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Pierre Monatte : La condanna della guerra imperialista nella lettera di dimissioni di Pierre Monatte dal Comitato Confederale della CGT dicemre 1914

Pierre Monatte : La condanna della guerra imperialista nella lettera di dimissioni dal Comitato Confederale della CGT (Dicembre 1914)

 

Come è noto, i partiti della II Internazionale, a cominciare dal più potente, la Socialdemocrazia tedesca, aderirono alla guerra, con qualche eccezione, e anche molti anarchici e sindacalisti rivoluzionari li seguirono su questa via. Ma ci furono in tutti i paesi militanti, famosi oppure sconosciuti, che seppero con coraggio opporsi a questo tradimento. Uno di questi è Pierre Monatte (1881-1960). Correttore di bozze, anarchico e poi tra i fondatori della rivista sindacalista rivoluzionaria “La Vie Ouvrière”, nel corso della I guerra mondiale fu internazionalista zimmerwaldiano e in contatto con Trotsky. Aderì al PC francese solo nel ’23, ma ne venne espulso l’anno successivo per la solidarietà espressa verso Trotsky. Fondò, nel 1925, la rivista Révolution Prolétarienne e il gruppo omonimo.
La lettera è stata recentemente ripubblicata in un quaderno fuori serie de “Le Nouveau Grain de Sable”, dedicato al movimento operaio durante la I guerra mondiale.

 

Pierre Monatte : Lettera di dimissioni dal Comitato Confederale della CGT (dicembre 1914)

Compagni,

Dopo il voto formulato nella seduta del 6 dicembre dal Comitato Federale, considero un dovere rinunciare al mandato che mi avete affidato.

 

Ecco le ragioni che hanno dettato la mia decisione : in questi ultimi cinque mesi, con stupore, con dolore, avevo visto il Comitato Confederale registrare puramente e semplicemente l’accettazione da parte del suo segretario generale di una missione ufficiale di commissario della nazione.
Qualche settimana dopo, la Commissione Confederale inviata a Bordeaux ha accettato di fare un giro di conferenze per conto del governo. .

Militanti sindacalisti, funzionari di organizzazione hanno tenuto un linguaggio degno di puri nazionalisti. Oggi, il

 

Comitato Confederale ha appena rifiutato la sua simpatia agli sforzi tentati per la pace da parte dei socialisti dei paesi neutrali. Secondo il Comitato Confederale, parlare in questo momento di pace costituirebbe un errore, quasi un tradimento, una sorta di complicità nella manovra tedesca, proprio come per Le Temps e per il governo. In queste condizioni, mi è impossibile restare ancora al suo interno, perché credo, al contrario, che parlare di pace sia il dovere che compete, in queste ore tragiche, alle organizzazioni operaie coscienti del loro ruolo.

Il 22 novembre, il segretario confederale portava a conoscenza del Comitato un invito alla Conferenza dei socialisti dei paesi neutrali organizzata a Copenaghen, per il 6 e 7 dicembre, dai partiti socialisti scandinavi.

 

Nell’oppormi all’ordine del giorno, facevo la seguente proposta: che la CGT rispondesse assicurando ai socialisti scandinavi che, se ci era impossibile inviare un delegato, avremmo seguito i loro sforzi in favore della pace con la più grande simpatia e che avremmo fatto voti per il successo di Copenaghen. Alla seduta del 29 novembre, la Fédération des Métaux depositava una risoluzione motivata, ispirata allo stesso spirito, alla quale aderivo immediatamente.

Come e da chi fu combattuta ? con quali argomenti ?

Sarebbe troppo lungo dirlo qui ; ma i verbali del Comitato Confederale del 22 novembre, 29 novembre e 6 dicembre ve lo chiariranno senza dubbio i prossimi giorni.

 

Il 6 dicembre, il Comitato Confederale si trovava di fronte tre proposte : la prima della Fédération du Bâtiment, tendente a non dare alcuna risposta ; la seconda, di Luquet, comportava restrizioni importanti e l’accordo della CGT e del partito su un testo comune di risposta, Infine, quella dei Métaux. Il comitato si pronunciò innanzitutto sulla proposta a carattere pregiudiziale del Bâtiment, adottandola con 22 voti contro 20 e 2 astensioni. Non c’è dubbio che la proposta dei Métaux sarebbe stata sconfitta, il 6 dicembre, da una forte maggioranza.

 

Così, ancora una volta, appelli socialisti a favore della pace non avranno trovato alcun eco nelle organizzazioni centrali francesi e neppure nella stampa operaia di questo paese, e questa è giunta pure a rifiutare di riprodurli. Appelli e iniziative conformi, tuttavia, alla risoluzione dei congressi socialisti internazionali di Stoccarda, di Copenaghen e di Basilea, che dichiara:

« Nel caso in cui la guerra scoppiasse, tuttavia, è dovere (delle classi operaie) intervenire per farla cessare prontamente e utilizzare con tutte le loro forze la crisi economica e politica dalla guerra per agitare gli strati più profondi e precipitare la caduta della dominazione capitalistica ».

