SULLE VIOLENTE PROTESTE SEGUITE ALL’UCCISIONE IL 9 AGOSTO DELL’ANNO SCORSO
DEL 18ENNE NERO MICHAEL BROWN DA PARTE DI UN GIOVANE POLIZIOTTO BIANCO… E OLTRE.
(L’intervista è tradotta dallo spagnolo, a cura di PonSinMor)
Immagino che tu avessi previsto di iniziare con gli avvenimenti recenti, sulla
scia degli assassinii di Ferguson, di New York… con l’oppressione poliziesca,
in definitiva, non è vero?
Come probabilmente è noto alla maggior parte del nostro pubblico, questo movimento è cominciato
nell’agosto della scorsa estate [2014], alla periferia della città di St. Louis, in una piccola
città chiamata Ferguson, e qui c’è già una storia molto interessante, perché 30, 40 anni fa, St
Louis, come molte città (si trova nel Midwest, quasi nel mezzo)… in questa zona, c’era una forte industrializzazione.
Ma, dalla crisi degli anni settanta, iniziò un’ondata di chiusure di fabbriche, ristrutturazioni…
cose che voialtri conoscete molto bene nelle Asturie… E, naturalmente, tutto questo ha
trasformato profondamente la città di St. Louis e le periferie come Ferguson, che era una città veramente
operaia, quindi; dovrei aggiungere di maggioranza operaia bianca.
Con la ristrutturazione
e la disoccupazione permanente, a poco a poco, Ferguson, come molte piccole città lì vicino, si
trasformò in una città con significativa presenza nera, non so con esattezza le cifre, ma per darvi un
quadro più generale, si può dire che in questo paese, settimanalmente, la polizia uccide da qualche
parte due o tre giovani neri o latini in vari tipi di incidenti. Ma è ovvio che è qualcosa che accade
soprattutto con le minoranze razziali negli Stati Uniti: la polizia non sta uccidendo giovani
bianchi in situa zioni simili. E questo accade da anni. Non conosco i numeri esatti, ma dal 1960,
oltre a migliaia di giovani che hanno vissuto in prigione (soprattutto per incidenti che coinvolgono
le droghe), le morti di giovani neri e latini devono essere migliaia. Devo aggiungere che, in questo
paese, un latino è qualcuno che, in generale, parla spagnolo e ci sono variazioni nell’Est…e nel
sud-ovest, queste persone si chiamano chicanos (in Oriente, dove vivo, la parola «politicamente
corretta» è latino – e non solo le persone nate negli Stati Uniti da generazioni precedenti, ma anche
gli immigrati portoricani, dominicani e di altre isole dei Caraibi sono inclusi in questo gruppo…, ma in generale, userò il termine latino per riferirmi a chiunque di lingua spagnola o di origine [ispanica]
o messicano.).
In generale, questi incidenti tra la polizia e i giovani neri e latini, avevano luogo in una situazione,
non so se tollerata… ma di silenzio e di enorme passività sociale, con alcune eccezioni (non
molte).
Non so esattamente perché appunto l’uccisione del giovane Michael Brown a Ferguson ha
lanciato il movimento, ma ho l’impressione che molte persone, soprattutto giovani, naturalmente,
han deciso di dire: ora basta, dobbiamo fare qualcosa… e penso che la situazione si fosse aggravata
per il fatto che la polizia aveva lasciato il corpo di Michael Brown, sulla strada per quattro ore e
mezza, col sole d’estate… un ultimo atto di barbarie, per intenderci… E questo elemento aggiuntivo
di disgusto è stata l’ultima goccia nel bicchiere, che ha fatto precipitare la situazione. Da quella sera
iniziò una settimana, almeno, di dimostrazioni, scontri… Per esempio, c’era una speciale cerimonia
di sepoltura, in cui erano presenti molti genitori e molte persone della città, e tutto era molto tranquillo,
calmo… ma la polizia arrivò nello stile dei militari americani in Iraq, con armi incredibili.
