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[CONTRIBUTO] Le sanzioni di Biden contro l’Afghanistan fanno morire di fame un popolo: è un genocidio

Riceviamo e pubblichiamo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso questo contributo, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Le sanzioni di Biden contro l’Afghanistan

fanno morire di fame un popolo: è un genocidio

– Eve Ottenberg (Counterpunch)

Un nostro lettore e amico ci ha segnalato questo articolo di Counterpunch accompagnando la sua segnalazione con le seguenti parole di commento: “una infamia, oltre il per-niente-credibile o immaginabile. Le guerre degli Stati Uniti – niente di simile nella storia del mondo. Una città posta sulla collina, è questo che li rende così speciali: le guerre”.

Come dargli torto? Questa vigorosa denuncia morale e politica delle spietate sanzioni che l’amministrazione Biden ha imposto al popolo afghano merita di essere conosciuta. Può contenere qualche illusione su Russia, Cina o Onu, è vero (illusione che noi non condividiamo); ma la sua indiscutibile forza è nel prendere di mira il proprio governo, il proprio stato, il proprio imperialismo, e non fargli sconti di alcun tipo. E proprio mentre i decibel della retorica di guerra statunitense contro il “macellaio Putin” assordano il mondo.

Di nostro aggiungiamo solo che il “nostro” capitalismo non ha mai fatto mancare l’appoggio alle memorabili “imprese” belliche statunitensi, né all’arma strangolatoria delle sanzioni. In questo caso la prima fondamentale forma di complicità è l’assoluto silenzio dei media. (red.)

Quando l’11 febbraio gli Stati Uniti hanno rubato 7 miliardi di dollari dall’Afghanistan, non si è trattato di un semplice crimine di rapina. È stato un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità che condanna forse milioni di afghani alla fame. In breve, un preludio al genocidio. Biden compie una prevaricazione per giustificare questo vero e proprio furto di fondi afghani chiamando in causa il risarcimento per le vittime dell’11 settembre. Il governo afghano non ha ucciso i loro cari; anzi nel 2001 i talebani si sono offerti di consegnare i colpevoli di al Qaeda a Washington. Gli Stati Uniti hanno rifiutato la loro offerta e hanno invaso il paese.

Questa azione scioccante di Biden rende tutti gli americani complici di atrocità disgustose. Secondo l’UNICEF, “più di 23 milioni di afghani affrontano una fame acuta, e 9 milioni tra essi sono quasi affamati”. L’ONU stima che entro la metà di quest’anno, il 97% degli afghani sarà in povertà. Affermare che queste persone hanno bisogno di ogni centesimo dei loro 7 miliardi di dollari è un eufemismo. Sostenere che coloro che ne rubano la metà sono dei mostri, è l’unica valutazione morale che si può fare per un tale furto. (L’altra metà sarà presumibilmente restituita loro in una data futura non specificata.) Biden ha fatto meglio dei rapinatori delle autostrade: “I tuoi soldi e la tua vita”, è questo il nuovo messaggio americano, consegnato con toni squillanti di mendace ipocrisia.

Questa particolare rapina equivale a circa il 40% dell’economia afghana e a circa 14 mesi di importazioni afghane, secondo Mark Weisbrot (Sacramento Bee, 4 febbraio). Ma in precedenza Biden aveva inflitto altre sanzioni al paese, come regalo d’addio quando le truppe statunitensi se ne sono finalmente andate dopo 20 anni di distruzioni. Nel complesso, le sanzioni di Biden significano: “nel prossimo anno moriranno più persone … di quante ne sono morte in 20 anni di guerra“, ha scritto Mark Weisbrot su CounterPunch del 15 marzo. Questo perché le gratuite sanzioni di Biden colpiscono a morte le risorse finanziarie del governo afghano insieme ai soldi per le importazioni di cibo di cui gli afghani hanno un disperato bisogno. Quindi, tra la guerra pluridecennale degli Stati Uniti a questa povera nazione, la siccità, il covid e il congelamento delle riserve valutarie – congelate dall’amministrazione Biden, tanto per essere chiari –, non c’è da meravigliarsi se milioni di afghani poveri sono sospesi sull’abisso della fame.

