Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dalle compagne del Comitato 23 settembre, già disponibile sulla loro pagina (vedi qui):
Ogni anno nel mondo 10 mila uomini sfigurano una donna con l’acido. Una forma di violenza seconda solo al femminicidio. Qualcuna grazie alla sua forza d’animo sopravvive, molte sono vive, ma morte al mondo. Nel frattempo i paesi sviluppati hanno decentrato nei paesi del cosiddetto “sud del mondo” le industrie a sfruttamento intensivo di lavoro. es. il tessile.
Penserete, ma cosa c’entra?
Nelle zone a sud del mondo, molte industrie, in particolare il tessile e la gioielleria, utilizzano tonnellate di sostanze corrosive. Il risultato? Migliaia di casi di donne sfigurate ogni anno. I casi si concentrano in Bangladesh e in Pakistan, nella cosiddetta “cintura del cotone”, cioè Punjab meridionale e nell’alto Sindh. Ne parla Acid survivors trust international.
In occidente giustamente denunciamo la violenza di genere da parte di uomini rancorosi e vigliacchi. Ma dimentichiamo la violenza del capitale, avido di profitto, che sfrutta le diseguaglianze economiche, geografiche e di classe, per operare una violenza equivalente.
Come donne dobbiamo portare la denuncia oltre il livello del privato, come lavoratrici dobbiamo guardare oltre i confini nazionali, dobbiamo costruire una solidarietà internazionalista degli sfruttati, nelle cui schiere il capitale “privilegia” le donne con i suoi doni tossici.
Le proteste delle operaie tessili di novembre 2023 in Bangladesh ci ricordano che non siamo le uniche a lottare e che nuove generazioni di donne combattenti stanno crescendo intorno a noi.