Contro l’ondata repressiva e razzista
Smascheriamo l’imbroglio del finto cambiamento
Rilanciamo l’opposizione di classe al governo Di Maio-Salvini
Costruiamo il fronte unico anticapitalista
ASSEMBLEA NAZIONALE
SABATO 2 FEBBRAIO, ORE 14
sede SI Cobas di Bologna, via A.Saffi 30
Ci siamo appena messi alle spalle un autunno per certi versi “anomalo”: mentre per anni, alle evocazioni estive di un “nuovo autunno caldo” faceva seguito, puntualmente, una realtà sociale quantomeno tiepida, quest’anno di caldo non sono rimaste neanche i proclami ufficiali dei movimenti e del sindacalismo (sia confederale che “di base”) e di quel che resta della sinistra radical-riformista.
Ciò è segno evidente del “terremoto”, al contempo politico e sociale, rappresentato dall’approdo al governo di due formazioni (Lega e 5 Stelle), capaci di capitalizzare (sul piano elettorale e non solo) il malcontento popolare diffuso per gli effetti della crisi sistemica del capitalismo, e di conquistare il consenso di quei segmenti di proletariato che per decenni hanno costituito la roccaforte del riformismo e del sindacalismo confederale.
I primi mesi di governo Lega-5 Stelle, lungi dall’invertire questa tendenza, l’hanno rafforzata, e ciò malgrado i proclami di “cambiamento” e la ridicola propaganda sul “mettere fine alla povertà” si siano dimostrati nient’altro che una gigantesca truffa.
Tutto l’impianto agitatorio su cui Di Maio e compagnia si sono garantiti il successo elettorale dello scorso 4 marzo si è disintegrato come neve al sole non appena ha iniziato a fare i conti con gli interessi della classe dominante e con le compatibilità e i diktat imposti dall’UE sul piano continentale:
- il reddito di cittadinanza, pur essendo stato letteralmente stravolto il già più che discutibile impianto originario, è ancora fermo al palo. Anche qualora vedesse la luce, è oramai del tutto evidente che si tratterà di una misera elemosina di Stato per una piccola fetta di “ultranullatenenti”, che sarà funzionale a una nuova ondata di finanziamenti occulti ai padroni (i quali si approprieranno dell’intero montante e dell’intera durata del reddito di cittadinanza nel caso assumessero i beneficiari) e soprattutto costringerà i disoccupati ad accettare qualsiasi offerta di lavoro (presumibilmente quelle in condizioni schiavistiche e sottopagate, dato che il “governo del cambiamento si è ben guardato dall’abolire il Jobs Act di Renzi così come aveva promesso) e finanche ad essere obbligati a trasferirsi a centinaia di chilometri dalle loro residenze: in sostanza (e non è un caso!), vere e proprie deportazioni di Stato, analoghe a quelle patite già da decenni dai proletari im migrati che sbarcano sulle nostre coste.
- I voltafaccia sui temi ambientali (Tav, Ilva di Taranto, Tap, inceneritori, Ponte Morandi, ecc.), mascherati dietro la foglia di fico degli Studi di fattibilità e/ dei Piani industriali, hanno svelato in maniera inequivocabile e agli occhi di migliaia di attivisti e semplici cittadini colpiti dagli effetti delle “grandi opere” e devastazione ambientale l’inconsistenza, l’ipocrisia e la sete di potere dei 5 Stelle.
- La stessa propaganda di regime attorno a “quota-100”, si traduce nella realtà in un provvedimento di vincoli, rinvii temporali e una consistente decurtazione delle risorse previste (da 6,7 a 4 miliardi) tale da non intaccare minimamente l’impianto della “riforma Fornero” e mantenere nella miseria milioni di pensionati o aspiranti tali.
Queste solo le principali “chicche” di 9 mesi di governo gialloverde, sufficienti ad evidenziare come, nella sostanza, le condizioni di vita e salariali dei lavoratori e dei proletari, non solo non sono minimamente cambiate in meglio rispetto all’epoca dei governi tecnici e a guida PD, ma qualora dovessero cambiare, tale cambiamento sarà sicuramente in peggio: non è un caso che l’aumento delle tariffe di acqua, luce e gas è già una realtà, e che la contropartita già annunciata per la copertura dei miseri sussidi di Di Maio a garanzia del rispetto del Fiscal Compact e del Patto di Stabilità UE, blindati dai precedenti governi con il loro inserimento in Costituzione, sarà quasi sicuramente un forte inasprimento delle aliquote IVA.
