of its drone system, a coarse and delirious russophobic campaign. And in order to support this choice, he proclaimed the need for an economy of war, tears and blood for salaried workers – as is already tangible in the loss of the purchasing power of wages and in the repression of every little one hotbed of conflict, and even dissent.
The climate of mobilization of war against the “external enemy” is pushing the arrogance typical of capitalists to the extreme. The president of Confindustria Bonomi claims to promote bosses to “civil heroes” who, as heroes (!), should be allowed everything: exploit, speculate, receive pocket state subsidies, pay no taxes, impose pirate contracts, demand reimbursements for the “damages suffered by strikes”, carry out suffocating checks on employees, have the untouchable right to say no to wage increases and reductions in working hours. The demagogy on freedom and democracy that would characterize Western societies in the face of Eastern autocracies, is less and less able to hide the fact that a brutal centralization of power is taking place and the militarization of social life, in continuity with what it occurred with the pandemic emergency of the last two years. The new war emergency, in addition to inflating war spending, also lends itself well to making us forget the disasters of the capitalist management of the chaotic, criminal and bankruptcy pandemic – the capitalism of permanent emergencies …
However, despite the ongoing warlike offensive supported by swarms of media clowns who have pulled their helmets over their eyes, in Italy and (perhaps more so) in the rest of the world the vast majority of the population remains opposed to the war between NATO and Russia in Ukraine. It is against the unlimited dispatch of new weapons imposed by Biden and the EU President von der Leyen, and readily accepted by the Draghi government, which can have a single effect: to prolong indefinitely the war and martyrdom of Ukrainian populations, both pro-Western and pro-Russian, to bring the war into Russia, thus triggering an ever less controllable military dynamic. “Helping the Ukrainians to win” is a cynical formula to say what cannot be said openly: “to send the Ukrainians to die for us (us: United States, European Union), and thus allow us to definitively annex their country, and from there to continue towards Russia and beyond”. Independence and self-determination of Ukraine!? Come on! We have been and are firmly against the Russian invasion of Ukraine and on the side of the Ukrainian people of all nationalities and oblasts, because, while taking real facts as a pretext (the breakthrough of NATO to the East, the transformation of Ukraine into a NATO base, the hammering of the populations of Donbass by the army and Nazi-like militias), Putin’s Russia pursues purposes of domination and exploitation, and certainly not of liberation of the workers and oppressed peoples. Suffice it to see how the miners and other proletarians of the Donbass have lived since 2014 in the pro-Russian “popular” republics, removed from the reactionary power of Kiev, but still subjected to the parasitic power of the capitalist ‘oligarchs’; or have in mind the highly “liberating” occupations of Afghanistan, Chechnya, Syria …
Putin’s capitalist Russia, although it is hated in the world – understandably – far less than the most hated US imperialism and its Western business partners, the colonialists of all time, does not work for us. In addition to producing destruction and death in Ukraine, its war campaign is in fact spreading the viruses of great-Russian chauvinism and anti-Russian nationalism, which are just as lethal – for the future of proletarians of all countries – as covid 19 and bombs. This is why the dispute over who is the aggressor and who is the attacked in this war is misleading. This war is not an event in itself. It is the latest act in a chain of financial, economic, health, climatic, political, military events that make up the gigantic chaos into which global capitalism has been precipitating and plunging us since the beginning of the 21st century. A chaos that is unleashing all kinds of inter-capitalist conflicts and in which, although covered by silence, other terrible wars are underway – two for all: the war that Saudi Arabia wages in Yemen and that of Erdogan’s Turkey against the Kurds, not to mention the interminable war of the state of Israel against the Palestinians … If from the war in Ukraine we look up at the overall crisis of the capitalist system, then it will be clear that the aggression on our lives, our freedoms, our health, our future, the future of the species, is, ultimately, by global capitalism in all its fractions, whether they are dominant fractions or not.
This is the impersonal, ferocious, destructive and in some ways self-destructive power that is attacking us from all latitudes and longitudes, from heaven, earth and sea. The Bidens, the Draghi, the Putins, the Zelenskis are nothing more than officials of this power which, like a vampire, lives on our blood, in New York, Rome, Moscow, Kiev, wherever there is capitalism. We are the attacked: the proletarians of all nationalities. Attacked, obviously, in very differentiated measures. Here, wages have lost 5% of their value in a few days, while in Palestine, Lebanon, Tunisia and half black Africa, hunger knocks on the doors of millions and millions of our classmates.
The global capital that is attacking us and taking our breath away, is a power produced by our work that dominates us and will always turn against us until we decide to face it and break it down, to move on to a new form of existence founded on universal social cooperation, without exploitation, without predation of nature, without classes, without gender oppression, without wars for world dominance.
With the uninterrupted chain of crises and wars of the last twenty years we are approaching a historical either-or in which all illusions and “intermediate” ways will be burned by the course of events. The test to which we are called here and now is to work with the utmost intensity and determination to prepare a mass mobilization against the war in Ukraine, starting with the strike called by almost all of the grassroots trade unionism for next May 20 – so that the appeal to strike is not a formal appeal that remains on paper. It is then a question of weaving, as far as possible, relations with those groups of proletarians who in Russia and Ukraine, in the most difficult conditions, are striving to maintain a classist and internationalist orientation, and with those internationally who are opposing the war following a political line close to ours. Even if from positions of the extreme minority, we see a mass concern that war, instead of being a solution, will be a source of tragedy and major problems. This concern and the refusal to pay the heavy costs of Italian and European rearmament can and must be leveraged. Certain that, when we least expect it, there will be a reactivation of the mass that today seems dormant, and this activation – and only it – will radically change the scene. May Day has traditionally been the day of proletarian internationalism, at least as an ideal to be pursued. This May Day must be more than ever in the name of internationalism: proletarians of all countries united against the wars of capital! The future does not belong to imperialism, to war, to nationalism. It does not belong to the Draghi, the Macrons, the Bidens, the Putins, the Xi Jin Ping. It belongs to the international social revolution of the proletariat and the oppressed.
Internationalist Revolutionary Tendency
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