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[LETTERA] Lettera aperta per un Primo Maggio di lotta internazionalista. Contro guerra, carovita e salari da fame

GUERRA, CAROVITA, SALARI DA FAME

FACCIAMO COME IN FRANCIA

IL 1 MAGGIO TUTTI IN PIAZZA

Di seguito pubblichiamo la lettera aperta che nei giorni scorsi il SI Cobas ha inviato a tutte le realtà del sindacalismo di base e combattivo, per la costruzione di un 1° maggio unitario di lotta anticapitalista e internazionalista; contro le politiche guerrafondaie, antiproletarie, razziste e repressive del governo Meloni; per rilanciare una vera battaglia contro i salari da fame, contro il taglio al reddito di cittadinanza, alla sanità e alla spesa sociale per forti aumenti salariali e il salario garantito ai disoccupati; per porre le basi di un vero sciopero generale entro il termine della primavera.

4 aprile

S.I. Cobas nazionale

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LETTERA APERTA

Contro guerra, carovita e salari da fame:

per un Primo Maggio di lotta internazionalista

Guerra, carovita, attacco al welfare e all’immigrazione, repressione: le motivazioni dello sciopero generale indetto lo scorso 2 dicembre dal sindacalismo di base si sono ulteriormente acuite in questi primi 5 mesi di governo Meloni.

Mentre la Francia è in rivolta contro la riforma delle pensioni voluta da Macron sotto dettame dell’UE e dei mercati finanziari, e in altri paesi (su tutti Grecia e Gran Bretagna) assistiamo a importanti segnali di risveglio e di mobilitazione della classe lavoratrice, in Italia (unico paese europeo in cui il livello salariale medio è addirittura diminuito del 3% negli ultimi 30 anni) continua a tardare una risposta generalizzata agli attacchi al salario diretto e indiretto che il padronato e i governi di ogni colore politico hanno portato avanti negli ultimi decenni senza soluzione di continuità.

L’accelerazione della tendenza alla guerra e la conseguente spinta al riarmo globale alimentata dal conflitto imperialista tra Russia e Nato in atto da un anno sul territorio ucraino, determinano ogni giorno di più un quadro di instabilità permanente non solo in Ucraina e nell’est Europa, ma ad ogni angolo della terra.

Il rigurgito senza precedenti di tensioni e di conflitti tra le principali potenze a cui stiamo assistendo negli ultimi anni è il frutto avvelenato di decenni di colonialismo, saccheggio e aggressioni militari scatenate o alimentate dall’imperialismo occidentale a guida NATO contro le nazioni dominate e i popoli oppressi, che da un lato hanno ridotto interi territori in un cumulo di cadaveri e di macerie, dall’altro si sono concluse con un totale fallimento degli obbiettivi politici degli invasori o addirittura con clamorosi rovesci militari (vedi Afghanistan).

Alla progressiva perdita di egemonia, di prestigio e di consenso degli USA quale unica e indiscussa superpotenza capitalistica mondiale (cui hanno contribuito anche i disastri e le devastazioni di cui sopra), fa sempre più da contraltare lo sviluppo e l’influenza crescente di potenze con ambizioni imperialiste su scala globale (su tutte la Cina) o internazionale (come nel caso della Russia): lo scontro sempre più aperto per la ripartizione delle risorse e delle sfere di influenza tra i vecchi e i nuovi imperialismi, e il conseguente rischio di una nuova carneficina mondiale, smentiscono clamorosamente chiunque si illude che il “multipolarismo” possa aprire le porte a un futuro di progresso e di convivenza pacifica. E’ vero il contrario: fin quando continuerà a dominare il sistema capitalista (unipolare o multipolare che sia, in Usa e in Europa così come in Russia e Cina), l’umanità intera sarà avviluppata in una spirale di crisi, di guerra e di miseria.

