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[NAPOLI] I disoccupati contro le mistificazioni: violenza è sopravvivere senza un salario con cui poter campare

Contro le mistificazioni, rompiamo il tentativo di isolamento:

la violenza è sopravvivere senza un salario con cui poter campare

Apprendiamo da un articolo del giornale “La Repubblica” che, in occasione del Congresso del PD, il Presidente della Regione Campania avrebbe tuonato contro “movimenti di disoccupati” definendoli “violenti” e protagonisti di aggressioni e minacce.

“Sui disoccupati capiamoci bene, con i violenti non si dialoga” rivolgendosi direttamente al Sindaco di Napoli, ricordando che dovrebbero essere riconosciute solo “altre platee” e non quelle “nate da poco” (da poco?), banalizzando e minimizzando una storia di dignità ed emancipazione collettiva oltre che anni di passaggi di impegni istituzionali di tavoli, incontri, confronti.

Una storia che potrebbe risollevare le vite di centinaia e centinaia di disoccupati della città provenienti dai quartieri più popolari e difficili sulla quale la stessa Regione Campania potrebbe contribuire agevolmente a sbloccarla senza neanche doversi assumere ulteriori responsabilità (come – giustamente – in altri casi ha ritenuto di fare) in termini di oneri economici ad hoc utilizzando le risorse a disposizione senza sprechi ma valorizzando e facilitando i percorsi già individuati in sede Prefettizia.

Premettiamo che vorremmo evitare di scrivere questo comunicato perché ci sembra evidente – essendosi rivolto al Sindaco di Napoli in maniera così decisa – che da tempo tra l’amministrazione comunale e la Regione Campania si respira uno scontro su più questioni. E già in passato è stato portato avanti il tentativo di strumentalizzare la nostra esperienza su un terreno che non è il nostro.

Ai disoccupati e le disoccupate interessa solo che ci sia una risoluzione per migliorare le condizioni delle loro famiglie senza essere tirati in ballo su controversie tra partiti ed istituzioni. Sono le stesse istituzioni locali, prefettizie e ministeriali che – a seguito anche di diverse interlocuzioni con gli assessorati regionali – ci hanno comunicato ed indicato il percorso da intraprendere per poter garantire una formazione utile che valorizzasse i lavoratori inoccupati che partecipano al movimento dei disoccupati ai fini di un inserimento in progetti di utilità sociale.

Dopo anni (ben 9) di un lungo confronto serrato, in alcuni casi acceso come qualsiasi vertenza sindacale, tra movimenti ed istituzioni, si è individuato ed iniziato a praticare un percorso per la buona riuscita della vertenza che – come Movimento 7 Novembre – abbiamo sbloccato con un martirio di passaggi istituzionali: da Montecitorio fino al Comune di Napoli, dalle sedi nazionali dei partiti al Governo fino alle commissioni lavoro del Comune di Napoli dove abbiamo sempre acceso i riflettori sulla necessità di un piano straordinario per il lavoro utile alla collettività nei settori economici produttivi legati ai servizi di pubblica utilità.

Una vertenza che – fortunatamente – ha visto negli ultimi anni – l’unificazione delle istanze tra il nostro movimento e quello del Cantiere 167 Scampia – nostri fratelli e compagni di lotta – la cui storia di emancipazione nasce negli anni più complicati per Scampia, a ridosso delle due grandi faide di camorra che hanno dilaniato la storia del quartiere.

Un’unificazione voluta soprattutto da noi disoccupati per non fare la guerra tra poveri (come qualcuno forse voleva) ed evidente dimostrazione che chi organizza il movimento ha solo l’interesse di dare risposte concrete a chi si mobilita fuori da clientelismi e clientele. Una situazione che forse preoccupa chi invece ha sempre usato in questa città il lavoro come arma di ricatto per qualche campagna elettorale con liste pronte per l’occasione: dai partiti ai sindacati confederali tramite enti di formazione ed agenzie per il lavoro private.

Ricordiamo che le stesse Istituzioni numerose volte hanno rinviato, rimandato fino a mettere in discussione gli stessi impegni assunti. Come settimana scorsa dove, dopo aver dato buca a numerosi incontri fissati, hanno improvvisamente messo in discussione il prosieguo del percorso già iniziato.

In questi momenti, e non in altre occasioni, ci sono stati gli episodi a cui – forse – fa riferimento il Presidente della Regione perché legittimamente i disoccupati e le disoccupate con l’unico strumento che hanno a disposizione – la mobilitazione – hanno provato a ricordare gli impegni assunti in sede istituzionale, ovvero la Prefettura, rappresentante del Governo in città.

In diverse occasioni, la richiesta di lavoro con iniziative simboliche e mediatiche da parte dei disoccupati/e molto preoccupati ed anche giustamente nervosi delle conseguenze delle politiche del Governo di attacco ai salari e di taglio al reddito, ha avuto come risposta cariche della polizia come nell’ultima settimana. Una violenza contro i disoccupati che si sono dovuti difendere.

Episodi che dimostrano come la politica istituzionale pensa che sia utile e necessario gestire la preoccupazione di chi non riesce a portare il piatto a tavola per le proprie famiglie (o se ci riesce lo fa rompendosi la schiena casomai 12 ore sopra un motorino senza contratto a fare le consegne per grandi multinazionali) deve essere affrontata come mero problema di ordine pubblico.

