Il nuovo Decreto di Programmazione Economica e Finanziaria per l’anno 2016 che oggi ha iniziato ad essere discusso al Senato punta a una riduzione della pressione fiscale tutta a vantaggio delle varie frazioni della borghesia, riduzione finanziata con tagli alla spesa pubblica e aumento del deficit.
Investi 100, detrai 140.
Consistente il taglio di tasse per le imprese: oltre all’eliminazione della TASI sugli “imbullonati” (cioè i macchinari di grandi dimensioni), c’è la detrazione del 140% di quanto investito in macchinari e strumenti di lavoro (avremo un proliferare di acquisti inutili solo per ridurre l’imponibile?); l’IRES passa dal 27,5% al 24% (4 miliardi di euro in meno nelle casse statali); viene prolungato lo sconto sui contributi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, anche se per soli 2 anni e al 40% (rispetto allo sgravio totale per 3 anni previsto).
Torna un’ampia detassazione dei premi di produttività che sono tassati al 10%, mentre stock-option, welfare aziendale e benefit vari sono totalmente esentasse fino a un massimo di 2000 euro annui (2500 per le cooperative).
Detassazione ed evasione per la piccola borghesia.
Vengono ampliati i margini per la tassazione agevolata per le nuove partite IVA: la tassazione del 5% viene applicata per i primi 5 anni e non più i primi 3 fino a 30 mila euro e non più 15 mila, mentre i contributi INPS restano fermi al 27% anziché salire al 33%.
Un altro aiuto alla piccola borghesia è l’innalzamento da 1000 a 3000 euro massimi dei versamenti in contanti e la cancellazione del divieto di pagare in contanti affitti e trasporti: un aiuto all’economia sommersa di chi esercita libere professioni o percepisce rendita fondiaria.
Altro regalo, soprattutto alle coop, agli evasori con l’entrata in vigore della legge sui reati tributari. La soglia per i padroni che non versano l’Irpef trattenuta ai lavoratori passa da 50.000 a 150.000, aldi sotto della quale non si commette reato. Mentre per chi non versa l’Iva la soglia è salita a 250.000 euro
Cinghia stretta per i dipendenti pubblici e tagli alla sanità.
Per i contratti del pubblico impiego sono previsti 300 milioni di euro, di cui 74 per le forze di polizia, mentre se si fosse applicata per gli anni passati la sentenza della Corte Costituzionale che condannava il blocco dei contratti, avrebbe dovuto stanziare 35 miliardi; con lo stanziamento attuale, i dipendenti pubblici avranno un aumento medio di 5 euro mensili! Inoltre viene frenato il turn over del personale: le nuove assunzioni per il periodo 2016-2018 dovranno costare al massimo il 25% di quanto risparmiato con le uscite.
Non è solo la pubblica amministrazione a subire tagli e compressioni: l’aumento del il Fondo sanitario nazionale da 110 a 113 miliardi viene fermato a 111, con rischi di aumento dei ticket o taglio delle prestazioni.
Meno tasse per la proprietà immobiliare.
Come è noto è stata abolita la TASI sulla prima casa, anche per le prime case in affitto; all’ultimo minuto sono stati esclusi dall’abolizione gli immobili di lusso, le ville e i castelli – categorie catastali A/1, A/8 e A/9 – ma non i “villini” – categoria A/7.
La TASI viene abolita anche sui macchinari di grandi dimensioni (i cosiddetti “imbullonati”); viene bloccato l’aumento dei tributi locali, salvo la TARI, ma solo per l’anno 2016, blocco compensato da un ammorbidimento del patto di stabilità: non sono conteggiate le spese per l’edilizia scolastica fino a 500 milioni.
Manovra in deficit.
Per tagliare il prelievo fiscale è previsto che il rapporto deficit/PIL salga dall’1,4% accordato dall’UE per il 2014 al 2,2%, guadagnando così un margine di 14,6 miliardi di euro. Per giustificare lo sfondamento invocherà le riforme strutturali (Job Act e simili) e le maggiori spese dovute all’arrivo di migliaia di profughi dal Medio Oriente. In questo modo la classe lavoratrice non solo paga gli sgravi per la borghesia con riduzioni dei servizi e aumento dello sfruttamento, ma fornisce anche i pretesti per lo scontro tra i poteri nazionali e comunitari.
E’ da verificare se l’Unione Europea accetterà l’idea, anche perché l’Italia non è certo l’unica a sostenere spese per l’arrivo di profughi, ma le prime risposte sono positive. Nel caso che l’Europa rifiuti l’aumento del deficit, questo farebbe scattare le cosiddette “clausole di salvaguardia”: aumento delle accise sulla benzina e dell’IVA; sarebbe quindi un maggiore prelievo fiscale, ma a spalmato su tutti i consumatori: anziché tagliare le tasse, le si sposta dai ceti proprietari a quelli proletari.
Per una risposta proletaria.
Se negli ultimi anni abbiamo visto governi di destra che spremevano i lavoratori per avvantaggiare soprattutto la piccola borghesia, alternati con governi di sinistra più vicini al grande capitale, questa finanziaria punta invece ad avvantaggiare un po’ tutti gli strati della borghesia. Come riesca a trovare le risorse per farlo mentre l’economia è in stagnazione, è facile da spiegare: la disorganizzazione, le divisioni e la passività della classe lavoratrice, dovuti in buona parte ad anni di sindacalismo concertativo e corruzione dei suoi funzionari, le permettono non solo di scaricare sul proletariato tutti i costi della difficile fase economica, ma anche di estrarne nuove fette di plusvalore da distribuire alle sue varie componenti.
Per sfuggire a questa continua spoliazione, il proletariato non ha altra scelta che lottare.
Per questo occorre unire i vari conflitti sociali – per limitati che siano – e superare gli steccati fra le componenti del sindacalismo conflittuale, occorre raccogliere le forze intorno a obbiettivi che possano coinvolgere tutte le componenti del proletariato: aumento di salario e riduzione d’orario, stabilizzazione
23-11-15
si cobas Rho