6 dicembre 2022 :
giornata, di memoria, lutto, riflessione,
azione e speranza per il futuro
Per un mondo con zero morti sul/da lavoro
Il 6 dicembre 2022 è il 15° anniversario della orrenda strage operaia della Tyssenkrupp causata dalla omissione dolosa di misure di prevenzione ; rimuovere la scadenza sarebbe impossibile ma soprattutto deleterio e segno di grave rassegnazione ; considerato il drammatico reiterarsi di stragi e di morti di lavoratori in Italia e nel mondo negli ultimi decenni (da Torino al Qatar) una serie di associazioni di base di familiari delle vittime e di lavoratori si mobiliteranno perché la memoria di questi eventi non venga tradita e al contrario alimenti, anche nella scia del tentativo di elaborazione dei lutti e di vicinanza ai familiari , azioni finalizzate alla prevenzione di eventi analoghi a quello che stiamo ricordando ; secondo fonti attendibili (Oms/Oil) nel 2016 nel mondo ci sono stati 2 MILIONI di morti sul lavoro e 90 milioni di anni di vita persi con un rilevante incremento rispetto al 2000; in Italia i morti “ufficiali” per eventi acuti sono almeno (in quanto sottostimati) 1400 ogni anno; bisogna fermare la strage!
le associazioni invitano dunque lavoratori, cittadini , associazioni sindacali , studentesche e politiche democratiche ad esprimere nella giornata del 6 dicembre i loro sentimenti di lutto in ricordo delle vittime con drappi neri e con la accensione di candele (o comunque azioni simboliche simili ) e ad organizzare incontri pubblici per riflettere collettivamente su come agire nell’immediato futuro affinché a tutti/e venga garantita la stessa speranza di vita di salute e di benessere lavorativo;
troppe volte abbiamo gridato con rabbia e disperazione “mai più”; oggi dobbiamo concretamente costruire le condizioni perché quello slogan non rimanga solo una vaga speranza.
Le associazioni promotrici: Afeva – associazione familiari vittime dell’amianto, Associazione in memoria di Mattia Battistetti OdV ,Familiari delle vittime Tyssenkrupp Demasi, Rodinò, Marzo, Lavoro e salute (rivista), Medicina Democratica, Rete nazionale lavoro sicuro
Numerosissime le adesioni già pervenute; per ulteriori adesioni e per annunciare la propria presenza: vitototire@gmail.com 333.4147329
Incontro pubblico martedì 6 dicembre 2022 Cassero s. Stefano Bologna
Circolo anarchico A. Berneri ore 17.30: Quali azioni per contrastare la strage di lavoratori da Torino al Qatar
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Questo, invece, l’ultimo report che ci è arrivato da Carlo Soricelli, animatore dell’Osservatorio nazionale di Bologna morti sul lavoro. A seguire un articolo di Giulia Luzzi dal blog Combat – Coc sui morti sul lavoro in Qatar per i febbrili lavori in vista dei mondiali di calcio in corso. Inutile dire quanto sia particolarmente pesante, ovunque, e in particolare in Qatar, il tributo di sangue pagato dai proletari immigrati.
Dal report di Carlo Soricelli apprendiamo della sua intenzione di chiudere a fine anno i lavori del suo Osservatorio “per stanchezza, per la solitudine, per l’indifferenza che si è manifestata a ogni livello”. Faremo tutto ciò che ci è possibile perché questo non avvenga.
Il Pungolo Rosso
UN AUMENTO SPAVENTOSO DEI MORTI SUL LAVORO!
In allegato il Report dei morti sul lavoro nei primi 11 mesi del 2022. Un aumento spaventoso nel numero di morti sul lavoro rispetto al 2021 come potete leggere nel report. Presidente Bettoni dell’ INAIL ma di che cali parlate? Parlate sono dei vostri morti e non di tutti quelli del panorama lavorativo.
Report morti sul lavoro dal 1° gennaio al 30 novembre 2022
Si è concluso un altro mese orribile per le morti sul lavoro; emblematica la morte a Palermo del falegname Michele Pisciotta. INAIL, che non dice mai chiaramente che non fa nessun monitoraggio, se non tra le righe, che non rappresenta la totalità dei lavoratori, che raccoglie solo le denunce dei suoi assicurati che gli arrivano dal territorio, che non ci sono mai nel numero di morti che diffonde, come anche i morti in nero. E lo denuncio inutilmente da 15 anni, che non esiste nessun calo; tutti gli anni oltre 500 lavoratori spariscono come desaparecidos, spesso anziani o stranieri, e questo solo perché non sono assicurati a INAIL che non dice mai che sono solo una parte di quelli che muoiono lavorando, ma solo di una parte e i media che mai vanno a verificare altre fonti diffondono copiandosi uno con l’altro questi cali inesistenti. L’Osservatorio nazionale di Bologna morti sul lavoro, è l’unico sito che monitora i morti sul lavoro in Italia e può documentare che anche quest’anno non c’è nessun calo dei morti ma un aumento spaventoso. Sui Luoghi di lavoro escluso itinere c’è già un forte aumento rispetto al 2021 che in tutto il 2021 ha avuto 662 morti sui Luoghi di lavoro (escluso itinere e morti sulle strade) e oggi siamo già a 717, con già un aumento sull’intero 2021dell’8% e manca ancora un mese per completare l’anno.
Di cosa stiamo parlando?
E’ orribile nascondere tanti morti sul
lavoro, con nessuno che ne ha facoltà come giornalisti, politici, enti (diversi da INAIL che è parte in causa di questa mistificazione), amministratori, ministri delle politiche agricole e del lavoro che sono stati complici di questa disinformazione..
Un morto sul lavoro su quattro ha oltre 60 anni, che più di uno su cinque è schiacciato dal trattore, sono già 162 morti in questo modo orrendo anche quest’anno e oltre 2200 da quando il 1° gennaio 2008 ho aperto l’Osservatorio. E che dire degli autotrasportatori che hanno già superato i 100?
Per non parlare degli stranieri che sono il 14% di tutti i morti sui luoghi di lavoro, e non ci ricordiamo mai o non vogliamo vedere questo enorme tributo di sangue che stanno versando, se non sono stranieri sono meridionali anche qui al nord: muoiono nei cantieri, nelle officine, sui campi. Molti gli artigiani; c’è una “nobiltà” operaia che sono i lavoratori delle grandi aziende sindacalizzate e con rappresentanti della Sicurezza, dove praticamente non si muore, se non lavoratori in appalto, che rappresenta una nuova forma di caporalato legalizzata; persone che si spostano da una provincia all’altra, o da una regione all’altra, che oltre che morire sui luoghi di lavoro muoiono numerosissimi sulle strade, come i tre foggiani morti nel rientro dal Molise, o dei pakistani che all’alba sun un pulmino stavano andando a lavorare da Torino alla Lombardia. Regioni con un numero spaventoso di morti sul lavoro, con la diffusione di dati parziali passano come virtuose, e sono il Trentino Alto Adige, il Veneto e la Lombardia, ma nessuna è immune da questo scempio, che pagano i lavoratori meno tutelati, i più deboli, quelli che avrebbe bisogno di sostegno, ma viene tolto il Reddito di Cittadinanza, così il sud, coi suoi disoccupati che non trovano lavoro, sono costretti a riprendere le loro “valige di cartone”.
L’Osservatorio chiuderà il 31 dicembre di quest’anno: per stanchezza, per la solitudine, per l’indifferenza che si è manifestata a ogni livello. Una voce indipendente che con lavoro volontario cerca solo di dare una mano alla comprensione del fenomeno e che era stato aperto il 1° gennaio 2008, poche settimane dopo la tragedia della Thyssenkrupp di Torino e vedendo che non c’era nessuno che lo faceva decidemmo di aprire l’Osservatorio Nazionale di Bologna morti sul lavoro, ma siamo riusciti ad arrivare a oltre tre milioni di visitatori, ma chi aveva il compito di occuparsene come INAIL, Ministri delle Politiche Agricole e del lavoro che si sono succeduti in questi anni l’hanno visto come fumo negli occhi, come un intruso che metteva in discussione il loro operato.
Posso dire solo una cosa:
VERGOGNATEVI tutti voi citati.
Carlo Soricelli, curatore dell’Osservatorio Nazionale di Bologna morti sul lavoro (http://cadutisullavoro.blogspot.it)
PS – Il prossimo anno porterò in Procura tutta la documentazione relativa ai morti monitorati, e chiederò se ci sono gli estremi per ravvisare reati da parte di chi doveva occuparsene e non lo faceva seppur avvertiti con centinaia e centinaia di mail dall’Osservatorio.
OSSERVATORIO NAZIONALE DI BOLOGNA MORTI SUL LAVORO.