A questo triste “ritorno alla realtà”, dopo mesi di propaganda e di annunci, non fa tuttavia da contraltare una ripresa su larga scala delle mobilitazioni e della lotta di classe.
Ciò a nostro avviso si spiega non solo con l’odio di gran parte dei proletari, oramai più che manifesto e a nostro avviso sacrosanto, nei confronti di quei partiti e di quelle organizzazioni sociali e sindacali che tuttora rappresentano la ”opposizione ufficiale”, ma anche con la capacità politica della Lega di Salvini di occultare i fallimenti, i voltafaccia e le capitolazioni sull’altare degli interessi della grande borghesia, spostando tutti i riflettori politico-mediatici sull’unico, vero cavallo di battaglia della Lega e dei segmenti di piccola e media borghesia che ne costituiscono la roccaforte di consenso: la ”emergenza-sicurezza” e la ”invasione immigrata”.
Il ministro dell’Interno ha in quest’ottica avuto la capacità di cavalcare in chiave reazionaria le paure e le “suggestioni” dell’ “elettore medio” (sapientemente indotte da media e politica) a tal punto da imporre il tema della sicurezza quale unica, vera emergenza nazionale, alimentando e rinfocolando le tendenze più retrive, bestiali e fascistoidi della piccola borghesia facendo breccia in ampi stati di proletariato privo ormai da anni di qualsivoglia rappresentanza politica e sindacale, e trascinando l’intera opposizione “democratica” e buona parte degli stessi movimenti sociali sul terreno di scontro ad esso più congeniale: quello di un presunto, permanente referendum tra sicurezza e “accoglienza”, tra “legalità” e “solidarietà”.
Un referendum dagli esiti scontati, laddove la crisi capitalistica riduce fette di salario, di reddito e di tutele per tutti i proletari e laddove, in assenza di una soggettività collettiva autonoma e di classe, la miseria crescente porta milioni di sfruttati ad abboccare alla facile ed illusoria propaganda del “prima gli italiani”.
Uno schema fatto proprio e capitalizzato dalle forze reazionarie e di estrema destra in tutta Europa.
In un tale contesto, l’assenza di mobilitazioni di massa in questi mesi é la riconferma non solo del fatto che lo “schema-Salvini” funziona alla perfezione, ma è altresì la riprova del fallimento e dell’agonia storica in cui versa, a livello internazionale, l’intero panorama della sinistra riformista e liberale, la quale, a fronte dei colpi durissimi sferrati dalla crisi, si dimostra inservibile e nociva finanche dal punto di vista della difesa degli spazi di agibilità e della difesa dei “diritti” democratici.
Il crollo verticale di consensi, di credibilità e di popolarità a cui assistiamo in gran parte dell’Europa sia nei confronti dei tradizionali partiti borghesi-liberali, sia soprattutto nei confronti dell’intero arco delle “sinistre”, in primo luogo di quelle resesi complici dei governi di austerità e di macelleria sociale, oggi si manifesta sul piano politico nell’unica forma resa possibile dal quadro storico e dai rapporti di forza attuali tra le classi, ovvero in una crescita esponenziale delle tendenze populiste e sovraniste, dell’interclassismo reazionario e dell’estrema destra di impronta trumpista.
Queste tendenze, che per l’intero panorama delle sinistre riformiste rappresentano una “emergenza” da combattere per restituire un involucro “autenticamente democratico” al sistema di sfruttamento e di oppressione capitalistico, per noi rappresentano, al contrario, la spia di uno sconquasso legato alla crisi dell’attuale sistema di produzione, il quale tende, e tenderà sempre più nei prossimi anni, a produrre rotture, rivolgimenti e sommosse sociali.