Vorrei aggiungere, tra parentesi, che molto tempo fa il Pentagono, il quartier generale delle forze
armate, stava vendendo armi, carri armati… a qualsiasi comune e il Consiglio comunale per la polizia
locale. Pertanto, era quasi come un’invasione armata di Ferguson da parte della polizia, e credo
perciò che queste cose hanno contribuito tanto all’intensificazione della lotta. Bisogna però vedere
tutto da una certa prospettiva storica: questi ultimi tre o quattro anni hanno visto incidenti di
questo tipo e sempre più contrassegnati da questo tipo di combattimento. Tre o quattro anni fa, un
giovane nero a Oakland (vicino a San Francisco), Oscar Grant, è stato assassinato dalla polizia
nella metropolitana, dopo un confronto verbale, e ci furono due o tre notti di scontri nel cuore di
Oakland, con auto bruciate e così via…
All’epoca della morte di Oscar Grant tre o quattro anni fa, ci fu anche un caso molto pubblicizzato
nello stato della Florida, dove un altro giovane nero di 17 anni era in strada, alla ricerca di
qualcosa in una bottega, fu arrestato, non da un agente di polizia, ma da una guardia privata del
distretto, nello stesso distretto dove viveva il padre del giovane. Ci fu un confronto verbale, senza
testimoni… ma il fatto è che il giovane nero finì morto con due proiettili nel cuore… Questa volta ci
fu quella mobilitazione ufficiale, e in questo caso, una prova contro la guardia, ma come si può intuire,
questa fu dichiarata non colpevole. E un po’ ovunque nel paese, ci sono state dimostrazioni
per tre o quattro giorni e basta… Tutto questo lo dico per sottolineare che, ciò che è cambiato a
Ferguson, è che la gente non ha fatto ritorno a casa: settimana dopo settimana sono rimasti mobilitati,
e quando arrivarono i politici di professione neri, i giovani li espulsero dalla città; anche con
tattiche e strategie molto originali: molte persone attraversavano la strada con le braccia in aria urlando
«non sparate», un metodo piuttosto pacifico e al tempo stesso aggressivo di confrontarsi con
la polizia, e ciò è continuato notte dopo notte. Infine, la gente si calmò in attesa di un processo
contro la polizia in questione, per la quale si apriva l’accusa di omicidio… Come era prevedibile,
circa tre settimane fa, è stato annunciato che non ci sarebbe stato nessun atto d’accusa contro la
polizia e, con questa decisione, i giovani di Ferguson (e, devo aggiungere, si mobilitarono i loro
padri, non solo i giovani neri) tornarono sulla strada, questa volta con una certa violenza (diversi
negozi e cose del genere distrutte).
E tutto questo stava accadendo mentre si celebrava un processo
a New York, nel quale in un distretto, a settembre, allo stesso tempo un nero di circa 50 anni,
Eric Garner, una persona di strada, grasso, asmatico…stava vendendo sigarette sciolte sulla strada,
senza autorizzazione ufficiale da parte del comune per questo tipo di vendita… Arrivò la polizia,
uno scontro verbale… quattro poliziotti finiscono per strangolarlo, e qualcuno che filma tutto. La
sua morte è stata vista online da milioni di persone. È stato un incidente ancora più grave che
quello di Ferguson, se possibile. Poiché l’uomo in questione era asmatico, aveva ripetuto undici
volte «non posso respirare»… ed è morto. Ecco perché, nelle manifestazioni delle scorse settimane,
il grido «Non posso respirare» è stato usato come slogan dai manifestanti. Mentre il movimento era
in strada a Ferguson, è stato anche annunciato a New York che non ci sarebbe stata nessuna ac-cusa nei confronti dei funzionari di polizia. Quindi, il movimento ha cominciato ad essere nazionale
e internazionale (l’ambasciata a Londra è stata attaccata da un migliaio di persone tre o quattro
giorni fa, ci sono state dimostrazioni di solidarietà a Parigi…). Naturalmente, qui tutti i tipi di manifestazioni
si sono intensificati. Sabato scorso, per esempio, c’era una manifestazione nazionale, con
la gente per strada in 100-120 città, alcune come New York iniziate alle 14.00, ma c’erano persone
(libertari, anarchici, persone più radicali…) rimaste in strada a mezzanotte a bloccare autostrade,
ponti, scontrandosi con la polizia e simili. Un compagno francese mi ha scritto due settimane fa
chiedendomi perché in tante manifestazioni di questo tipo c’era una maggioranza bianca. È innegabile
che in altre città c’era una maggioranza o la totalità nera tra i dimostranti. Ma, per esempio,
a Minneapolis o Seattle (nord-ovest), la maggior parte era bianca e furono che io sappia negli
scontri più duri di tutti. Come possiamo spiegare tutto questo? In poche parole, i neri sanno per
lunga esperienza che lo scontro sulla strada con la polizia ha un prezzo molto più elevato per loro
che per i bianchi, per motivi che possiamo immaginare (la minaccia del carcere, le percosse in prefettura,
gli spari [della polizia] negli scontri… più presente quando c’è la maggior parte o tutti neri
[in segno di protesta]). Direi che, in generale, due gruppi presenti in queste dimostrazioni, sono
stati, in primo luogo, il «precariato» bianco e poi un numero impressionante di neri. Il «precariato»
è uno strato sociale [composto] più o meno di ex-membri della classe media; gli studenti e, in generale,
[è] una subcoltura in questo paese, in città come San Francisco, Oakland, Seattle, Minneapolis…
abbastanza grande.