L’unico osservatorio che monitora i morti sul lavoro in Italia. Aperto 15 anni fa il 1° gennaio 2008 chiuderà il 31 dicembre 2022. Morti sul lavoro dall’inizio dell’anno al 29 novembre. Sono morti complessivamente 1376 lavoratori, 714 di questi sui luoghi di lavoro gli altri sulle strade e in itinere (sono stati 962 nell’intero 2021 i morti sui luoghi di lavoro, esclusi i morti per covid e ovviamente i morti sulle strade).
In questi “numeri” ci sono anche i morti sul lavoro non assicurati all’INAIL (oltre 4 milioni) poi i morti in nero, e gli agricoltori schiacciati dal trattore, spesso anziani in pensione, ma non solo, diversi col doppio lavoro perché i terreni di famiglia non li sfamano. Inail nei primi nove mesi dell’anno ha ricevuto 790 denunce di morti sul lavoro tra i suoi assicurati, ci sono in questo numero anche i morti sulle strade e in itinere. Aperto il 1° gennaio 2008 da Carlo Soricelli per non dimenticare i sette operai della ThyssenKrupp di Torino morti poche settimane prima. I morti sui luoghi di lavoro sono da 15 anni tutti registrati in apposite tabelle Excel con data della morte, provincia e regione della tragedia, identità della vittima, età, professione, nazionalità e cenni sull’infortunio mortale. Dal 1° gennaio 2008 anno di apertura dell’Osservatorio sono morti oltre 20000 lavoratori per infortuni sui luoghi di lavoro, 162 agricoltori schiacciati dal trattore nel 2022. Gli autotrasportatori morti dall’inizio dell’anno sono 102 I lavoratori stranieri morti quest’anno sui luoghi di lavoro sono 81 e rappresentano il 14% sul totale se si escludono gli schiacciati dal trattore tutti italiani, molti lavoravano in nero. Ma altrettanti sono morti sulle strade: come non ricordare i 5 operai pakistani che all’alba da Torino andavano a lavorare in Lombardia? Alcune di queste morti sono allucinanti, lavoravano in nero in grandi cantieri nei quali esercitavano diverse ditte, ma nessuno di queste ha detto che erano loro dipendenti, è già capitato più di una volta e per non avere gravi problemi non essendo in regola. Questa percentuale aumenterà progressivamente nei prossimi anni per la denatalità italiana, la loro conoscenza dei diritti/doveri e la conoscenza sulle Normative sulla Sicurezza diventeranno determinanti per porre argine a queste tragedie, ma tanti, anche qui nella ricca Bologna, dormono per strada o in dormitori perché non riescono a pagare l’affitto di casa, e quando vedono che è straniero si rifiutano di affittare loro la casa.
Curatore Carlo Soricelli metalmeccanico in pensione e artista sociale da 50 anni.
Per contatti carlo.soricelli@gmail.com
Facebook: https://www.facebook.com/carlo.soricelli, https://www.facebook.com/osservatorioindipendente/, https://www.instagram.com/pittorepranico/channel/?hl=it
su Twitter @pittorecarlosor
Qui sotto i MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO
nelle Regioni e Province (non ci sono i morti per covid).
Non sono contati neppure i morti in itinere e sulle strade se non autotrasportatori: tenete presente che i morti in itinere e sulle strade sono almeno
altrettanti rispetto a quelli segnalati qui sotto nelle Regioni e Province.
Ma noi preferiamo tenerli separati, perché richiedono altri interventi, che sono diversi da quelli delle morti sui Luoghi di Lavoro. Ma altri li conteggiano tutti insieme generando confusione tra chi vuole comprendere le reali dimensioni e qualità del fenomeno.
NB nelle province e Regioni non ci sono i morti per infortuni provocati dal coronavirus. I morti sul lavoro sono segnati nella provincia dove è avvenuto l’infortunio mortale e non in quella di residenza, non ci sono i morti in autostrada che non è giusto addebitarli alle province.
I morti sui LUOGHI DI LAVORO nelle Regioni e Province nel 2022:
chiunque svolge un lavoro e muore per infortunio è per noi un morto sul lavoro.