Il caso del movimento dei “gilet gialli” in Francia, al netto delle particolarità del modello sociale e della tradizione di lotta che caratterizza l’oltralpe, rappresenta un esempio da studiare per comprendere quali forme e configurazioni assumeranno le rivolte sociali nei paesi a capitalismo avanzato negli anni a venire: se è vero che il collasso delle forme storiche di rappresentanza del riformismo si manifesta in un primo momento attraverso forme di protesta e di aggregazione dai contorni confusi e dai contenuti interclassisti, il caso francese dimostra che la capacità della soggettività proletaria di “scendere in campo” in nome dei propri interessi materiali, una volta libera dalla cappa delle compatibilità e dalle logiche dei compromessi al ribasso veicolate per decenni dal riformismo, rappresenta una combinazione di fattori non solo capace di neutralizzare sul nascere i tentativi egemonici dell’estrema destra, ma anche di riaprire un varco sulla strada (da sempre complessa e impervia) di una reale alternativa di classe, quindi di una rottura rivoluzionaria dell’esistente.
A chi nel nostro paese si pone in quest’ottica non serve tanto lanciarsi in evocazioni a uso e consumo propagandistico-elettoralistico, del tipo “facciamo come in Francia”: urge piuttosto mettere a punto un piano di lavoro e una macchina organizzativa utile innanzitutto ad individuare e analizzare i punti di rottura e le priorità di intervento attuali e potenziali nella nostra classe di riferimento, e su queste basi indicare le forme di azione e di mobilitazione possibili in questa fase.
Ricollegandoci a quanto affermavamo in apertura, se è vero che questi primi otto mesi di governo gialloverde hanno con ogni probabilità rappresentato il punto più basso delle mobilitazioni negli ultimi vent’anni, è altrettanto vero che, da anni a questa parte, assistiamo a una crescita costante e senza soste di lotte, scioperi, picchetti, manifestazioni e occupazioni che vedono in prima fila i lavoratori immigrati, sulla base di contenuti e rivendicazioni classiste e in una prospettiva di unità degli sfruttati su basi anticapitaliste.
Non è un caso che il DL Sicurezza di Salvini, nel mentre si scaglia con forza contro gli immigrati radicalizzando la politica di chiusura delle frontiere e di limitazione della concessione di asilo, residenza e cittadinanza già fatta propria dal PD col DL Minniti, dedica particolare attenzione all’inasprimento della repressione e delle pene detentive contro chiunque organizzi e promuova forme di protesta contro l’”ordine costituito”, in particolar modo contro gli occupanti di case e contro chi organizza picchetti e blocchi stradali.
Al di là delle paranoie securitarie dei suoi estensori, è evidente che queste misure sono chiaramente tese a colpire chi nel nostro paese in questi anni ha rappresentato la principale “spina nel fianco” per i padroni: in primo luogo il movimento dei facchini della logistica e le migliaia di lavoratori che in questi mesi stanno allargando questo movimento in altre categorie (alimentaristi, chimici, metalmeccanici, ecc.).
Il fatto che la gran parte di coloro si sono scagliati contro il DL Salvini non faccia minima menzione delle implicazioni che questo decreto comporta nell’intero mondo del lavoro, del colpo durissimo da esso sferrato a chiunque osi opporsi nei fatti allo sfruttamento e alla demolizione dei diritti, e del pesante attacco al diritto di sciopero che in esso è contenuto, è il segno tangibile dell’ipocrisia e della strumentalità di quei rottami della “sinistra” che vedono nel cinismo di Salvini sulla questione-sbarchi solo un occasione di riscossa elettorale o, peggio ancora, un pericolo per il “business dell’accoglienza” messo sapientemente in piedi dai governi di centrosinistra a uso e consumo di cooperative senza scrupoli.
Al contrario, per quanto ci riguarda, l’opposizione al DL sicurezza e alle politiche del governo Lega-5 Stelle rappresenta una risposta urgente e necessaria che dobbiamo innanzitutto a quelle migliaia di lavoratori e di proletari che in questi anni, grazie a lotte ritenute “illegali”, hanno saputo conquistarsi il diritto a una vita e a un salario dignitoso.
La manifestazione nazionale dello scorso 27 ottobre, riuscita al di la di ogni più rosea previsione, per noi non ha certo rappresentato un punto di arrivo, bensì di partenza, al fine di ricollegare e riconnettere quel tessuto di lotte finora disperse e polverizzate.
