“Ma che scheggia impazzita. Abbiamo devastato i Cobas a livello nazionale, Lorenzo. Abbiamo fatto una cosa pazzesca.» E ancora: «Abbiamo fatto un bingo che non ne hai idea. Per noi è una cosa pazzesca, Lorenzo. Perché adesso i Cobas… Come arrestare Luciano Lama ai tempi della Cgil d’oro.»
A pronunciare queste parole era stato il vicecommissario di polizia Marco Barbieri, noto dirigente della Digos di Modena in una telefonata del 26 gennaio 2017 intercettata poco dopo l’arresto di Aldo Milani e pubblicata sulla Gazzetta il 1 novembre 2018. Aldo Milani verrà poi assolto, nel 2019, dal Tribunale di Modena dall’accusa di estorsione ai danni dei Levoni (proprietari di Alcar Uno) “per non aver commesso il fatto”.
Bene. Qualche mese dopo al contrario, la Guardia di Finanza sequestrava, proprio ai Levoni di Alcar Uno, beni per oltre 16 milioni di euro per una maxievasione da 80 milioni di euro: «per oltre 78 milioni di euro», più «un’Iva evasa pari a 8 milioni di euro», più «ritenute non operate per 67.000 euro», più un’ «omessa dichiarazione di redditi di capitale per un importo di oltre 2 milioni di euro da parte del socio, con residenza a Montecarlo».
Assolto per non aver commesso il fatto: così si sono espressi stamani i giudici del Tribunale di Modena sull’accusa di estorsione ad Aldo Milani scaturita dalla vertenza Levoni-Alcar Uno.
Come affermavamo in tutte le sedi, l’intera vicenda era solo un’enorme castello di carta, utile solo a demonizzare chi come il SI Cobas ha osato scoperchiare il “sistema-Modena” e svelare come dietro un’apparenza virtuosa e produttiva si nascondesse un’immensa cloaca fatta di sfruttamento, ricatti, truffe, evasione fiscale, infiltrazioni criminali e soprattutto collusioni tra i padroni e i piani alti degli apparati istituzionali e statali.
Il teorema accusatorio della Questura di Modena contro Aldo Milani è stato costruito in maniera talmente goffa da non risultare minimamente credibile ai giudici.
La sentenza di oggi, nel mettere una pietra tombale sulle infamanti accuse a carico del nostro coordinatore nazionale, rappresenta una forte battuta d’arresto per le strategie repressive di questo governo, per il fronte padronale e i suoi sindacati asserviti, i quali hanno più volte calunniato e diffamato il SI Cobas nel (vano) tentativo di fermarne l’avanzata.
Sappiamo che queste strategie non finiranno con la sentenza di oggi, ma anzi tenderanno ad intensificarsi di pari passo con l’intensificarsi del conflitto e delle lotte contro lo sfruttamento.
L’esito del teorema-Levoni è la prova indelebile (l’ennesima) che con l’unità, la coerenza e la determinazione è possibile sconfiggere i padroni e tutti i loro servi, sia nei luoghi di lavoro che nelle aule di Tribunale.
Un ringraziamento particolare va a tutti coloro che in questi mesi si sono battuti per far luce e verità su questa vicenda, su tutti ovviamente le migliaia di lavoratori del SI Cobas che non hanno mai abboccato alla propaganda del nemico di classe e dei suoi reggicoda.
In secondo luogo, ma non meno importante, alle migliaia e migliaia di solidali, sindacalisti, giuristi, compagni, movimenti e singoli proletari che in questi 2 anni, e da ogni parte del mondo, hanno sostenuto la campagna per l’innocenza di Aldo, culminata con le migliaia di adesioni all’appello pubblico per la sua assoluzione e contro la criminalizzazione degli scioperi.
Gli unici estorsori sono i padroni.
Solo la lotta paga!
Toccano uno: toccano tutti!
14 maggio 2019
SI Cobas nazionale
Dal docu-film “Fino alla vittoria”, parte del libro-inchiesta “Carne da macello” sulla lotta dei lavoratori e delle lavoratrici del S.I. COBAS contro lo sfruttamento nel settore carni del modenese e il teorema repressivo giudiziario-mediatico contro il coordinatore nazionale del S.I. COBAS Aldo Milani: