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[POSTE] Il 4 giugno sciopero generale in Poste Italiane spa!

Vogliono farci credere che il coronavirus abbia oramai finito la sua azione devastante, che stia dando gli ultimi, deboli colpi, poi si acquieterà. Vogliono far passare il concetto di normalità, di necessità di adattamento, quindi di convivenza col virus. Lo vogliono i governanti, lo vogliono soprattutto i padroni – col nuovo falco di Confindustria Bonomi in prima linea -, lo vogliono i media facendo da eco alle richieste dei primi.

E’ il logico sviluppo di un percorso fondato sulla subalternità della salute – della stessa vita degli esseri umani – ai principi cardine del sistema capitalistico: i mercati e i profitti.

Nel complesso, si sono già dimenticati delle colonne di camion militari carichi di bare per i forni crematori, sulle quali hanno sparso a piene mani ipocrite lamentazioni e turbamenti fasulli; ora bisogna guardare avanti, la vita continua, il sistema richiede di essere mantenuto in attività; si deve produrre, qualunque cosa, ma produrre, altrimenti la macchina si inceppa, e tutti ne patiranno gli effetti.

Quindi dai primi di maggio milioni di lavoratori sono usciti dal lockdown, altri non si erano mai fermati (come i postali), dal 18 tutto si riavvierà.

Poste non ha mai chiuso; quel poco che ha fatto è stato solo per calcolo economico ottenendo la riduzione dell’esubero di applicati rispetto alle necessità del mercato “postale”. Poste, come tutti i padroni, ha dimostrato di considerare la salute e l’incolumità dei lavoratori come una variabile totalmente dipendente dal profitto, un costo da limitare al minimo per non incidere sui bilanci.

Ha utilizzato ogni strumento (dalle ferie, ai permessi ai ogni tipo), spingendosi fino all’uso di sotterfugi quali il ricorso illegittimo al fondo di solidarietà, per ridurre l’impatto dei costi del virus sulle entrate, spalmandone una parte sugli stessi lavoratori.

L’amm.re delegato, in occasione della presentazione della trimestrale di bilancio ha dichiarato che: “Durante questa situazione senza precedenti, abbiamo protetto i nostri dipendenti, sanificato gli edifici e le flotte aziendali, fornito dispositivi di protezione individuale e ridotto la presenza fisica negli uffici postali, nei centri di smistamento e di distribuzione” (AdnKronos 13 maggio).

Nessuno gli ha chiesto ovviamente perché non pubblicano i dati del contagio all’interno dell’azienda, il perché di questa scelta, così anomala se rapportata alle belle parole di prima.

I lavoratori sanno come stanno le cose, sanno che quanto dice l’AD è perlomeno poco credibile; hanno vissuto sulla loro pelle i ritardi, le mancanze, le inadempienze, l’approssimazione, la superficialità dei vari responsabili nei loro luoghi di lavoro. Sanno di aver messo a rischio la loro vita, e che continuano a farlo a distanza di mesi. 

Niente è finito, il virus non si è dissolto, è tra noi e ci resterà per molto tempo. Ma a Poste poco importa, il 18 si riparte con il Delivery 2020, con la sua organizzazione del lavoro, con i tempi e modi che hanno dato gli splendidi risultati di questi due anni. 

A pieno regime, con tutto il personale presente (o sostituito), i fattori di rischio raggiungeranno l’apice, ne vedremo presto i risultati.

I media, i politici, i padroni, dicono che niente sarà più come prima; di certo per i lavoratori non muterà la loro condizione di salariati, soggetti alla necessità assoluta di un lavoro per poter vivere; è altrettanto certo che muteranno, ed in modo consistente, le loro condizioni di lavoro e di vita.

La crisi, che già si annuncia, verrà scaricata da chi comanda sui lavoratori e sui proletari. Vi sarà un “necessario” attacco al welfare, ai salari, ai diritti nel loro complesso. 

Finita l’emergenza sanitaria, gli stessi servizi pubblici: sanità, trasporti, istruzione subiranno un attacco in nome del bilancio dello stato, del debito pubblico, dei prestiti da restituire, dell’intervento della troica europea.

Da contorno a questo verrà imposta la pace sociale; niente più scioperi, manifestazioni, conflitti sindacali o politici che non siano di quelli finti dei confederali o interni al pollaio parlamentare. 

Il ricorso ad ogni mezzo di controllo sociale e repressione ne sarà il necessario corollario; attraverso i divieti della commissione di vigilanza sugli scioperi nel pubblico, col ricorso delle forze dell’ordine in assetto da guerra, ovunque si cercherà di spegnere ogni focolaio di lotta.

I postali sono e saranno immersi in questo brodo, che a loro piaccia o meno, non potranno cavarsene fuori, gli spazi per le presunte garanzie sono finiti. 

I postali, noi postali, dobbiamo alzare la testa, è ora, contro Poste che ci considera solo come costo da contabilizzare quindi da ridurre al minimo; contro il sistema economico e sociale capitalistico che sta producendo questo disastro immane per miliardi di persone. 

Non quindi: “niente sarà più come prima”, ma un chiaro e forte: ”niente deve essere più come prima”, è possibile, è necessario.

Il 4 giugno 2020 sciopero generale in Poste Italiane spa

Contro:

  • la gestione della pandemia all’interno di Poste: ritardi nella fornitura di DPI, assenza di sanificazioni, assenza di controlli, inefficace-rischiosa organizzazione del lavoro, mancate chiusure di servizi non essenziali
  • la riservatezza dei dati di contagio interno a Poste
  • la contabilizzazione del rischio e la subordinazione della salute al bilancio
  • il ricorso illegittimo al Fondo di solidarietà per oneri di impresa
  • il modello Delivery nel recapito
  • il ricorso indiscriminato al lo smart working
  • il welfare aziendale
  • l’attacco ai diritti ed al welfare;
  • la pace sociale voluta dai padroni

Per: 

  • la reale tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
  • la riorganizzazione del lavoro secondo i principi al punto precedente
  • l’eliminazione degli effetti del Delivery
  • la difesa delle condizioni di lavoro e di vita
  • la difesa del salario
  • il rinnovo del CCNL
  • la difesa dei diritti, sciopero in primo luogo
  • un futuro in cui gli esseri umani contino più dei profitti di pochi
  • perché la crisi venga pagata dai padroni e non dai proletari
  • perché niente deve essere più come prima, anche alle poste

14 maggio 2020

S.I. Cobas Poste