Sappiamo di non essere soli: le manifestazioni contro il DL sicurezza dello scorso 10 novembre e quelle del popolo “No Tav” a Torino, le mobilitazioni di “no-borders” a Ventimiglia e in Sicilia, la ripresa del movimento delle donne in risposta ai rigurgiti sessisti e patriarcali di cui anche questo governo si fa portatore, rappresentano per noi un patrimonio che possiamo e vogliamo riconnettere col nostro percorso, su basi chiare e liberi dalle ritualità elettorali della politica borghese, ivi comprese le prossime europee, in occasione delle quali siamo intenzionati a lanciare una campagna di boicottaggio attivo.
In questi mesi la scure della repressione ha ripreso ad agire più forte e più determinata di prima.
Lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle a partire da alcune durissime vertenze sindacali, che a nostro avviso rappresentano la fotografia più nitida dei piani di padroni e governo: le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici al Panificio Toscano, alla Italpizza di Modena e alla Toncar di Muggiò, con fermi, cariche a freddo, denunce e procedimenti penali a pioggia, rappresentano un monito chiaro per tutti i lavoratori e gli sfruttati; parimenti, le condanne pesantissime inferte a lavoratori, sindacalisti del SI Cobas e militanti solidali per uno sciopero di diversi anni fa alla Dhl di Milano, sono la riprova di cosa intenda questo governo, le sue questure e i suoi tribunali quando afferma di voler “abolire la povertà”: eliminare non certo le cause della povertà, bensì di sopprimere in maniera spietata chiunque lotti contro sfruttamento e oppressione.
Per noi, e crediamo per l’intero movimento di classe, gli esiti del processo a carico del coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani, il quale si avvia a conclusione, rappresentano senz’altro un possibile spartiacque.
In questi anni abbiamo dimostrato che i padroni non possono eliminare il germe della lotta di classe colpendo la testa delle sue organizzazioni: nei prossimi mesi dobbiamo essere pronti a fare altrettanto.
Già in queste ore la scure repressiva, di cui il DL Salvini rappresenta la principale ma non certo l’unica punta di lancia, inizia a colpire con violenza attivisti e avanguardie di lotta: l’arresto ad ottobre della compagna dello Slai Cobas per il sindacato di classe Margherita Calderazzi a seguito di un inchiesta sulle lotte dei disoccupati a Taranto, le condanne pesantissime prospettate agli studenti del liceo Virgilio di Roma a seguito dell’occupazione dello scorso autunno, la continua ondata repressiva contro il movimenti No Tav, No Tap e No Muos, i compagni e le compagne a Torino colpiti per aver combattuto l’Isis in Siria con lo Ypg, e nelle ultime ore, il provvedimento di espulsione dal territorio italiano nei confronti di Madalina, una compagna rumena (dunque anche comunitaria!) attiva nei movimento romano per il diritto all’abitare (cioè sullo sfondo di una nuova pesante tornata di sgomberi a tappeto prospettata a più riprese dal governo) sono solo i casi più eclatanti.
Per questo motivo, crediamo che vada aperto un confronto largo tra tutti coloro che nei prossimi mesi saranno chiamati a resistere all’escalation repressivo-securitaria: in un contesto come quello attuale, chiunque si illuda di poter essere autosufficiente, di potersela “cavare da solo” o di poter in qualche modo “limitare i danni”, commetterebbe un errore fatale sia per la proprie organizzazioni, sia per i proletari che esse rappresentano.
Il prossimo 8 marzo, data storica di mobilitazione del movimento delle donne, può essere un importante occasione per rilanciare la battaglia contro l’oppressione della donna da un angolatura chiaramente classista e internazionalista, e soprattutto per dar vita a un vero sciopero, che partendo dal tema della doppia oppressione della donna lavoratrice e dalla tripla oppressione della donna immigrata nella società capitalistica, sia capace di veicolare con ancor più forza le parole d’ordine della piazza di Roma del 27 ottobre e più in generale, l’opposizione di classe al DL Sicurezza.
D’altra parte, crediamo che mai come quest’anno vi sia la necessità di dar vita a un vero 1 maggio di lotta anticapitalista e internazionalista, capace di dar voce alle lotte operaie non solo in un un’ottica sindacale, bensì evidenziando la portata, il peso e le implicazioni politiche che queste lotte vanno sempre più assumendo nell’attuale fase di scontro di classe.
