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La CGIL ritorna in gabbia

Era con questo titolo che il giornale “il Manifesto”, sabato 10 settembre, si occupava del “dopo-sciopero”  del 6 settembre. Un giornale di certo non ostile alla Cgil, soprattutto dopo che essa aveva deciso di proclamare quello sciopero rispetto all’ennesima manovra finanziaria del governo, decisa il 13 agosto.
Una manovra “lacrime e sangue”  contro tutti i lavoratori, la loro situazione economica e materiale (nel Pubblico Impiego ci sarà  il blocco per anni delle retribuzioni e della contrattazione, a parte la miseria di quella decentrata), i loro diritti, cancellati dall’art. 8 del decreto-legge, con cui il governo stabilisce che gli accordi aziendali possano abolire parti di contratti nazionali e leggi, compreso lo Statuto dei Lavoratori sulla tutela dai licenziamenti privi di giusta causa.
Contro il parere della sua opposizione interna, della Fiom nazionale e dei sindacati di base, in “gabbia” la Cgil aveva scelto di finirci e soprattutto di farci finire i lavoratori, siglando con Cisl, Uil e Confindustria l’accordo interconfederale del 28 giugno, che prevedeva già  accordi aziendali peggiorativi dei contratti nazionali (da approvare non dai lavoratori, ma solo dalla maggioranza dei membri delle RSU. Come dire: la democrazia sindacale è defunta!) e la limitazione del diritto di sciopero.
Poi, la fermata generale del 6 settembre, preceduta e accompagnata da scioperi articolati con blocco degli straordinari in molte aziende (l’una e gli altri partecipati anche dai sindacati di base), poteva dare l’impressione che i giochi non fossero ancora completamente fatti. Però…
 …Però è venuta la riunione del Comitato Direttivo Nazionale della Cgil del 9 e 10 settembre, che ha deciso di difendere a spada tratta l’accordo del 28 giugno e di non dare sviluppo alla mobilitazione dei lavoratori contro il decreto-legge con forme di lotta nei luoghi di lavoro e nelle città, impostate in modo da non risultare pesanti per il salario e da coinvolgere i vari settori sociali: dai movimenti per i “beni comuni” (quelli della vittoria dei referendum di giugno), ai disoccupati, ai precari, al personale scolastico, agli studenti in procinto di rientrare nelle scuole e nelle università.
Il Comitato Direttivo si è limitato a indire una manifestazione per sabato 15 ottobre dei dipendenti pubblici (speriamo che non serva a disturbare quella fissata da tempo, che si svolgerà  in contemporanea in tutti i Paesi dell’Unione Europea!); un’altra per fine ottobre o inizio novembre dei pensionati; una terza per fine novembre o metà  dicembre per il lavoro:  “campa cavallo, che l’erba cresce”!
E, nel frattempo (col beneplacito di Cisl e Uil, con cui – bontà  sua!- la segretaria generale della Funzione Pubblica Cgil, Dettori, si è complimentata per i loro presìdi alle prefetture degli ultimi giorni, i quali, piuttosto che essere di protesta, erano di incoraggiamento al governo a non mollare!), il decreto-legge si scaricherà  con la sua portata devastante sulla pelle di chi lavora!

        E’ per questo che i lavoratori hanno partecipato allo sciopero del 6 settembre???

Naturalmente, la manovra governativa non sarà  scongiurata dalle intese comparse in varie aziende, in cui ci si impegna a non dare corso al famigerato art. 8 del decreto-legge.
Infatti, se la lotta non riuscisse a impedirne l’approvazione ed esso entrasse in vigore, potrebbe essere ugualmente messo in pratica tramite nuove intese tra certi sindacati (o certi loro esponenti) e le direzioni, gli uni e le altre, com’è dimostrato dall’esperienza, sempre pronti a cambiare le carte in tavola.
Il segretario della FIOM nazionale (Landini) e il coordinatore nazionale dell’opposizione interna alla CGIL (Rinaldini) si sono dichiarati nettamente contrari alla decisione del Comitato Direttivo, mentre il presidente del Comitato Centrale della FIOM (Cremaschi) ha rivendicato il diritto ad agire in forte dissenso da quella decisione.
       
GIUSTISSIMO! Anche a decreto già  approvato dal Parlamento, per impedire che venga attuato nelle aziende e nei territori, uniamo le forze di chi non vuole abbassare la testa, costruiamo dal basso comitati unitari di lotta, diamo vita senza perdere tempo alla continuazione della mobilitazione e delle iniziative sindacali, contro l’art. 8 del decreto e contro tutto il decreto, contro anche l’accordo interconfederale del 28 giugno, tutti autentici assalti a chi lavora sotto padrone.
di Federico Giusti,  15.09.2011  COBAS PUBBLICO IMPIEGO PISA