Ciò è tanto più evidente in un contesto internazionale già profondamente segnato e sconvolto dagli effetti di lunga durata della pandemia, della crisi ambientale, dei mutamenti climatici, dell’emergenza alimentare (che colpisce con particolare virulenza i paesi dell’Africa e del Medioriente e i popoli oppressi, dominati e saccheggiati dal capitalismo) e in ultimo dalle nuove turbolenze in atto sui mercati finanziari che hanno portato ai recenti crolli bancari di SVB e Deutsche Bank.

È in questo quadro che va letto e interpretato il rafforzamento in gran parte dell’Europa delle destre reazionarie, e il ruolo e l’operato svolto in Italia dal governo Meloni.

La retorica postfascista dell’attuale esecutivo, giunto al potere con una vittoria alle urne solo apparentemente schiacciante (in realtà viziata da un astensionismo sempre più in crescita soprattutto tra i proletari e i ceti impoveriti dalla crisi) e in nome di un “sovranismo” spacciato come strumento di riscatto della “nazione” dalle ingerenze dell’ “elite globaliste”, in pochi mesi di governo ha già ampiamente dimostrato la propria totale subalternità a quegli stessi poteri che dichiarava di voler contrastare: ciò sia sul piano internazionale, col convinto ed incondizionato sostegno alla Nato e all’invio di armi in Ucraina, sia sul piano interno, col varo di una manovra finanziaria tesa a tutelare unicamente gli interessi del grande capitale industriale e bancario.

Di converso, assistiamo a un ulteriore stretta persecutoria e repressiva nei confronti della classe lavoratrice e delle masse sfruttate, con l’inasprimento delle già rigide norme sugli sbarchi degli immigrati, l’attacco frontale al già misero reddito di cittadinanza ai disoccupati, la criminalizzazione indiscriminata delle lotte e del conflitto sociale, il vero e proprio piano di “restaurazione” in chiave reazionaria sul versante dei diritti civili e della condizione delle donne e, su tutto, il silenzio tombale sulla rovinosa perdita di potere d’acquisto dei salari a provocata dall’inflazione galoppante.

Tanto più di fronte a un tale contesto, le opposizioni parlamentari (tutte a vario titolo partecipi o complici dei governi precedenti) e soprattutto gli apparati di Cgil-Cisl-Uil, si dimostrano ancora una volta del tutto inservibili, anzi veri e propri ostacoli per una ripresa di un movimento e di una mobilitazione di classe all’altezza della fase sociale drammatica che stiamo attraversando.

Occorre a nostro avviso, preparare nuove iniziative di lotta prima dell’estate, che sappiano iniziare a coinvolgere i milioni di lavoratori abbandonati dai confederali all’erosione dei salari e, se passasse la proposta Calderone di eliminare la causalità per il lavoro a termine di due anni, definitivamente condannati a un futuro di precarietà permanente.

In questo quadro vediamo quindi il Primo Maggio come una giornata di preparazione per una nuova fase di lotta unitaria da parte dei sindacati di base, centrata sulla opposizione alla partecipazione alla guerra da parte del governo italiano, e sulla rivendicazione di un aumento sostanziale e generalizzato dei salari a livello intercategoriale, che recuperi l’inflazione e vada a costituire la base per l’introduzione di una scala mobile dei salari, per la riduzione della tassazione sui salari (aggravata dall’inflazione con il fiscal drag) e per una imposta patrimoniale sui più ricchi, che costituisca la base per la salvaguardia del welfare, contro ogni misura di precarizzazione e di divisione dei lavoratori con il sistema degli appalti, contro l’attacco al reddito di cittadinanza e la criminalizzazione vergognosa nei confronti dei disoccupati, per un vero salario garantito; contro il razzismo e le nuove norme reazionarie sugli sbarchi.

Proponiamo un incontro tra tutti i sindacati di base il giorno … a … per preparare la giornata del Primo Maggio 2023 e porre le basi per le future, necessarie iniziative di lotta.

S.I. Cobas