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Ceva di Cortemaggiore: dove sta l’illegalità?

Dopo il ritorno al lavoro alla CEVA di Cortemaggiore, la provincia di Piacenza, mediatrice di turno, ha convocato un tavolo di trattativa per mercoledì alle ore 14 presso l’ufficio per l’impiego di Piacenza. Come S.I. Cobas manteniamo ferme le nostre posizioni: l’unico accordo possibile non deve prevedere alcuna riduzione di salario per gli operai.

In altri termini, la loro crisi, vera o presunta che sia, non la paghiamo noi. Ripetiamo quindi che le soluzioni possibili sono solo tre:

1) blocco degli straordinari e dell’utilizzo di manodopera esterna, garantendo ai 48 operai di Ceva le 8 ore giornaliere previste dal contratto;

2) cassa integrazione in deroga, con turni di riposo che non superino una settimana al mese per ogni operaio, e con l’integrazione del salario perduto a carico dell’azienda;

3) trasferimento temporaneo, con turni a rotazione e spese di viaggio a loro carico, degli operai dichiarati in eccesso, presso altri stabilimenti gestiti dalla cordata CEVA-CAL

Detto questo, ci pare doveroso aggiungere alcune considerazioni “a margine”. Per dovere di cronaca va ricordato che la CEVA Logistica si è servita per diversi anni della Morgan, il cui principale dirigente, Fumagalli, è finito in manette per truffa e concussione insieme all’allora dirigente dell’Ufficio Provinciale del Lavoro Filosa, e con il coinvolgimento del segretario CISL Salerno.

Ci pare quindi vergognoso che, di fronte alla sacrosanta protesta degli operai, i confederali non trovino di meglio che…schierarsi con l’azienda.

Tra appelli alla ragionevolezza degli operai che con gli scioperi mettono a rischio l’azienda, fino all’invocazione dell’intervento delle forze dell’ordine per ripristinare la legalità (?!), passando per chi si rifugia nella rivendicazione del regolamento per l’applicazione della CIG, siamo stati testimoni oculari della loro opera di costante crumiraggio, culminata – mentre era in corso il picchetto – in una discussione con l’azienda sulle tabelle di produttività minime da imporre agli operai per fronteggiare le difficoltà dell’azienda.

Se non fossimo abituati a tali meschinità (per non infamie), ci sarebbe da gridare allo scandalo.

Ma così non è; questo è il normale operato di chi è passato armi e bagagli con i padroni, abbandonando i lavoratori al loro destino di operai schiavizzati.

Per fortuna la maggioranza dei nuovi schiavi ha deciso, a Cortemaggiore come altrove, di alzare la testa, mettendo a nudo il re e la sua infame politica.

Sappiamo cioè che, dietro la rigidità aziendale (disposta a rischiare il loro principale cliente come l’LG, pur di non cedere alla richiesta degli operai autorganizzati), c’è una questione prettamente politica: vogliono liquidare lo stabilimento perchè troppo sindacalizzato e quindi ostacolo per i piani di rilancio della cordata padronale che lo gestisce.

Gli operai di Cortemaggiore lo hanno ben capito e, con i fatti, hanno dimostrato di essere l’unica reale alternativa ad un sistema di sfruttamento e corruzione che dilaga e che sta portando l’intero paese (e non solo) sull’orlo del tracollo economico, per non parlare del livello morale.

Avranno un bel da fare costoro (e le istituzioni statali che li difendono) per cercare di dimostrare che gli operai sono criminali perchè bloccano alcuni camion e un’esigua minoranza di crumiri legati a doppio filo con le mafie padronali e/o schiacciati dal ricatto del permesso di soggiorno.

La festa per loro è finita. Ma non andranno in pace.

Mercoledì la loro ultima via d’uscita per salvare un briciolo di dignità, se gliene è rimasto. Ma è più che lecito dubitarne.

Sindacato Intercategoriale COBAS Piacenza