LOMBARDIA 96
Milano (19), Bergamo (11), Brescia (25), Como (7), Cremona (6), Lecco (7), Lodi (1), Mantova (5), Monza Brianza (4), Pavia (5) Sondrio (3), Varese (3)
VENETO 59
Venezia (10), Belluno (4), Padova (8), Rovigo (3), Treviso (5), Verona (12), Vicenza (17)
CAMPANIA 56
Napoli (12), Avellino (5), Benevento (3), Caserta (19), Salerno (17)
PIEMONTE 51
Torino (25), Alessandria (9), Asti (2), Biella (1), Cuneo (8), Novara (1),Verbano-Cusio-Ossola (1) Vercelli (3)
LAZIO 44
Roma (18), Viterbo (6) Frosinone (11) Latina (3) Rieti (6)
SICILIA 41
Palermo (7), Agrigento (3), Caltanissetta (6), Catania (9), Enna (1), Messina (7), Ragusa (3), Siracusa (), Trapani (5)
EMILIA ROMAGNA 38
Bologna (4), Rimini (5) Ferrara (3), Forlì Cesena (6) Modena (5) Parma (1) Ravenna (3) Reggio Emilia (7) Piacenza (4),
CALABRIA 31
Catanzaro (10), Cosenza (8), Crotone (4) Reggio Calabria (6) Vibo, Valentia (3)
MARCHE 31
Ancona (13), Macerata (4), Fermo (3), Pesaro-Urbino (9), Ascoli Piceno (4)
TRENTINO ALTO ADIGE 32
Trento (22) Bolzano (10) PUGLIA 31 Bari (3), BAT (), Brindisi (2), Foggia (11), Lecce (8) Taranto (7)
TOSCANA 28
Firenze (6), Arezzo (7), Grosseto (2), Livorno (1), Lucca (2), Massa Carrara (2), Pisa (3), Pistoia (3), Siena () Prato (2)
SARDEGNA 22
Cagliari (3) Carbonia-Iglesias (), Medio Campidano (1), Nuoro (3), Ogliastra (), Olbia-Tempio (2), Oristano (5), Sassari (9) Sulcis iglesiente ()
ABRUZZO 17 L
’LAquila (1), Chieti (8), Pescara (6) Teramo (3)
UMBRIA 9
Perugia (8) Terni (1) LIGURIA 9 Genova (2), Imperia (2) La Spezia (2), Savona (3)
FRIULI VENEZIA GIULIA 7
Pordenone (1) Trieste () Udine (5) Gorizia (1)
BASILICATA 9
Potenza (5) Matera (4)
VALLE D’AOSTA 3
MOLISE 2
Campobasso (2) Isernia ()
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Dietro il sipario della Coppa del mondo,
lo sfruttamento e il sangue degli immigrati
Il 20 novembre è iniziato il grande spettacolo, la Coppa del mondo di calcio 2022 a Doha, Qatar. Il palcoscenico è spettacolare, è stato preparato con ciclopiche opere infrastrutturali durate un decennio. L’insieme dei progetti lanciati nel paese in vista dei Mondiali è calcolato in 300 miliardi di dollari, di cui oltre 200 legati all’evento sportivo. È stato costruito un nuovo aeroporto, una rete metropolitana e stradale, sette nuovi stadi con un’architettura scenografica che riecheggia le tende beduine, le dune del deserto, un copricapo tradizionale, una lanterna… Una intera nuova città, a 50 chilometri dalla capitale Doha. E non manca l’esibizione dell’utilizzo di materiali riciclati, di vaste piantagioni di alberi, insomma un’eco-sostenibilità rispettata!
La sostanza è l’opposto. Un’urbanizzazione selvaggia che ha cementificato almeno otto milioni di metri quadrati di terra, l’equivalente di 1.140 campi di calcio.[1] Nei trenta giorni di tornei calcistici il Qatar, che con i suoi circa due milioni e mezzo di abitanti è il primo paese al mondo per emissioni inquinanti pro-capite, inquinerà quanto un paese quasi 30 volte più grande.
Ma cosa importa l’ambiente se, per il dispotico, repressivo, reazionario regime mediorientale, capeggiato da oltre un secolo dal clan famigliare Al-Thani, la Coppa del mondo è l’occasione di un rilancio infrastrutturale? Con un previsto apporto all’economia calcolato in 20 miliardi di dollari, pari all’11% del suo Pil del 2019?