Questa gente ha già fatto le prime esperienze di mobilitazione in strada con il movimento Occupy!
Occupy! si è concluso alla fine del 2011, in inverno e sembrava scomparire per un po’… ma
credo che ci sia una chiara continuità di quel movimento con l’attuale mobilitazione. La differenza
essenziale, in molte città, è la presenza imponente dei neri (in diversi casi, la maggioranza). In generale,
i neri erano scettici verso Occupy (con eccezioni come Oakland), lo vedevano come un
movimento di “bianchi” che non avevano niente a che fare con i propri interessi. Ma questa volta,
naturalmente, era al contrario, come a New York, nelle mobilitazioni in cui ero, che c’era un 30 o
40 per cento dei neri. La città di Oakland è un caso speciale. Poiché è vicina a San Francisco e alla
città universitaria di Berkeley, essa ha una lunga tradizione di radicalità locale; ad esempio, le
Pantere Nere sono nate nel 1960 a Oakland e così diversi movimenti.
È una città della maggioranza
nera che negli ultimi anni, inoltre, è stata trasformata da un’invasione di Yuppie, tecnici di nuove
imprese tecnologiche; dalla gentrificazione, una nuova pressione, ad esempio negli affitti, nel
prezzo degli alloggi…per tutti e, soprattutto, per i neri poveri. Già Occupy!, tre anni fa, aveva una
dimensione proletaria più profonda laggiù che in qualsiasi altra città del paese, non solo per la parte
dei neri, ma anche per quella dei latinos; è riuscito a bloccare due volte il porto di Oakland, un
importante porto della costa occidentale, c’erano «scioperi generali» nel novembre e dicembre
2011… Cose così non hanno avuto quasi nessun luogo altrove. Dico tutto questo per indicare che
Oakland è una città un po’ a parte nel movimento generale negli USA, per questa dimensione proletaria
e questa partecipazione nera tre anni fa. Non so esattamente quando finirà questo movimento
attuale, ma il suo impatto è stato già abbastanza impressionante. Il movimento nelle strade
ha costretto quasi tutta la classe politica, destra, centro, «sinistra» a rispondere sugli omicidi dei
giovani neri e forse, in alcuni casi, anche il governo intenterà un’azione civile contro gli agenti di
polizia coinvolti nella morte di Ferguson e Eric Gardner a New York. Per darvi un po’ di contesto,
basterà passare attraverso le elezioni biennali, con bassissima affluenza, e il partito repubblicano
(destra estrema) ha vinto una maggioranza in Congresso. Per inciso, vorrei dire che negli Stati Uniti
abbiamo un partito di destra (PR) e un partito di centro-destra (P.D.), e non mi ricordo quando
c’era un vero partito di sinistra o addirittura un partito social-democratico classico come in diversi
paesi europei; si tratta di un altro elemento un po’ strano negli Stati Uniti. Ma da ora in avanti, il
gioco politico, a livello nazionale, è una preparazione per l’elezione del 2016 e c’è di che interpretare
in questi termini tutto ciò che fa il governo e i politici, ossia prepararsi, collocarsi politicamente nella preparazione delle prossime elezioni. Abbiamo in questo paese una campagna elettorale praticamente
permanente: quando le elezioni biennale si fermano, immediatamente inizia la prossima
campagna per la Presidenza e avanti tale e quale. Tutto questo per dire che le manovre intorno a
questi incidenti, questi omicidi di giovani neri, vanno interpretati in termini di prospettive elettorali
dei politici.
Abbiamo parlato dell’ attualità e di qualche scenario futuro, forse quello che
ci tocca è di andare un po’ al passato, per comprendere questi eventi in chiave
storica.
Sì. Nella mia esperienza, a vivere un anno e mezzo in Spagna e viaggiare in diversi paesi europei,
in generale valutando di essere molto «anti-americano» io stesso, ho trovato tra i compagni
molti stereotipi sugli Stati Uniti. Come è noto, uno stereotipo non è necessariamente falso, ma
spesso esagerato, così cercherò di mettere in una prospettiva più concreta i rapporti tra razza e
classe sociale per spiegare il contesto di questa guerra della polizia contro la gioventù nera e latina
fin da almeno gli anni ’60. Fin dall’inizio, gli Stati Uniti sono sempre stati un Paese di immigrati, da
un lato, ma naturalmente i neri venuti qui come schiavi non erano immigrati in senso assoluto.