Ciò vale in maniera analoga per la specificità del meridione d’Italia, laddove le lotte operaie sono maggiormente stagnanti e, non a caso, la propaganda dei 5 stelle ha maggiormente fatto breccia, ma dove al tempo stesso sono in atto primi, importanti tentativi di sviluppare un fronte di lotta a livello di massa contro la disoccupazione e per il salario pieno e garantito.
Su questi temi il SI Cobas convoca per sabato 2 febbraio alle 14 a Bologna, presso la sede di via Saffi 30, un confronto pubblico a cui sono invitate a partecipare tutte le realtà che in questi mesi hanno contribuito alla costruzione delle iniziative di lotta comuni con una prospettiva internazionale e internazionalista, dunque valorizzando non solo il tessuto di relazioni che in questi anni si sono sedimentate a livello nazionale, ma anche i contatti che attorno a questa proposta si sono avviati in questi mesi con realtà politiche, sindacali e di lotta di altri paesi.
Al tempo stesso, auspichiamo che l’assemblea possa rappresentare un’occasione per allargare il confronto anche con tutte quelle soggettività che a partire dal terreno delle lotte immediate, condividono la necessità di ampliare, unificare e generalizzare l’azione di lotta politica contro le manovre padronali, dunque in primo luogo l’opposizione di classe al governo Lega-5 Stelle.
19/12/2018
SI Cobas nazionale
Per info, contatti e adesioni:
- e-mail: ilminollo@hotmail.com
- pagina FB nazionale: https://www.facebook.com/sicobas.lavoratoriautorganizzati.9/
Against the wave of repression and racism
Let’s unmask the deception of false “change”
relaunching working class
opposition to the Di Maio-Salvini government,
and building an anti-capitalist front
NATIONAL MEETING
SATURDAY FEBRUARY 2 nd AT 10:30 a.m.
S.I. COBAS hall in Bologna, via A. Saffi 30
Italy is the first large Western European country with a populist government, and the terrain for a new kind of class warfare: dividing native from immigrant working-class people, dragging Italian workers behind the cart of nationalism (under the disguised name of “sovereignism”), tightening up repression against any kind of independent working class and environmental struggle.
Working class people got fed up with the left-of-centre governments, which, even more so than right-of-centre governments, have carried out openly pro-business “reforms”, increasing the precarisation of labour and the tax burden on workers, while giving out presents to companies and banks.
The living and working conditions of millions of workers have worsened, because of the lingering capitalist crisis and of the bosses’ workplace attacks.
These are the reasons why many working-class people have voted the two populist parties, 5-Star Movement and League, in last year’s elections, giving credit to populist promises.
The new government proved as well to be business friendly, as it has not cancelled, as promised, the Jobs Act that has given employers a free hand with dismissals, while the paltry subsidy that is to be given to poor households as “citizenship income” (which brought lots of votes to the 5Stars) will be lost if the offer of any kind of low-paid job anywhere in Italy is not accepted – and if accepted, the “citizenship income” is passed on to the employer…
We should not count on a quick reversal of mood among workers as they find that their living conditions are not improving, because the populist parties are stoking people’s anger against both the internal enemy – immigrants – and the external ones – with the EU and France and Germany in the forefront.
With the support of state-owned and private TV networks, and of the “social media” fed with their ideological junk, they are campaigning to replace the class struggle to defend workers’ conditions and rights against their exploiters with the government’s racist war against immigrants and its nationalist confrontation against other European governments – in close
alignment with Trump’s agenda.
At the same time the populist government is stoking the feelings of insecurity – while criminality is hitting its lowest rates in decades – to pass and enforce harsher repressive legislation against workers’ struggles, with its “Security Decree”: 3 to 6 years of detention for blocking streets or roads
– twice as much for organisers (all gilets jaunes should be imprisoned!) and for housing occupations; immigrants committing these “crimes” shall lose their residence permits and can be deported back to their countries.
This law can also be applied against strike pickets, as requested by the Association of Transport employers – Confetra -, which has thanked the government for it.
Sindacato Intercategoriale Cobas
But we don’t need to wait for the enforcement of the “Security Decree”: we are witnessing an increasingly repressive behaviour of the police against strikes and demonstrations, while the judiciary, strongly pressed by the political system, is taking an increasingly partisan stand against workers’ and social struggles.