Sono queste le minacce e le aggressioni a cui si fa riferimento? Oppure ancora ad episodi a noi ricondotti – come il lancio dei sacchetti di immondizia durante una conferenza stampa – nei quali non eravamo presenti eppure siamo stati indicati come responsabili?

Non sarebbe meglio che tutte le rappresentanze politiche più che criminalizzare i disoccupati contribuiscano alla risoluzione del problema?

Oggi non vogliamo cadere nel tranello o nell’errore di andare sul terreno dello scontro “politico istituzionale”. Sono altri ambiti dove discutere delle politiche e delle dichiarazioni del governo regionale e delle amministrazioni comunali.

Abbiamo la responsabilità di portare la voce di centinaia di padri e madri di famiglie che il lavoro lo hanno perso, che soffrono dinanzi l’inflazione alle stelle, che lottano per arrivare alle prime settimane del mese e per pagare affitti da rapina, che pagano le conseguenze di politiche economiche che scaricano i costi sociali di una crisi economica, poi sanitaria ed ora della guerra che di certo non li vede responsabili, che hanno provato a liberarsi dalla marginalità sociale ed anche dalle reti facili della criminalità presenti nelle nostre periferie.

Le stesse periferie (Traiano, Soccavo, Quartieri, Sanità, Bagnoli, Scampia, Montesanto ecc…) nelle quali i disoccupati e le disoccupate si impegnano per la spesa solidale, per costruire comunità e spazi nei quali si sviluppa solidarietà popolare, attività per chi non ha spazi di aggregazione in territori abbandonati al degrado ed alla speculazione.

In una città in cui sono smantellati i servizi sociali, dove i giovani scappano al Nord o in altri paesi in cerca di fortuna, dove prevale il lavoro a nero e l’assenza del rispetto dei contratti collettivi nazionali, dove i salari sono da fame ed anche il limitato reddito di cittadinanza che oggi viene ulteriormente tagliato diventa uno strumento per liberarsi dallo sfruttamento totale, dove negli ultimi anni riscontriamo un’escalation di violenza e di abbrutimento, dove continuano le faide e dove si muore a 18 anni un sabato sera qualunque, sostenere che il problema ed i “violenti” siano dei disoccupati che insieme rivendicano un lavoro ed un salario con cui poter campare è rovesciare la realtà.

Non basterebbero centinaia di comunicati per ripercorrere la nostra realtà e la nostra vertenza che nasce da ben 9 anni e non di certo da qualche mese. Una vertenza che è stata sostenuto da decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici di altre città, solidali e realtà sociali venute a supporto a Napoli e che quotidianamente esprimono solidarietà verso la nostra storia oramai nota a livello nazionale ed anche internazionale.

Abbiamo visto cambiare Governi nazionali, regionali, comunali, sindaci, amministrazioni, prefetti, presidenti di commissioni parlamentari e consiliari. E la gran parte della nostra platea ha continuato a chiedere che il confronto inter-istituzionale producesse soluzioni concrete per chi continua a resistere alla precarietà ed al peggioramento delle proprie condizioni di vita e di (non) lavoro trasportando su un terreno di organizzazione politica queste istanze e non su altri terreni che le stesse istituzioni dicono di voler combattere.

Quello che possiamo sicuramente dire in maniera diretta è che il movimento dei disoccupati è uno strumento di emancipazione collettiva in una città che presenta le caratteristiche che abbiamo sinteticamente ricordato.

Per questo noi facciamo appello a tutte le forze sociali, politiche, territoriali, anche a chi ha ruoli istituzionali, a tutti coloro i quali vogliono rompere il silenzio e l’accerchiamento attorno alle nostre battaglie, di prendere posizione e sostenere la voce dei disoccupati/e e chiedere alla Regione Campania di stabilire una relazione con i movimenti e soprattutto di coordinarsi con le altre istituzioni per fare facilitare la buona riuscita di questa vertenza.

Auspichiamo quanto prima che tutti coloro che ricoprono ruoli istituzionali facciano nei tempi brevi la propria parte, che si usi in questa fase molto delicata quel buon senso che più volte chi ha la pancia piena chiede ai disoccupati (che hanno la pancia vuota)

Auspichiamo che nelle prossime ore ognuno lavori per andare avanti rispetto ai percorsi indicati ai disoccupati ed alle disoccupate. Per noi gli impegni che il Prefetto e l’Amministrazione Comunale, in coordinamento con gli altri enti istituzionali, hanno comunicato alle nostre delegazioni e quindi a tutto il movimento devono essere rispettati.

Chiediamo a tutti di prendere posizione e riportare sui giusti binari questa vicenda.

In assenza di altro, per quanto ci riguarda, non possiamo che continuare per la nostra strada di lotta proprio perché qui – da noi – non abbiamo altre strade.

Da noi non ci sono criminali, faccendieri, professionisti della violenza che forse siedono in ben altre sedie da migliaia di euro al mese dalle quali è molto facile parlare di disoccupazione.

Ci sono disoccupati e disoccupate, con una dignità, che vogliono liberarsi dal ricatto e conquistarsi un salario ed un lavoro dando il loro contributo alla collettività ed alla soddisfazione dei bisogni sociali per tutte e tutti.

Movimento di Lotta – Disoccupati 7 Novembre