Tanto meno lo erano un altro gruppo importante, gli indiani, che qui ci sono stati da sempre. E fin
dall’inizio c’era questa dialettica tra classe e razza e, allo stesso tempo, in politica estera, di una
guerra permanente contro gli indiani, per 250 anni, fino alla fine del XIX secolo.
Una cosa molto
interessante è che, all’inizio, le prime colonizzazioni importanti erano, da un lato, nello Stato del
Massachusetts, dove si trova la città di Boston, per la parte dei puritani e di altri rifugiati religiosi, di
solito provenienti dalle sinistre e dall’Inghilterra. Dall’altra parte, nello stato della Virginia, capitale
Washington (attualmente), con una classe agraria, non di latifondi ma con ingenti investimenti in
tabacco; un altro mondo, nettamente distinto dall’economia del Massachusetts. C’è da capire che,
all’inizio, il rapporto degli schiavi neri africani con i lavoratori agricoli bianchi non aveva ancora un
connotato razziale, questi lavoratori inglesi molto spesso erano quei prigionieri che erano stati più
o meno espulsi dall’Inghilterra e inviati a fare lavori forzati nello Stato della Virginia e anche lavoratori
domestici di grandi proprietari terrieri; il loro status sociale non era affatto distinto da quello
degli schiavi, e c’era una certa uguaglianza tra i bianchi poveri e schiavi. Poi, nel corso del XVII secolo,
ci furono due insurrezioni di bianchi e neri contro la classe latifondista purtroppo senza successo,
molto represse. Il risultato è che, verso la fine del XVII secolo, la classe dei proprietari terrieri
decise che bisognava creare una distinzione tra i bianchi poveri e gli schiavi, per introdurre un
«privilegio bianco», e per questo emanarono una serie di leggi che distinguevano i bianchi dai neri,
un principio essenziale per capire cosa è successo dopo. Non c’è niente di naturale, chiaramente,
nel razzismo e in questa gerarchia di colore, era una creazione cosciente della classe dirigente e oltre.
E alla fine, quello che è successo in Virginia nel XVII secolo si generalizzò a tutto il paese nel
corso della storia del nord America. È molto interessante, e questa storia è ancora mal conosciuta.
Per completare la situazione, più a nord, in Massachusetts, i puritani han cominciato quasi immediatamente
una serie di guerre contro diverse tribù indiane con molti massacri, essenzialmente
come nella guerra del Viet Nam, 350 anni prima… È un’altra questione chiave, e se vi entro, non
finiremmo mai.
A metà del XIX secolo ci fu la guerra di secessione, molto importante nella storia nordamericana.
Per la parte nord, anche se è complicato…c’era l’intenzione di porre fine alla schiavitù in tutto il
paese, era un obiettivo importante. Come spiegarlo? L’agitazione contro la schiavitù cominciò in
questo stesso stato del Massachusetts. In un certo senso, era e rimane lo stato più liberale del paese.
C’era un senatore del sud, della Carolina del sud, uno Stato strettamente legato con la reazione
sudista, che una volta disse che in Massachusetts c’era femminismo, socialismo, comunismo e
qualsiasi altro «ismo» si desidera. Ed è stato un po’ così che è iniziata la vita politica in questo stato;
lì, soprattutto, c’era un gruppo che, a partire dagli anni ’30 e ’40 del XIX secolo, si chiamò degli
abolizionisti, vale a dire persone che volevano abolire la schiavitù ed erano molto radicali. Ma era-no persone provenienti dalla classe media e iniziarono la loro agitazione, sempre più radicale; in
particolare John Brown, verso la fine degli anni 1850, iniziò una serie di azioni militari contro il potere
degli schiavi, l’attacco più importante con 30 o 40 uomini contro una fortezza militare, di Harper
Ferry, in Virginia; un fallimento, la maggior parte furono assassinati e lo stesso Brown giustiziato
poco dopo, ma, in un certo senso, fu l’incidente che più o meno segnava l’inizio della guerra civile,
iniziata un anno dopo, 1860. Dico tutto questo per sottolineare il fatto che in molti casi l’agitazione
è contro l’oppressione razziale dei neri…C’erano sempre gruppi di bianchi, più solitamente
negli strati intermedi del paese, che erano contro la schiavitù nel XIX secolo, contro il razzismo (ufficiale
o non) nel Novecento, in alleanza, naturalmente, con militanti neri… e tutto questo lascia la
classe operaia bianca in una situazione di ambiguità, cosa che è la diretta eredità delle prime leggi
che menzionavo della Virginia nel XVII secolo; come dicevano all’epoca i proprietari terrieri: dobbiamo
dare al lavoratore bianco l’idea che ha qualche interesse per l’ordine sociale stabilito; cioè,
offrendogli un vero privilegio, in termini psicologici e a volte economici contro i neri; perché obiettivamente,
naturalmente, bianchi e neri hanno molti più interessi in comune, ma c’è sempre stata
un’importante corrente di lavoratori bianchi razzisti in questo paese (consapevolmente o no), che
potrebbe spesso agire in maniera razzista, anti-negra. Ad esempio, nella guerra civile di secessione
americana (1860-1865), ci fu nella città di New York un’insurrezione di lavoratori irlandesi contro
la coscrizione che finì con l’incendio di una casa piena di bambini neri al grido di “Non combatteremo
nella guerra dei neri”. Cose così. Cioè, in ogni momento importante nella storia di questo
paese, c’era sempre una base di un certo strato di lavoratori più o meno a favore della gerarchia
razziale istituita nel XVII secolo.
