Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):
Un’altra ThyssenKrupp:
per non dimenticare la strage dell’Eureco
Due giorni fa, il 6 dicembre, sono passati 15 anni dalla strage della ThyssenKrupp: 7 operai bruciati vivi – nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 – in una fabbrica che stava per essere smantellata.
Nel rogo morirono Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi, la cui madre ricorda “sentenze inapplicate, inutili impegni, princìpi farlocchi, tribunali inefficaci e ministri che ci avevano assicurato che avrebbero vigilato ma poi si sono limitati ad ascoltarci più per dovere istituzionale che per altro.
15 anni di una giustizia ingiusta e priva di credibilità. Il nostro processo avrebbe dovuto essere uno spartiacque, ma ancora ogni giorno si reclama sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Infatti.
Il 4 novembre 2010 (3 anni dopo il rogo ThyssenKrupp) a Paderno Dugnano (MI), una scintilla proveniente da un muletto non revisionato provoca un’esplosione e un incendio in un capannone dove si raccolgono rifiuti pericolosi.
Bruciano come torce a fianco della superstrada Milano – Meda gli operai al lavoro, di cui 4 – Harun Zeqiri, Sergio Scapolan, Salvatore Catalano e Leonard Shehu – moriranno uno dopo l’altro per le gravissime ustioni, dopo settimane e mesi di agonia.
Un lungo e doloroso calvario aspetta invece i sopravvissuti, che avevano cercato di salvare i compagni di lavoro – Kasem Xhani, Meshi Ferit, Erjon Nheza e Shuli Lulzim – ustionati e intossicati dai fumi velenosi.
Il capannone è della società Eureco, il cui padrone – Giovanni Merlino – era già recidivo: in un’altra fabbrica di sua proprietà a Sannazzaro, Pavia, nel 2005 era morto un altro operaio, Vincenzo Gargiulo, dopo un’agonia di 2 mesi.
L’assicurazione dell’Eureco intanto non versa nulla agli operai dell’Eureco che formalmente lavoravano per la cooperativa Tnt di Napoli, poi fallita.
Si forma subito il “Comitato a sostegno dei familiari delle vittime e dei lavoratori Eureco”, che per anni terrà viva la memoria della strage e aiuterà le famiglie delle vittime ma che non verrà ammesso come parte civile nel processo, che si concluderà con la condanna (!) a 5 anni di Merlino per “il reato di omicidio colposo plurimo aggravato dal numero delle vittime e dalla violazione delle normative sulla sicurezza, lesioni colpose gravissime, incendio colposo, frode fiscale, nonché stoccaggio, traffico e smaltimento illecito di rifiuti pericolosi”.
C’è una guerra non dichiarata fra sfruttati e sfruttatori in cui i morti, i feriti e gli invalidi si contano da una parte sola: gli operai, i lavoratori che producono la ricchezza da cui sono esclusi.
Ricordiamo una delle prime dichiarazioni della “presidente” del Consiglio Meloni: “Non disturberemo le aziende che producono”.
Non diversamente dai governi precedenti, che però lo dicevano a bassa voce.
Confindustria e padroni vari possono continuare tranquilli a sfruttare selvaggiamente i lavoratori, nessuno li disturberà.
L’unico modo che i proletari hanno per difendere la loro vita è organizzarsi per lottare contro il barbaro sistema in cui viviamo, il capitalismo, dove il profitto conta più della vita umana e gridare forte che
A CONDIZIONI DI MORTE NON SI LAVORA.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
P.s.: Anche oggi – 8 dicembre, giorno di festa nazionale – è morto un operaio ai Cantieri Navali di Palermo (Fincantieri), schiacciato da un basamento che si è ribaltato.