MORIRE DI CALDO: PER I LAVORATORI DELLE CAMPAGNE
È LA REALTÀ DI OGNI ESTATE
Nella giornata di ieri ancora una morte, l’ennesima, di un lavoratore delle campagne. Camara Fantamadi, mentre tornava a casa dopo una giornata intera nei campi, ha avuto un malore mentre rientrava in bicicletta.
I giornali ne parlano come l’ennesima tragedia, raccontando le speranze di un giovane venuto a “trovare fortuna” in Italia.
Non c’è “fortuna” nel vivere nei ghetti, lavorando senza contratto e per paghe misere spezzandosi la schiena.
Non c’è alcun “caso” dietro al ricatto dell’assenza del permesso di soggiorno e la sistematica volontà di sfruttare questi lavoratori e queste lavoratrici fino a – letteralmente – ammazzarli di fatica.
Chi si stupisce per le polemiche attorno alla nazionale di calcio, che contesta chi si inginocchia durante le partite dell’europeo in un antirazzismo sempre più solo di facciata, non si rende conto che il razzismo di questo paese è sistemico.
È alle radici di un sistema che si basa sull’ipersfruttamento della forza-lavoro immigrata.
Le lotte autorganizzate dei lavoratori e delle lavoratrici delle campagne, che dai ghetti hanno portato la loro forza contro i palazzi istituzionali di comuni, regioni, fin sotto le sedi del governo, hanno tracciato l’unica strada per permettere di contrastare questi eventi.
Le lacrime di coccodrillo di chi si indigna sono l’altra faccia della medaglia dello sfruttamento, lasciando intatto l’attuale stato di cose.
Laboratorio Politico Iskra