IL SISTEMA DI VALUTAZIONE DEL PERSONALE
PRESENTATO IN INPS DALL’AMMINISTRAZIONE
AL TAVOLO SINDACALE NAZIONALE
E’ DA RESPINGERE TOTALMENTE!
Mentre è imminente l’ennesima riorganizzazione dell’Istituto, che rimescolerà di nuovo i vari settori di lavoro, l’Amministrazione condiziona la trattativa sul contratto integrativo all’introduzione della valutazione della performance individuale, uno strumento di divisione, volto a creare una guerra tra poveri che renderà tutti perdenti: i dipendenti di questo Istituto così come gli utenti, a cui dobbiamo erogare servizi e non beni di consumo.
Legare una parte del salario e le progressioni di carriera a una valutazione individuale, basata per di più su criteri totalmente discrezionali, significa scatenare una guerra tra poveri con ripercussioni anche sull’erogazione dei servizi.
Assurdo poi che il documento presentato dall’Amministrazione al tavolo sindacale nazionale, che secondo noi è totalmente da respingere, pretenda poi di valutare come se avessero le stesse competenze i lavoratori delle aree A, B e C mentre richieda criteri meno pressanti di valutazione individuale, e più legati al gruppo di lavoro, per i titolari di posizione organizzativa.
Un’inversione del grado di responsabilità, man mano che si sale verso le posizioni di vertice, che abbiamo toccato con mano negli ultimi anni e che ha visto il suo apice nella vergognosa vicenda del licenziamento del collega della sede di Roma Monteverde, Mauro Gennari, con relativo accollo di danno erariale, per presunti errori riscontrati nella lavorazione di pratiche di rendita vitalizia che ha lasciato mindenni i suoi responsabili e i direttori di sede, che quelle pratiche avevano controllato e firmato.
Ma l’Amministrazione va anche oltre, non solo applica in toto la Riforma Brunetta, ma prevede ben 7 fasce di valutazione individuale, al posto delle 3 originariamente previste, con il rischio per chi viene collocato nelle fasce più basse, non solo di perdere una parte consistente del salario (incentivo e TEP) ma anche di non aver accesso alle progressioni di carriera e di rischiare il licenziamento se la collocazione nella fascia più bassa dovesse ripetersi per più volte.
Insomma l’Amministrazione vuole avere nelle mani un’arma di ricatto totalmente discrezionale che permetterebbe di colpire le/i lavoratrici/ori scomode/i, quelli che ancora rivendicano dei diritti, facendoci tornare indietro di almeno 50 anni.
Per contrastare tutto questo è necessario organizzare iniziative di lotta che partano dal basso, ripristinando un sindacalismo conflittuale che non accetti compromessi e ricatti e che costringa l’Amministrazione a tornare sui suoi passi.
La progressiva cancellazione di diritti che le lavoratrici ed i lavoratori dell’INPS, come di tutto il pubblico impiego, stanno da tempo subendo è determinata non solo delle varie riforme che hanno investito la pubblica amministrazione ma anche dai contratti collettivi nazionali firmati negli ultimi 20 anni.
Con questi contratti di fatto le organizzazioni sindacali hanno accettato un peggioramento delle condizioni economiche con il preciso scopo nel migliore dei casi di non perdere la propria agibilità sindacale.
Ma l’agibilità sindacale in cambio della firma sotto accordi e/o contratti che ledono i diritti della stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori, considerata anche la gravissima crisi sociale ed economica, collegata all’emergenza sanitaria determinata dalla pandemia di coronavirus tuttora in corso, che stiamo subendo e che subiremo, a cosa serve?
Certo non alle lavoratrici ed ai lavoratori, che sollecitiamo ad autorganizzarsi con il SI COBAS in un percorso di mobilitazione per rispondere concretamente a questo ennesimo attacco senza precedenti.
7 febbraio 2021
S.I. COBAS Pubblico Impiego INPS