Una elemento essenziale per capire la storia degli Stati Uniti è che proprio alla fine della guerra
civile di secessione c’era nel Congresso e nel partito repubblicano (cioè, in coloro che avevano sostenuto
la guerra contro il sud), l’idea di creare una classe contadina libera dei neri negli Stati del
sud, mediante l’espropriazione della terra dei grandi proprietari terrieri, persone che avevano praticato
la schiavitù per due secoli. Queste terre furono infatti espropriate, ma non si creò quella classe
contadina nera indipendente; quello che è nato, invece, dalla metà degli anni ’60 all’inizio degli
anni ’70 del XIX secolo, è stato un movimento da parte dei bianchi, che può essere definito senza
problemi un movimento terrorista, per terrorizzare la popolazione nera e per combattere con tutti i
mezzi possibili contro la creazione di questa nuova classe di contadini liberi. A mio parere (e non
solo) forse è il problema più importante nella storia degli Stati Uniti: invece di una vera emancipazione
della schiavitù era il ricostituirsi della sottomissione dei neri; invece di essere schiavi, essi diventavano
lavoratori sulle terre appartenenti ancora alla vecchia classe di proprietari terrieri, molto
poveri, molto oppressi fino alla metà del XX secolo. Non credo di enfatizzare [a sufficienza] l’importanza
di questo episodio subito dopo la guerra civile.
Poi è arrivata l’industrializzazione del paese, e una cosa molto interessante che io stesso non ho
capito molto bene fino a quando ho cominciato a studiare seriamente la storia americana, è che a
differenza di alcuni paesi in Europa, per esempio, dove c’era una pausa molto importante tra feudalesimo
e capitalismo moderno, l’aspetto «affascinante» della storia americana è che c’era industrializzazione,
ma con l’integrazione della vecchia cultura pre-industriale, cioè che questa gerarchia
tra bianchi e neri e le relazioni sociali, soprattutto nel sud, rimanevano le stesse in un contesto
completamente nuovo di produzione industriale capitalista. È un problema per il marxismo in
questo paese: si dice che un marxismo cieco alla questione del colore è un marxismo cieco; Ci sono
stati fino oggi molti marxisti «ciechi» in materia. Devo confessare che io stesso, nella mia giovinezza
ero dell’idea che un proletario è un proletario, bianco, rosso o giallo, non è importante. Ma
no (e questo non può essere capito leggendo il Capitale di Marx), si deve capire studiando la formazione
specifica della classe operaia negli Stati Uniti, con la conservazione di questa ideologia e
pratica preindustriale create dallo stato della Virginia. Quindi, è un fatto molto interessante che fino
al 1900, il 90% dei neri «emancipati» rimasero negli Stati del profondo Sud (Mississippi, Alaba-ma…). La grande emigrazione industriale a nord dei neri del sud cominciò con la prima guerra
mondiale e continuò negli anni Venti, Trenta… Con la seconda guerra mondiale, ci fu una massiccia
emigrazione verso il nord e per la prima volta si creò veramente una classe operaia multirazziale,
soprattutto nei centri industriali come Detroit, Chicago e altri nel Midwest degli Stati Uniti.
Poi, da un lato, sembrava romanzo rispetto al passato, ma dall’altro, con la stessa gerarchia razziale,
questa volta nella produzione e nella vita quotidiana delle città del Nord. Ad esempio, nelle
fabbriche di automobili di Detroit e altre città del Midwest, gli operai bianchi avevano, in generale,
i migliori lavori e i neri sempre i peggiori. Il ruolo dei sindacati, soprattutto dei lavoratori del settore
auto [United Auto Workers], stavo per dire che era ambiguo, ma non era affatto ambiguo, il sindacato
ha contribuito a mantenere questa situazione fino alla fine degli anni ’60, quando cominciò
una vera insurrezione nera negli Stati del Nord, compreso nelle fabbriche di Detroit, Chicago, ecc.
