Sabato a Roma in centinaia abbiamo partecipato all’assemblea organizzatrice della “Marcia per il clima, contro le Grandi Opere Inutili” prevista a Roma il 23 marzo prossimo…
No alla TAV e alle grandi opere, realizzate con la ricchezza prodotta dallo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici!
No alle grandi opere, no al capitalismo: le leggi della natura sono in contraddizione con quelle del profitto, ma protestare contro gli effetti del sistema o adoperarsi per correggerli non basta…
No Tav, no capitalismo: bisogna unirsi e organizzarsi nella lotta, per abbattere questo sistema basato sullo sfruttamento dell’uomo e della natura!
Il brano che pubblichiamo di seguito é tratto da “La questione ecologica”:
“Tutto questo deriva per loro [Marx e Engels, ndr] dalla rottura di un rapporto equilibrato tra l’uomo e la natura, quello che essi chiamarono metabolismo naturale.
La loro conclusione fu che il capitalismo era incompatibile con la vita della natura nel suo insieme.
Oggi ben poco c’è da aggiungere alla loro diagnosi, tranne le dimensioni e i ritmi raggiunti dal problema della rottura del ricambio organico tra uomo e natura.
Si tratta di estendere la consapevolezza internazionale e internazionalista della necessità di far leva su ognuna delle contraddizioni poste dalla questione ecologica, battersi secondo una strategia e una tattica che portino l’uomo e la natura fuori dal dominio capitalista.
Dalla schiavitù salariata e dalla nocività che questo rapporto di produzione viene assumendo, dalle questioni conflittuali tra popoli e nazioni che tale rapporto genera, dal problema abitativo e dai drammi che esso pone alla circolazione della manodopera sul mercato mondiale funestato da guerre, devastazioni ambientali, dal riscaldamento climatico, dalle polluzioni atmosferiche, nonché dalla serie di calamità come uragani, terremoti e alluvioni, l’insieme di questi fattori distruttivi che abbiamo visto ricondursi tutti allo stesso meccanismo, rende precaria e sempre più insicura e invivibile la vita urbanizzata nelle megalopoli per le classi sfruttate e oppresse del pianeta, sia quelle urbanizzate che quelle ancora rurali divenute insicure anche per i ceti intermedi.
Tutto questo apre la strada a processi di guerre e possibili rivoluzioni emancipatorie con un programma che calibri ad ogni situazione di conflitto il nodo ecologico fondamentale, dalla abolizione della proprietà delle condizioni di lavoro, in primo luogo la terra, al lavoro salariato, il cui obbiettivo finale non è né la riforma né la sua conservazione ma l’abolizione, premessa indispensabile per una uscita dal capitalismo.
Uscire dal capitalismo si può solo restituendo alla forza lavoro il possesso delle condizioni di lavoro che gli sono proprie, così come si può uscire dalla legge del valore di scambio, abolendo la merce e la sua compravendita, ripristinando nell’unico modo possibile un rapporto ecologico di fondo con la natura.
Ciò equivale a riportare il lavoro alla sua unità col tempo di vita, mentre oggi il capitalismo tende a trasformarlo in tempo esclusivamente di lavoro, trasformando i lavoratori in una massa di schiavi a salario.
Che l’uscita dal capitalismo con tutte le rispettive misure tattiche dall’abolizione della proprietà privata e del lavoro salariato, siano poste come elemento strategico in ogni situazione di lotta particolare per degli internazionalisti non significa rinviare il tutto alle calende greche nel mondo dell’utopia, come può pensare qualcuno troppo abituato alle lotte per la sopravvivenza quotidiana cui ci ha costretto da decenni il capitalismo.
Porre questo elemento strategico di fondo in ogni azione rivendicativa significa aver raggiunto la capacità di intercettare, sia pure nei confini modesti di una tendenza politica, la consapevolezza che non si esce dalla morsa cui ci costringe il sistema di vita capitalistico senza lottare politicamente per rovesciarlo.”