È uscito oggi in Germania in nuovo numero della popolare rivista “Junge Welt”, con un interessante articolo rispetto al S.I. Cobas Piacenza e alla sua persecuzione giudiziaria.
In tutto il mondo si allarga la solidarietà e lo sdegno per quanto avviene in termini di repressione nel nostro paese e nella nostra città.
Di seguito la traduzione integrale.
S.I. Cobas Piacenza
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In Italia si usa la parola “teorema” per descrivere le fantasiose ipotesi a cui spesso ricorrono i pubblici ministeri per sostenere i propri azzardati capi di accusa.
Nella maggior parte dei casi non vengono accettati dai giudici.
Nel frattempo, però, fanno molti danni: interferiscono con la vita personale e la libertà degli indagati e sottraggono tempo e risorse che dovrebbero essere dedicate al lavoro sindacale.
Soprattutto, diventano uno strumento di diffamazione da parte dei media: alla fine di luglio, i leader e gli attivisti del S.I. Cobas e dei sindacati di base Usb sono stati dipinti per giorni come ladri che hanno usato il sindacato per scopi personali, cosa che non veniva menzionata nemmeno nell’accusa stessa, anche perché mancavano le prove per sostenerlo.
Il 19 luglio, quattro sindacalisti del S.I. Cobas, tra cui il coordinatore nazionale Aldo Milani, e due sindacalisti dell’Usb sono stati messi agli arresti domiciliari.
Ad altri due sono state applicate altre misure cautelari.
Le accuse contro i funzionari di questi sindacati molto attivi nel settore della logistica, sono state di associazione a delinquere finalizzata alla violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio durante gli scioperi tra il 2014 e il 2021.
Ne sono seguiti immediatamente Sabato 23 luglio, 3.000 persone hanno partecipato a un corteo a Piacenza, la città in cui è iniziata l’indagine.
Molte organizzazioni politiche e sindacali hanno compreso quanto scritto dal S.I. Cobas in un volantino di comunicazione: “Siamo di fronte a un attacco politico su larga scala al diritto di sciopero, volto soprattutto a vietare la contrattazione collettiva a livello aziendale e quindi a estromettere definitivamente i sindacati dai luoghi di lavoro”.
Il 5 agosto il tribunale ha rilasciato gli indagati.
Il 14 settembre sono state pubblicate le motivazioni della decisione.
I giudici hanno confermato ciò che le organizzazioni dei lavoratori hanno sempre sostenuto: l’accusa ha equiparato un sindacato che fa semplicemente il suo dovere a una “associazione a delinquere”.
Secondo il tribunale, le lotte dei sindacati di base sono le normali lotte di un sindacato che cerca di garantire benefici economici ai propri iscritti, nel particolare contesto del settore della logistica, caratterizzato, tra l’altro, dal comportamento illegale delle aziende stesse.
Questo, ovviamente, non può essere considerato un crimine.
Una sentenza importante, soprattutto per i sindacalisti indagati e per il futuro esito del processo, che non è ancora iniziato.
Ma anche per il movimento sindacale italiano, che per il momento ha visto respingere un’accusa che avrebbe reso illegale qualsiasi seria strategia di lotta.
I problemi, tuttavia, rimangono: lo stesso tribunale ha dichiarato illegali molti dei metodi utilizzati nelle lotte.
L’Usb scrive: “Ci sono ancora rinvii a giudizio con pene molto pesanti per oltre 100 delegati sindacali accusati di alcuni reati, come il blocco delle strade, l’ingresso negli edifici e il sabotaggio (scioperi spontanei)”.
E la repressione continua.
Il 9 settembre, più di 50 sindacalisti dell’Usb e dei Cobas sono stati processati in Calabria.
Il motivo è da ricercare nelle numerose manifestazioni degli ultimi due anni che, secondo il comunicato stampa delle organizzazioni dei lavoratori, sono servite a “chiedere all’amministrazione regionale e al governo di adottare misure immediate per rafforzare il sistema sanitario pubblico”.
Questo significava, innanzitutto, la “riapertura degli ospedali”.
Inoltre, una “garanzia di reddito” per coloro che sono particolarmente colpiti dalla “crisi economica, soprattutto i tirocinanti calabresi”.
Invece, l’accusa li ha presentati come manifestazioni contro le misure di lotta al Covid, portate avanti da “negazionisti” senza le necessarie autorizzazioni.
Nota: Siamo nella stessa regione in cui il governo regionale di destra ha dovuto ricorrere agli aiuti di Cuba per sopperire alla carenza di medici nel sistema sanitario.
l rischio è che questi episodi di repressione siano una prova generale della risposta alle tensioni sociali che potrebbero aumentare drasticamente con l’aumento dei prezzi in un contesto di annunciata recessione economica.
Il giorno successivo al verdetto del tribunale inquirente, la procura di Piacenza ha inviato nuove denunce a più di trenta lavoratori iscritti al S.I. Cobas per essersi dati malati al lavoro quando secondo loro non lo erano.
In risposta a questa nuova provocazione, sabato scorso si è tenuta una manifestazione a Piacenza.
Per celebrare il verdetto e mettere in chiaro che la lotta continua.