Per la prima volta, c’erano lotte contro questo tipo di separazione nelle fabbriche. In generale, con
delle eccezioni, il ruolo della classe operaia bianca in questa parte degli anni ’60 e primi anni ’70
non era brillante. Ci sono stati alcuni episodi di solidarietà ma erano eccezionali; la regola era piuttosto,
come ho detto, una perpetuazione della gerarchia razziale, una mancanza di solidarietà tra
bianchi e neri. Nei primi anni ’70, in particolare, sembrava che i capitalisti avessero veramente
perso il controllo delle fabbriche: c’era un livello di assenteismo dal lavoro incredibile: i lunedì e i
venerdì, quasi la metà delle persone era «malata», assente… Per esempio c’era un accordo negoziato
dall’ United Auto Workers (UAW) nei primi anni ’70, e con molto orgoglio i burocrati sindacali
annunciarono di aver ottenuto la settimana di 4 giorni e i lavoratori obbiettarono: «la settimana
di 4 giorni? Ce l’abbiamo già!… ». Era una situazione, purtroppo molto temporanea, che nella
pratica quotidiana, nella fabbrica il controllo della produzione era quasi nelle mani dei lavoratori.
Ma con la grande crisi del petrolio, la recessione mondiale di metà anni ’70, tutto questo, naturalmente,
è finito ed è iniziata la ristrutturazione, la deindustrializzazione di quasi tutto il Midwest nordamericano,
con la chiusura di molte industrie, la delocalizzazione in primo luogo verso il sud degli
Stati e poi all’estero… Ci fu una massiccia decentralizzazione della produzione industriale con l’obiettivo
di porre fine a questa infinita serie di scioperi selvaggi e insubordinazione in fabbrica.
Sì, di recente quest’ultimo si è verificato anche in Europa. Negli anni del secondo
dopoguerra mondiale ci fu un importante movimento realmente nero,
che forse è quello che si è più evidenziato qui, con sommosse di strada come
quelle di Watts e altri e organizzazioni nere come le Pantere nere e incluse le
precedenti come la figura di Malcolm X, cosa ne pensi di tutto questo?
Sì, stavo cercando di descrivere le linee generali e sono arrivato un po’ velocemente alle lotte
industriali della fine degli anni 60 ma sì, è vero… Una cosa interessante, tra le altre, nella storia di
questo paese, è il modo in cui le guerre mondiali modificarono, in senso ironico, le relazioni tra
bianchi e neri negli Stati Uniti. Già nella I GM, molti soldati erano nell’esercito degli Stati Uniti in
Francia, e fu, soprattutto per i lavoratori neri con origini nel sud, la scoperta di un mondo in cui il
razzismo come era noto in patria non esisteva o esisteva in modo molto più sottile. E questo contribuì
ad una radicalizzazione della coscienza dei neri. È molto interessante notare che nel 1919,
subito dopo la guerra, ci fu l’ondata di scioperi più grande nella storia del paese, nella crisi di ristrutturazione,
e allo stesso tempo e spesso nelle stesse città, ci sono stati scontri razziali nelle strade
tra bianchi e neri; in alcune città, con un livello di distruzione piuttosto incredibile, con 40-50 morti
e cose così. Vale a dire che la storia delle lotte di classe in questo paese non può essere separata
da questo problema razziale che appare in un modo o nell’altro in ogni nuova fase. Poi, come dicevo,
con la grande migrazione verso il Nord durante la seconda guerra mondiale, nel 1943 ci fu a
Detroit, il centro dell’industria automobilistica, da un lato un’ondata di scioperi selvaggi molto importanti
e, allo stesso tempo, nelle strade, scontri razziali tra bianchi e neri. La II GM fu ancor più
importante per la trasformazione della coscienza nera, perché c’erano ancora molti soldati nei vari eserciti che tornavano con l’idea «perché morire per difendere una ‘democrazia’ che per noi, al
sud, non esiste nemmeno nel senso borghese della parola?» E ci furono movimenti tra i soldati
neri e per la prima volta, penso che nei primi anni dopo seconda guerra mondiale, il presidente
Truman ordinò l’integrazione razziale nelle forze armate di questo paese; prima c’erano divisioni e
reggimenti separati di bianchi e neri.
