Approfondimenti politiciCobasInternazionale

[CONTRIBUTO] Solidarietà con le donne iraniane in lotta! Pane, non velo!

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dalle compagne del Comitato 23 settembre, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):

Solidarietà con le donne iraniane in lotta!

Pane, non velo!

L’ondata di manifestazioni che ha percorso l’Iran, dopo l’assassinio di Masha Amini ad opera dei “custodi della morale”, un corpo speciale incaricato di perseguitare le donne, specialmente quelle dei quartieri più poveri, che non rispettano il codice di comportamento e di abbigliamento imposto dal regime islamico di Teheran, è ricca di insegnamenti e di importanti novità.

La prima, è la discesa in massa delle donne e delle ragazze iraniane per le strade, a proprio rischio e pericolo (si contano già decine di morti e centinaia di arresti). Le ragazze mandano al rogo il velo e si tagliano i capelli in segno di lutto e di protesta, rifiutando, nell’esplosione di una lotta che dura da decenni, l’imposizione e quindi il controllo da parte dello stato sulle loro persone. Con la qual cosa, lo stereotipo delle donne islamiche arretrate e sottomesse è servito.

La seconda, è la presenza in queste manifestazioni di molte donne che portano il velo, il che toglie ogni legittimità alla motivazione religiosa della repressione e della sottomissione insita nell’obbligo di portarlo. Esso è la più appariscente delle misure che il regime mette in atto, insieme al controllo rigido del comportamento pubblico, dove è comune la pratica dell’arresto, delle violenze e delle minacce. Dietro l’ipocrita richiamo alla religione si nasconde il tentativo di dividere le donne e la spinta, comune nei tempi di crisi, di ricondurre le donne a casa e realizzare l’obiettivo, dichiarato dal regime, di raddoppiare la popolazione del paese entro 10 anni: a questo scopo la contraccezione è diventata meno accessibile e l’aborto è vietato dal 2021. Le politiche pubbliche incoraggiano i matrimoni precoci, prima dei 15 anni, che sono aumentati del 20%, ma l’estrema povertà della popolazione e la sempre maggiore difficoltà per le donne di trovare lavoro se non in certi ambiti (insegnamento, ginecologia), ha mantenuto basso il tasso di fertilità delle donne iraniane. Il colmo dell’ipocrisia si raggiunge con la adozione della pratica del “matrimonio temporaneo”, (anche di un’ora) per legittimare la prostituzione.

Il terzo aspetto molto promettente di questa ondata di manifestazioni è la presenza di molti giovani, che hanno colto questa occasione per manifestare apertamente la loro avversione al regime, sostenendo attivamente la rivendicazione delle ragazze, e la solidarietà attiva di alcune forze sindacali (in particolare, il sindacato dei trasporti di Teheran e altre sigle importanti) che mettono in primo piano le rivendicazioni delle donne, dando loro uno spazio che raramente si ritrova nelle dichiarazioni dei sindacati nel nostro avanzatissimo paese, anche di fronte ai femminicidi.

Il quarto e importantissimo aspetto è la congiunzione, in questa ondata di lotte, delle rivendicazioni sociali, economiche e politiche. Abbattere il regime degli ayatollah, uscire dalla estrema povertà che dilaga nel paese, rifiutare la persecuzione contro le donne sono slogan che si intrecciano nelle manifestazioni, ed è proprio in questa capacità di fondere motivazioni diverse che sta la possibilità di abbattere il muro della repressione e recuperare la dignità per tutte le lavoratrici e i lavoratori. Una possibilità che solo uno sforzo di organizzazione stabile delle forze in campo renderà reale.

Chi affama il popolo, chi si arricchisce alle sue spalle, chi è corrotto, chi porta la guerra in altri paesi e vuole espandere il proprio potere sterminando i propri vicini, chi nega ogni diritto ai lavoratori, chi si nasconde dietro la religione per tenere le donne schiacciate all’ultimo gradino della scala sociale non ha diritto di parlare di morale, e non sarà mai in grado di “promuovere la virtù”. Le donne iraniane, dopo decenni di negazione della loro dignità, sanno bene di avere molta strada da percorrere, a noi spetta il compito di trasformare le “libertà” che loro rivendicano e che a noi, almeno in parte, sono concesse, in volontà e capacità di lotta e di solidarietà internazionale. Una solidarietà che scarseggia ed è spesso un pretesto, da parte degli stati e governi occidentali, per affamare gli arretrati popoli del sud del mondo, nel mentre si fanno lucrosi affari con i regimi che li opprimono.

Una solidarietà militante che abbiamo cercato di portare nei presidi che la comunità iraniana ha indetto in alcune città, tra cui Venezia e Genova. Proprio al presidio di Venezia, è stata letta una lettera di una giovane iraniana in lotta che rifiutava di avere a modello i valori occidentali, mentre un’altra ha dichiarato: Masha Amini è la nostra George Floyd! Un modo esemplare per collegarsi con le lotte proletarie di tutto il mondo!

Il video riporta l’articolato intervento della compagna Annamaria, al presidio di Genova:

https://www.facebook.com/comitato23settembre/videos/1291216294751905

28 settembre

Comitato 23 settembre