Riceviamo e pubblichiamo dalle compagne del Comitato 23 settembre, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):
Il maestro e la scolara.
Cocomeri turchi e Meloni italiani
L’infame messa in rete dello stupro di Piacenza da parte dell’astro nascente della politica italiana non è stata una svista o una scivolata di cattivo gusto, ma un’abile anche se non nuova mossa politica che fa leva sulla paura delle donne, e offre un’ulteriore possibilità alle manifestazioni ipocrite di stigmatizzazione della violenza, senza che nulla venga fatto per affrontarne le cause profonde. Il vero scopo è evidentemente un altro, quello di lanciare gli uni contro gli altri gli strati più deboli della società, i più sfruttati e oppressi dal capitalismo anche attraverso il sessismo e il razzismo, e indicare alle donne come causa dell’oppressione e della violenza gli immigrati, aggiungendo alle già tante giustificazioni della loro emarginazione e del loro supersfruttamento la loro “natura” di predatori.
In realtà ogni e qualunque analisi della violenza sulle donne ormai ha accertato che essa proviene per la stragrande maggioranza dei casi dall’interno della famiglia, e molto spesso da ex compagni incapaci di fare i conti con il fallimento del rapporto coniugale, assumendosene la parte di responsabilità. Quella famiglia accanitamente riproposta dall’internazionale oscurantista che si riunì a Verona qualche anno fa, come struttura fondante della stabilità sociale, una stabilità che ha i suoi fondamenti nella divisione del lavoro e nella gerarchia tutt’ora presente al suo interno, nell’oppressione, e nella possibilità che offre al sistema di supersfruttare le donne.
Nella propaganda, quella fatta bene, i dati di fatto non contano nulla: l’essenziale è trovare facili bersagli per dirottare l’insoddisfazione, la precarietà, la paura per la propria incolumità, tanto presente anche se non sempre manifestata nella vita di tante donne, e trasversale rispetto alla loro posizione sociale, contro altri settori della classe, i più vulnerabili e sfruttati, a loro volta oggetto di sistematiche discriminazioni. Facili bersagli, ma al tempo stesso, pericolo costante di per la possibile convergenza nelle lotte degli uni e delle altre, da scongiurare in ogni modo.
Una storia non nuova, ma che nell’attuale campagna elettorale riprende vigore, in vista della tempesta perfetta che si sta per abbattere sulla vita quotidiana di grandi masse di donne e di lavoratori, e di cui, tra lavoratrici e lavoratori stessi sembra non si voglia prendere atto. Di fronte alla povertà incombente per molti, il futuro governo delle “destre” si mette al riparo indicando i soliti responsabili, che, ormai da decenni, sarebbero gli immigrati, ora di questa ora di quella nazionalità (arabi, cinesi, mussulmani ecc).
Ma non è tutta farina del sacco dell’indomita scolaretta che sogna i palazzi del potere.
Con misure di ben altra portata in Turchia, un accreditato rappresentante della destra oscurantista internazionale, Erdogan, che ben si può considerare tra i maestri della Meloni, è al momento alla guida di un simile attacco forsennato (ma su più larga scala) agli immigrati e alle donne. La campagna contro gli immigrati che “disturbano e molestano le donne nei luoghi pubblici” è dovuta all’impellente problema, non risolvibile nonostante le valanghe di denaro ricevute dagli stati europei a tal fine, degli oltre quattro milioni di immigrati (di cui la stragrande maggioranza siriani) che non trovano lavoro e vanno presentati come la causa della crisi che incombe sulla società turca. Con una sconfinata faccia tosta, il governo turco si è qualche tempo fa ritirato dalla convenzione di Istanbul, che almeno sul piano formale impegnava gli stati ad una azione di tutela delle donne contro la violenza, in un paese dove i femminicidi sono più del doppio che in Italia e le denunce di violenze non ricevono alcun ascolto da parte delle autorità preposte.
Le donne turche sanno che devono fare da sole: e lo hanno fatto. Più di 700 donne e dozzine di associazioni femminili hanno firmato una forte denuncia politica di questa ennesima manovra di contrapposizione tra sfruttati, dal titolo “La solidarietà delle donne non ha confini”. In esso si legge: “Mentre la guerra, la distruzione e i massacri sono messi in atto per seguire sogni imperialisti, i veri colpevoli della violenza maschile, della disoccupazione e della crisi economica sono tenuti nascosti”. Una denuncia che non si limita alla questione specifica, ma si allarga alle grandi questioni che agitano il mondo attuale, e si accompagna ai vasti movimenti contro il carovita che sono avvenuti nel paese, che si riallacciano alle mobilitazioni internazionali sullo stesso tema, in cui le donne sono state protagoniste.
Condividiamo la denuncia del tentativo di manipolare la condizione delle donne, che tutto hanno da perdere dal nazionalismo, dal militarismo e dalla retorica “pro famiglia” e “pro life” che nega l’autodeterminazione delle donne, consapevoli che solo un vasto movimento di lotta che comprenda tra i suoi obiettivi le specificità derivanti dal ruolo delle donne nel sistema capitalistico globale potrà portare alla liberazione di tutti.
E’ per la costruzione di questo movimento che dobbiamo mobilitarci e combattere!
23 agosto
Comitato 23 settembre