E questo è stato un primo passo… non voglio dire che fu un gesto generoso di Truman, era una
risposta verso una pressione sempre più grande dei neri… tuttavia ha iniziato a cambiare un po’ la
situazione. Ci sono stati incidenti, inoltre, con i soldati neri che erano di ritorno dall’ Europa o
dall’Asia e camminando per le strade in uniforme sono stati attaccati e anche uccisi da gruppi di
razzisti [bianchi]… Avrebbero potuto essere eroi al fronte nella lotta contro il fascismo, ma una volta
tornati a casa nella cosiddetta democrazia erano i neri di sempre… Poco dopo, negli anni ’50, la
situazione cominciò a cambiare radicalmente. C’era l’integrazione delle scuole ordinata dalla Corte
Suprema nel 1954 e l’anno successivo, nella città di Montgomery (Alabama), ci fu un movimento
di diversi mesi dei lavoratori neri, di boicottaggio del sistema di trasporto pubblico per due o tre
mesi, che costrinse la città ad accettare l’integrazione razziale sui mezzi di trasporto; prima, i bianchi
sedevano avanti nell’autobus e i neri dietro, e una donna di colore molto forte [Rosa Parks] un
giorno si sedette nel settore dei bianchi e si rifiutò di alzarsi. Iniziò così quel movimento che si concluse
con l’integrazione razziale sugli autobus a Montgomery. Ed è importante notare che non era
casuale che tutto questo cominciasse a Montgomery, perché c’erano diverse fabbriche metallurgiche
con molti operai neri e già un paio di anni prima, un anarchico francese, Daniel Guérin, stava
viaggiando da quelle parti e già vi prevedeva una piccola esplosione [razziale], in particolare nella
città di Montgomery. Queste due cose, l’integrazione ordinata delle scuole nel 1954 e il movimento
di Montgomery nel 1956, segnarono l’inizio del movimento moderno per farla finita col sistema,
con “Jim Crow”, un termine che definiva l’apartheid americano. Poi il movimento si sviluppò sempre
più veloce, soprattutto dopo il 1960, quando si trasferisce anche a nord. C’era sempre qualche
divisione nel movimento nero negli ultimi anni: nel sud erano piuttosto le classi medie nere, organizzate
soprattutto nelle chiese protestanti, che lanciarono il movimento.
Nel nord, invece, era più proletario, più urbano, più della classe operaia e sempre più della classe marginale. Il movimento
del sud, il cui leader era Martin Luther King… le sue rivendicazioni e i suoi approcci non funzionavano
allo stesso modo negli Stati del Nord, in una realtà più proletaria, dove non c’era tanto una
separazione razziale legale: per esempio, negli Stati del nord un nero, teoricamente, poteva entrare
in qualsiasi ristorante, non c’era la stessa separazione legale nelle scuole e nelle altre istituzioni…
ma c’erano, tuttavia, ghetti, quartieri separati di neri e, infatti, la separazione razziale della popolazione
era altrettanto forte se non più che negli Stati del sud. E così iniziò l’ondata di insurrezioni
urbane del nord dalla rivolta di Harlem (New York) nel 1964 alla primavera del 1968, dopo l’assassinio
di Martin Luther King, nell’aprile del 1968, quando ci furono tremende rivolte in 100 città
del nord America. Era quasi una situazione di guerra civile. Erano, naturalmente, anche, gli anni
del movimento del Black Power, Potere Nero, che cominciò dopo l’inizio del fallimento del precedente
movimento di diritti civili… Quando il movimento lanciato negli Stati del sud da Luther King
e dalle chiese raggiunse i suoi obiettivi immediati, con importanti modifiche legislative nel 1964 e
1965, stabilendo legalmente i diritti civili in tutto il paese, mettendo fine a molte separazioni legali
(ristoranti, servizi…), rimasero i più profondi problemi del proletariato urbano nel nord e c’era, naturalmente,
una radicalizzazione del movimento. Era l’epoca, ad esempio, in cui l’influenza di Malcolm
X, un capo molto importante, più radicale di Luther King, che fu assassinato…. è una storia
molto complicata, ma viene ucciso nella primavera del 1965. Malcolm aveva articolato con altri
leader neri negli Stati del Nord qualcosa di più radicale del movimento per l’integrazione razziale e
per i diritti civili, e poi una gioventù nera della classe media e della classe operaia negli Stati del
nord si sviluppò sempre più velocemente fino alla fine degli anni ’60.