Proscenio spettacolare dicevamo. Spettatori da tutto il mondo, quasi tre milioni i biglietti venduti, con i principali protagonisti, i calciatori, profumatamente retribuiti; per la potente federazione mondiale del calcio, la FIFA, introiti di 6,5 MD$, con un giro d’affari complessivo sui 17 MD$.[2] Gli antefatti che hanno portato all’assegnazione dei Mondiali al Qatar parlano di ampia corruzione, giro di tangenti e mazzette. Nel 2015 scoppiò il cosiddetto “FIFAgate”… Sarebbero ad es. stati dati 1,5milioni$ a tre funzionari FIFA per comperarne il voto, come dichiarato nel 2011 da una ex dipendente del comitato qatariota per i mondiali.
Nel racconto di questa epopea mancano però i veri, fondamentali protagonisti.[3]
Sono i lavoratori immigrati da India, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Pakistan, Filippine, Kenya e un’altra decina di paesi – quasi 2milioni di uomini e donne, il 90% della forza lavoro di un paese con una popolazione di 2,9 milioni – che da decenni fanno prosperare la sua economia e che hanno reso possibile anche l’attuale “miracolo” sportivo, con il loro sudore e spesso con la loro stessa vita.
Sono 6750 i lavoratori immigrati, per la maggior parte giovani, 25-40 anni, morti per la Coppa del mondo in dieci anni, nel 2011-2020. Il loro numero è stato calcolato dal giornale britannico Guardian sulla base di fonti governative di soli cinque paesi del SE asiatico, India, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka e Pakistan. Una media di 12 caduti ogni settimana.
Il calcolo è per difetto, mancando i dati sui morti degli immigrati da altri paesi, come pure quelli degli ultimi mesi del 2020.
Sono morti cadendo dalle impalcature, fulminati da fili elettrici scoperti nei loro miseri dormitori, colpiti da improvviso arresto cardiaco, esauriti dalla fatica di 12 ore di lavoro nel caldo torrido che per quattro mesi può raggiungere i 50°, periti per il negato accesso alle cure sanitarie, e anche suicidi per disperazione, (200 i soli suicidi nepalesi in dieci anni).
Disperati per le condizioni di lavoro, 11-12 ore al giorno per sei-sette giorni la settimana; i continui maltrattamenti psicologici e fisici costretti a subire da parte dei capi, i salari pagati in ritardo o non pagati, in ogni caso inferiori al pattuito – da 0,50-1,5€ l’ora; gli straordinari non retribuiti, le ingiustificate multe e riduzioni della paga; le condizioni disumane degli alloggi, sovraffollati e antigienici, la scarsità di cibo e acqua, il divieto di cambiare lavoro o di abbandonare il paese, grazie al sistema del kafala (da kafeel, il caporale)[4] che lega il dipendente al padrone, una specie di schiavitù, rafforzata dal sequestro dei passaporti.
E disperati per la prospettiva di non riuscire, dopo anni di lavoro spesso forzato,[5] neppure a ripagare il costo del viaggio e dell’ingaggio estorto dal caporale di turno.
Il presidente FIFA Infantino, insieme ai media interessati al business – soprattutto pubblicitario – dei Mondiali, accusa di ipocrisia chi denuncia lo sfruttamento degli immigrati in Qatar, perché anche sotto il pulpito di chi predica bene si razzola male. L’Italia e l’Europa, è vero, con le loro leggi anti-immigrazione, hanno sulla coscienza 25 mila morti in fondo al Mediterraneo, e i lavoratori immigrati costituiscono ovunque, in Italia in particolare, una quota più che proporzionale degli omicidi bianchi sul lavoro, perché adibiti ai lavori più pericolosi e pesanti. Demonizzare il solo Qatar è ipocrita. Ma non lo è denunciare lo sfruttamento e il sangue su cui è allestito lo spettacolo dei Mondiali, insieme allo sfruttamento del capitalismo ovunque, alle leggi anti-immigrati e alla guerra imperialista che in Ucraina come in Yemen e in molti paesi africani uccide decine di migliaia di persone per gli stessi interessi capitalistici.
Alla denuncia contro il Qatar
aggiungiamo oggi la denuncia delle responsabilità dell’imperialismo italiano
che fa lucrosi affari con il regime qatariota.
Se la Nazionale italiana di calcio non ha potuto partecipare al torneo calcistico, saranno però presenti circa 600 militari e carabinieri italiani, con mezzi e armamenti terrestri, navali ed aerei, assieme ai contingenti di Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Pakistan e Turchia repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, a supporto della difesa e sicurezza del campionato, per un totale di circa 5000 militari. Costo di questa missione militare chiamata Orice, quasi 11 milioni di €. La durata dell’operazione Orice si estende oltre il mese dei mondiali di calcio. Questo perché le sue motivazioni reali vanno ben aldilà della sicurezza dell’evento sportivo, e sono il “rafforzamento della sicurezza del Golfo Persico e la valorizzazione degli interessi nazionali in un’area di importanza strategica”, come espresse nella delibera del Consiglio dei ministri (15 giugno, ’22).