This has occurred with the recent sentence to up to 2 ½ years of detention to shop stewards, union organisers and supporters for a strike picket of 2015 at DHL, in spite of the public prosecutor asking for acquittal because no offence had been committed (DHL had locked out the warehouse); an organizer of SLAI Cobas pSC has recently been condemned to house arrest because of a struggle of the unemployed in 2010; many arrests and condemnations have been made against environmental and anti-militarist movements such as NO-TAV, NO-TAP, NO-MUOS; a Romanian activist of the movement for the right to housing has been expelled from Italy while thousands of occupants of empty council houses or private buildings have been evicted – including mothers with small children in winter time – with huge military deployments.
And we are waiting for the conclusion of the trial plotted by the police against SI Cobas national coordinator Aldo Milani for “extortion”, with no evidence whatsoever.
SI Cobas has organized the first national demonstration against the Security Decree in Rome on October 27, 2018, which was successful beyond our best expectations, and participated to other demonstrations that followed.
There is the need to build a broad front of working class opposition, uniting all organisations and people against racism, nationalism, repression – and carry out initiatives, both at the Italian national level and Europe-wide and beyond, with the aim of winning over a majority of the working class.
The platform of official trade unions CGIL, CISL and UIL for their demonstration of Feb. 9 has no words against precarisation, racism, repression, nationalism.
The reactionary character of the populist government comes out most blatantly in its policy towards women, which echoes fascist times, aiming at subduing women to men’s will, and shutting them back inside their homes, with the task of breeding the offspring that the country needs as labour for capital in normal times and as cannon fodder in war. It is not a coincidence that the two main decision makers on the gender issue (the minister Lorenzo Fontana and Simone Pillon, the author of the a Family Bill) are aligned to the most reactionary, clerical and fascist-like milieus that are active in Poland as in Austria, France and Spain. Against this bill the women’s movement NUDM has organised a large demonstration held in Rome on November 24.
The yellow vest movement in France shows that there is a deep discontent in the unorganized working class, which expresses itself in new forms of struggle, not only shunning traditional reformist representation, but it can also reject populist manipulation, and find connections with combative organized workers – what SUD Solidaires comrades are working for.
Their movement is an example for us to follow and learn from.
The Hungarian trade unions and workers in general have strongly reacted against the “slave law” allowing up to 400 hours of overtime for each worker yearly.
This shows the true class nature of populism: “bosses first”, on the shoulders of workers, native and immigrant as well!
Populism can gain workers’ minds where workers are disillusioned about self-proclaimed “workers parties” that have implemented bourgeois policies as in Brazil, where Bolsonaro won elections.
CSP Conlutas, the leading Brazilian member of the International Labour Network of Solidarity and Struggle we belong to, is also engaged in building a broad working class front against the attacks of the new right-wing populist government.
We wish them success and follow their struggle.
In these days Italian populist leaders are ‘discovering’, and railing against, French and German imperialisms – because of tough competition with Italian imperialism over Libya and its oil, and in shipbuilding and other sectors.
They are trying to obtain mass support to Italy’s corporate and strategic interests. We oppose the attempt to field workers against our exploiters’ adversaries.
At the same time France and Germany with their newly signed ‘friendship’ treaty, are trying to overcome – or set aside – their differences and join forces – also militarily – for dominance in Europe and worldwide, while they also are repressing radical struggles and movements at home.
The anti-capitalist front we envisage is to assert the independent working-class, internationalist standpoint, and to foster the international unity of workers in the struggle for their common interests and against all attempts to divide them between natives and immigrants, between different countries, and in each country to mobilise them behind their ruling class, be it in the name of a “sovereign” nation-state or of a “united Europe” (that is the union of corporations and bankers) capable to confront the United States and ascendant China in the present competition and in the
future crises and wars.
SI Cobas invites all organisations and activists, in Italy and abroad, who share this working-class, internationalist view and urgency of action to join forces and establish a network of struggle not only in the trade-union field but in the wider social arena.
The meeting in Bologna will discuss initiatives to be taken, also for the two international days of struggle:
- 8 of March, Women’s day of struggle. In all continents the women’s movement has been the only truly international movement of social struggle in the last few years; this year it is to take on an even stronger significance in Italy, against the Pillon Bill.
- May Day, the international working class day of struggle.