 

Keir Hardie e l’Independent Labour Party, in Inghilterra, si sono sforzati di adempiere questo dovere fin dai primi giorni; come i due partiti socialisti russi; come i socialisti italiani e svizzeri nella loro Conferenza di Lugano e il partito socialista americano con la sua iniziativa di un Congresso socialista internazionale straordinario. E’ un dovere che ha appena ottemperato Karl Liebknecht e con lui una minoranza del partito socialista tedesco con la sua protesta al Reichstag, il 2 dicembre :

» Una pace rapida che non umili nessuno, una pace senza conquiste, ecco, dichiara, quello che bisogna esigere. Tutti gli sforzi in questo senso devono essere ben accolti.

 

Solo l’affermazione continua e simultanea di questa volontà in tutti i paesi belligeranti, potrà fermare il sanguinoso massacro prima dell’esaurimento completo di tutti i popoli interessati. “Solo una pace basata sulla solidarietà internazionale della classe operaia e sulla libertà di tutti i popoli può essere una pace durevole. E’ in questo senso che i proletari di tutti i paesi devono fare, anche nel corso di questa guerra, uno sforzo socialista per la pace ».

 

E’ comprensibile, in una certa misura, che le masse del popolo, ingannate ed eccitate giornalmente dalla stampa, da tutta la stampa, abbiano accettato come articoli di fede tutte le dichiarazioni governative. Ma che i militanti del sindacalismo non abbiano mostrato più chiaroveggenza, che non abbiano apportato più senso critico nell’esame delle affermazioni governative, che si siano lasciati conquistare dalla febbre della vanità nazionale, che abbiano perduto il ricordo dei principi che guidavano fino ad ora le loro azioni, ecco lo spettacolo più rattristante.

Quando Poincaré, saranno due anni il mese prossimo, ascese alla presidenza della Repubblica, alcuni di noi si dissero: “Avremo la guerra prima della fine del settennato”.

 

L’abbiamo avuta meno di due anni dopo. Questa guerra prevista, temuta da noi, questa guerra voluta, preparata dai nostri politici dello spirito nazionalista, è quella che la maggioranza del Comitato Confederale considera ora come una guerra di liberazione per l’Europa, come una guerra capace di portare la libertà e la Repubblica in Germania e di distruggere il militarismo universale.

Che illusione !

Questa guerra, di cui l’attentato di Sarajevo fu solo il pretesto, ha le sue origini reali nel duello economico anglo – tedesco e nella rivalità germano –slava.

 

L’alleanza russa, già la vergogna della Repubblica francese, ha precipitato il nostro paese nell’abisso. L’alleanza russa e le ambizioni marocchine dei nostri colonialisti. Il Kaiser non ha fatto che anticipare l’ora della conflagrazione europea. La sua responsabilità è più pesante di quella di qualsiasi governo ; ma quella dei governi francese, russo e inglese non sono affatto leggere.

Ancora non è accertato che il governo francese abbia fatto tutto per salvaguardare la pace nell’ultima settimana di luglio. Nessun dubbio che la diplomazia segreta – i cui misfatti sono stati tante volte denunciati – abbia giocato un ruolo considerevole nella dichiarazione di guerra.

 

I lavoratori coscienti delle nazioni belligeranti non possono accettare in questa guerra la minima responsabilità ; pesa interamente sulle spalle dei dirigenti dei loro paesi. E lungi dallo scoprire ragioni per avvicinarsi a loro, possono soltanto rafforzare il loro odio per il capitalismo e per i loro stati. Bisogna, oggi, bisognerebbe più che mai conservare gelosamente la nostra indipendenza, attenerci risolutamente alle concezioni che sono nostre, che sono la nostra ragion d’essere. Se le si crede false, lo si dica! Solo allora si avrà il diritto di fare del nazionalismo sotto tutte le forme,
nazionalismo politico e nazionalismo economico. Ma temo fortemente che le nostre organizzazioni centrali, in Francia come in Germania, la CGT come il Partito socialista, l’Unione Sindacale Internazionale come l’Internazionale Socialista, abbiano firmato il loro fallimento.

 

Esse si erano appena rivelate troppo deboli per impedire la guerra, dopo tanti anni di propaganda organizzativa. Ma si poteva ancora dire che l’errore forse era delle masse rimaste in disparte, e che non avevano compreso i doveri dell’internazionalismo. Quest’ultimo barlume di speranza vacilla sotto le parole dei militanti da un paese all’altro. E’ al centro che il fuoco, cioè la fede, è mancato.

 

Se l’umanità deve conoscere un giorno la pace e la libertà, negli Stati Uniti del mondo, solo un socialismo più autentico e più ardente, che sorga dalle delusioni presenti, temprato nei fiumi di sangue di oggi, può condurcela. Non sono, in ogni caso, gli eserciti degli alleati e neppure le vecchie organizzazioni disonorate a poterlo fare. Perché credo, cari compagni di Gard e del Reno, che la CGT si è disonorata col suo voto del 6 dicembre, rinuncio, non senza tristezza, al mandato che mi avete affidato.

 

Pierre Monatte, Dicembre 1914