Ad esempio, nel caso delle lotta della classe operaia che menzionavo di Detroit e altri siti, avevano ispirato anche un certo ra-dicalismo nei lavoratori bianchi. Non intendo dire che questi, o alcuni di questi avessero bisogno
dell’influenza del movimento nero, perché ci sono stati scioperi selvaggi e lotte nell’industria nord
americana dagli anni cinquanta, ma è chiaro che i successi del movimento nero e la militanza di
questo movimento era un incitamento, non solo per i lavoratori ma anche per altri settori della società
come ad esempio, i gay, che, nel 1969, fecero la rivolta di Stonewall in un quartiere di New
York contro la repressione della polizia e così [anche] per il movimento femminista. Ovvero, per
tornare all’inizio del discorso, già nel XVII secolo la questione «nera», che è veramente la «questione
bianca», il problema cioè della passività della maggioranza dei bianchi attraverso molti [meccanismi]…
è il punto più acuto della lotta di classe in questo paese; non dico che è la lotta di classe,
ma la chiave dell’ordine costituito che si è sviluppato per tanto tempo come ho provato a illustrare.
Questo sistema di oppressione dei neri non ha tanto lo scopo di controllare i neri, quanto quello di
controllare i bianchi.
Per rispondere alla tua domanda, sì, il movimento nero più ampio, iniziato negli Stati del sud
negli anni 50, proseguito nel nord, nel 1960, aveva cambiato le basi di ogni lotta in questo paese,
anche in aree che non erano direttamente coinvolte nella questione razziale. Poi, nel 1968, con
l’avvento al potere di Nixon, scelto appositamente e consapevolmente come una reazione contro
tutti questi movimenti degli anni sessanta, iniziò un periodo di reazione abbastanza forte che è appena
finito fino ad oggi… Ho citato la deindustrializzazione degli anni ’70, che ha contribuito molto
nel porre termine agli scioperi selvaggi nelle fabbriche e ai movimenti nelle strade… Una cosa importante
dopo gli anni ’60 è lo sviluppo di un certo strato medio e alto nero, anche a seguito dei
movimenti degli anni ’60. Finché negli anni ’60 c’era in ogni città del Nord questa classe media nera,
di avvocati, medici… persone così, essa era tuttavia piccola, fragile e viveva esattamente negli
stessi ghetti dei proletari e dei poveri marginali neri. Quel che è accaduto dagli anni ’70 è che questo
strato si è andato distanziando sempre di più dal resto della popolazione nera, e oggi in città
come Atlanta (Georgia, nel sud), ad esempio, questo strato nero della classe media e alta è quasi
al potere, è quasi l’establishment: il sindaco è nero, il capo della polizia è nero, quasi tutti gli ufficiali
di polizia sono neri. Vale a dire che in certe situazioni locali sono al potere, ma sono come il
PSOE al potere in Spagna dopo gli anni ’80, sono lì per amministrare lo stesso sistema capitalistico,
e il loro arrivo al potere in queste situazioni non significa, in assoluto, che l’oppressione razziale,
anche in quegli stessi siti, sia terminata: la polizia nera reprime con ferocia uguale o maggiore
rispetto ai poliziotti bianchi i giovani marginali neri. Ma non si può negare che ci sono stati alcuni
cambiamenti. La retorica e l’ideologia del partito democratico di oggi, con il Presidente Obama,
sono un buon esempio. Dal suo avvento al potere sei anni fa, non ha smesso di seguire una politica
più o meno reazionaria ma mascherata col fatto che per la prima volta c’era un nero alla Casa
Bianca. La settimana scorsa, dopo le dimostrazioni, ha detto pubblicamente: non si può negare
che la situazione non sia cambiata negli ultimi 50 anni. Ricordo molto bene, quando scoppiò il
movimento a Ferguson e poi l’assassino a New York, ha detto «Cavolo, in cinquant’anni non è
cambiato nulla»… E tuttavia, cinquant’anni fa un presidente nero negli Stati Uniti sarebbe stato
impensabile.
Tanto meno esisteva la separazione di questa classe medio-alta nera che ho citato, in
città come Atlanta. Ma allo stesso tempo, abbiamo in questo paese, tra 1 e 2 milioni di detenuti in
carcere, di cui l’80 o addirittura il 90% sono neri e latini. Cioè la stessa polarizzazione che ha avuto
luogo nella società intera c’è anche all’interno della popolazione nera; Sì, è vero che ci sono ora
neri ricchi borghesi in diverse città, ma c’è un’enorme popolazione imprigionata che neanche esisteva
cinquant’anni fa… Arrivando così alla conclusione della mia analisi, queste relazioni tra razza
e classe sociale cominciate in Virginia 400 anni fa non smettono mai di ricomporsi in un altro modo,
con progressioni e battute d’arresto; esse rimangono nel tempo.
Mi auguro di essere riuscito a dare un quadro reale della situazione qui, con questi movimenti
più recenti e tutto lo sviluppo storico che si trova dietro di loro.