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Palestina: il lavoro sotto occupazione

* Intervista di Silvia Tagliabue al sindacalista palestinese. link: http://www.youtube.com/watch?v=RaYKisQHCfs

Mi chiamo Wehbi Badarni, sono il segretario di Sawt el-Amel, che significa La Voce del Lavoratore. Si tratta di un sindacato attivo tra i lavoratori palestinesi che vivono nella palestina storica del ’48, l’attuale Israele. Lobiettivo di questo sindacato è quindi quello di organizzare i lavoratori palestinesi in quest’area, lottare per i loro diritti e fornire loro assistenza legale.
A partire dagli accordi di Oslo, la situazione della classe lavoratrice in Palestina è notevolmente peggiorata. E anche dopo la seconda Intifada, quando Israele ha chiuso la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, la maggior parte dei palestinesi è diventata ancora più povera. Di fatto non c’é lavoro e quando c’è, non vi è nessun referente cui rivolgersi per far valere i propri diritti.
Per quanto riguarda invece i Palestinesi che vivono in Israele, molte aziende private o statali impediscono l’accesso al lavoro alla manodopera araba: per esempio, i palestinesi non possono lavorare nelle compagnie dell’elettricità, nelle aziende telefoniche, negli aeroporti, nei porti, perchè secondo Israele si tratta di luoghi protetti da segreto di Stato. Inoltre molti datori di lavoro assumono personale solo dopo che ha svolto il servizio militare e come si sa, i palestinesi che vivono in Israele sono esclusi dal servizio militare nell’esercito israeliano.
I lavoratori di Gaza e della Cisgiordania hanno salari molto bassi, 3-4 dollari al giorno, perchè l’economia è paralizzata. Sono costretti ad accettare questa situazione di sfruttamento perchè con il muro e il blocco israeliano non solo non c’è lavoro, ma non c’è neppure la possibilità di muoversi per andare a cercarlo altrove. Israele controlla completamente la vita economica dei palestinesi che risiedono in Israele e ha un controllo totale sulla striscia di Gaza e in Cisgiordania non solo per quanto riguarda l’economia, ma anche nell’accesso alle risorse a cominciare dall’acqua.
Esiste un sistema di discriminazione contro i Palestinesi che sono rimasti nella loro terra, che risale alla fondazione dello Stato di Israele, nel 48. Gli israeliani hanno sviluppato lindustria e leconomia per se stessi, escludendo i cittadini arabi. Vi faccio un esempio di questa discriminazione. Nellaprile del 2009, lazienda delle ferrovie Israeliane ha deciso di licenziare tutti i lavoratori arabo palestinesi, sebbene cittadini di Israele, dicendo che chi non aveva prestato servizio militare nellesercito israeliano non poteva lavorare nelle ferrovie dello stato. E così sono stati lasciati a casa dalloggi al domani 120 lavoratori palestinesi. Noi abbiamo iniziato una lotta e abbiamo intrapreso anche unazione legale per tutelarli. In questo momento stiamo ancora attendendo lesito del Tribunale del Lavoro.
Vi faccio un altro esempio: il proprietario di un albergo israeliano, nel quale prestavano servizio molti lavoratori palestinesi provenienti dai villaggi arabi di Israele, aveva chiesto al direttore del personale di fare in modo che i lavoratori non parlassero tra loro in arabo, perché questo dava fastidio a lui e alla clientela. Di fronte ad un rifiuto, il padrone ha licenziato tutti i lavoratori. Noi abbiamo organizzato una serie di manifestazioni davanti allalbergo e dopo una settimana il proprietario ha fatto marcia indietro e li ha riassunti tutti. Quindi, quando parlo di sistema di discriminazione non intendo episodi sporadici, ma di una situazione costante.
Il sindacato ufficiale, la Histadrut, è parte integrante della politica israeliana.
Già prima della fondazione dello Stato di Israele, ancora sotto il mandato britannico, la Histadrut ha fatto di tutto per spezzare il movimento sindacale palestinese. Il punto è che la Histadrut non ha mai fatto nulla per difendere i diritti e gli interessi dei lavoratori palestinesi. Nel 1976, quando il governo israeliano intraprese una massiccia confisca della terra dei contadini palestinesi che vivevano nella zona intorno a Nazareth, la Histadrut distribuì un volantino che diceva che se un lavoratore arabo avesse preso parte alle proteste e allo sciopero generale contro la confisca delle terre non sarebbe stato difeso da eventuali ritorsioni dei padroni. E questo lo affermava quello che dovrebbe essere il sindacato di tutti i lavoratori che stanno in Israele! Questo è accaduto di nuovo nel 2000, durante la seconda Intifada, quando i lavoratori palestinesi dIsraele parteciparono agli scioperi generali in solidarietà alla sollevazione nei territori occupati. La Histadrut non fece nulla per proteggerli dalla repressione e dai licenziamenti attuati dai padroni in accordo con l’autorità israeliana. *tratto da cubvideo