Ricordiamo che l’Italia è la principale fornitrice di armi al Qatar, tramite soprattutto Leonardo e Fincantieri. Ricordiamo anche che da anni la polizia qatariota è addestrata dai Carabinieri italiani.
Nel novembre 2020, l’allora ministro italiano della Difesa, il PD Lorenzo Guerini, si recò in Qatar per rafforzare la cooperazione militare e industriale, definire importanti commesse militari e l’esportazione di nuovi sistemi di armamenti per Leonardo Finmeccanica, e per programmi di addestramento in Italia di corpi di fanteria, artiglieria e cavalleria qatarini.
Nel solo 2022 Leonardo ha venduto sei caccia addestratori, nel quadro di un accordo che prevede anche la formazione di piloti qatarioti presso basi aeree italiane (Galatina, Lecce; Decimomannu, Cagliari; Salto di Quirra, Nuoro); ha consegnato due elicotteri multiruolo e due pattugliatori offshore, e fornirà alla Marina militare del Qatar un Centro operativo navale per il monitoraggio delle proprie acque territoriali.
Continuano inoltre ad essere presenti nell’Emirato i grandi gruppi nostrani, da ENI ai già citati Leonardo e Fincantieri, a WeBuild (ex Salini Impregilo), Cimolai Spa e PSC Spa (impiantistica), Marcegaglia.
Lo stadio Al-Bayt, dove c’è stata l’inaugurazione della Coppa 2022, è stato realizzato dall’italiana WeBuild, con un appalto da 770 milioni di euro, insieme alla Cimolai Spa e all’azienda qatarina Galfar Misna, unite nella joint venture GSIC JV. L&P JV, un’altra joint venture formata dai gruppi italiani Leonardo e PSC Spa, nel 2016 si è aggiudicata la gara per l’installazione e il testing di alcune componenti dello stadio.
Eni è socia con il 25% di QatarEnergy nel mega progetto GNL in Qatar, NFE – North Field East, un giacimento offshore a nord-est dell’emirato con riserve stimate pari al 10% delle riserve di gas naturale liquefatto globali, che potrebbe accrescere del 60% la produzione di Gnl del Qatar, e dal 2026 essere esportato in Italia. Il suo sfruttamento è però considerato una “bomba climatica”. Con questa partecipazione Eni espande la sua presenza in Medio Oriente e accede a uno dei maggiori produttori globali di GNL, con riserve di gas naturale tra le più grandi al mondo.
Il Qatar è corteggiato per il suo gas anche dalla Cina che di recente ha firmato un super-contratto 27ennale per il GNL, accordo che suscita l’invidia dei paesi europei perché avrebbe strappato sicurezza di approvvigionamenti e a prezzi più bassi.
Il gruppo Marcegaglia, della ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, ha fornito le impalcature per tre dei più importanti stadi, Al Bayt, Lusail e 974.
Meloni ha ricucito con l’Egitto che imprigiona e ammazza gli oppositori, tra cui Giulio Regeni e Patrik Zaki, perché ‘business is business’! Con la stessa logica anche per il Qatar l’esecrazione lascia il posto agli affari tra i capitalisti.
È importante che i milioni di immigrati del Golfo riescano a organizzarsi e che ad essi si colleghino i lavoratori combattivi degli altri paesi. Non saranno le ONG e i media a dare loro libertà e dignità, ma la loro stessa lotta e il sostegno dei loro compagni di classe.
Delle vite, dietro le statistiche
[1] Analisi IrpiMedia e Placemarks, con rilievi satellitari.
[2] https://www.money.it/mondiali-2022-qatar-giro-affari-fiume-soldi-fifa
[3] Su questo argomento vedi anche il nostro art del 2015: https://www.combat-coc.org/qatar-una-coppa-del-mondo-insanguinata-antiche-e-nuove-schiavitu-salariate-3/
[4] Cfr. Council on Foreign Relations: https://www.cfr.org/backgrounder/what-kafala-system
[5] L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha documentato nel 2020 almeno 9000 casi di lavoro forzato.
Stato e imprese italiani collusi con il regime qatariota