Così Biden ha annullato la cosa buona che ha fatto portando le truppe statunitensi fuori dall’Afghanistan. I militari si sono ritirati, ma il presidente degli Stati Uniti ha aperto le porte alla carestia. E quell’assassina è subito entrata nelle case degli afghani. Ovviamente questa catastrofe interamente provocata da decisioni di uomini potrebbe essere evitata. Togli le sanzioni. Restituisci all’Afghanistan tutti i suoi soldi, e le vite saranno salvate. Non farlo, e molte persone moriranno.

Clare Daly, eurodeputata di Dublino, lo ha riassunto al meglio in un discorso dell’8 marzo: “Non ci sono dubbi, viviamo in tempi in cui… le vite di civili innocenti vengono sacrificate nelle guerre dei loro padroni. E’ così in Ucraina, ma non solo. Dall’ultima sessione plenaria decine di migliaia di cittadini afghani sono stati costretti a fuggire in cerca di cibo e sicurezza, cinque milioni di bambini affrontano la carestia, un’agonia carica di dolore, un aumento del 500% dei matrimoni precoci e di bambini venduti solo perché possano sopravvivere, e non un accenno a ciò. Non qui, non da nessuna parte, nessuna copertura televisiva, nessuna risposta umanitaria di emergenza, nessuna speciale sessione plenaria [del Parlamento europeo], nemmeno una menzione in questa plenaria, nessuna delegazione afghana, nessuna presa di posizione. Mio Dio, gli afghani devono chiedersi cosa renda la loro crisi umanitaria così irrilevante. È il colore della loro pelle, è che non sono bianchi? Che non sono europei? O che i loro problemi derivano da un’arma americana o da un’invasione statunitense? È che la decisione di derubare la ricchezza del loro paese è stata presa da un dispotico presidente degli Stati Uniti piuttosto che da uno della Russia? Perché, mio Dio, tutte le guerre sono malvagie e tutte le vittime delle guerre meritano sostegno, e finché non arriviamo a questo, non abbiamo alcuna credibilità.”

Cosa succederebbe se la Russia o la Cina si impegnassero in un cavillo omicida del genere? Russi e ucraini si stanno uccidendo a vicenda in questo momento, ma il previsto bilancio delle vittime per fame afghane batte qualsiasi cosa abbiano inventato finora. E sebbene la propaganda di Biden copra di vergogna la Cina per il trattamento riservato dagli uiguri – dopotutto, la loro morte è solo sospetta, mentre le centinaia di migliaia di morti afghani sono una certezza, se gli Stati Uniti perseguono la loro folle crudeltà – non aspettarti furiose denunce del genere di quelle regolarmente sollevate contro Pechino dalle corporations dei media. No. La nostra stampa cammina in punta di piedi quando si tratta delle colpe del nostro governo. Ma c’è da aspettarselo dai nostri media; ora quella che un tempo era nota come un’orgogliosa stampa libera, non è altro che il megafono della propaganda di Washington. Libera non è più. L’unica libertà di pensiero sta in qualche occasionale, inaspettato reportage investigativo, o ai margini dei media indipendenti.

Un’eccezione è stata un articolo di Selay Ghaffar sul Guardian del 5 marzo. “In tutto il paese [l’Afghanistan], cinque milioni di bambini sono sull’orlo della carestia. Molti giovani sono disperati; i suicidi sono in aumento”, scrive Ghaffar, che lamenta anche l’impennata del prezzo del grano a causa della guerra in Ucraina. Questo aumento dei costi significa che più persone moriranno di fame. In parte il motivo è che durante i 20 anni di occupazione degli Stati Uniti, il paese è stato “trasformato in una dipendenza, si è fatto affidamento sui flussi di aiuti umanitari”. Biden “ha rifiutato la responsabilità dell’intervento americano nel nostro Paese”.

La lezione della sconfitta degli Stati Uniti in Afghanistan e delle sanzioni che ne conseguono è, in ogni caso, una dannazione. Qualsiasi paese attaccato da Washington ha la scelta di Salomone: o arrendersi, o combattere e vincere, salvo poi dover affrontare la furia finanziaria globale di Washington e la miseria di massa che genera. Ecco come funziona l’impero. È il perdente più spietato del mondo. Sconfitto, esige una vendetta atroce.

Se i geni di Washington pensano di poter vincere la guerra di propaganda in Afghanistan, è meglio che ci ripensino. Troppe persone moriranno per essere nascoste. Molti americani chiusi di mente che considerano il loro paese irreprensibile, potrebbero non essere a conoscenza della morte di massa inflitta da Washington, ma il resto del mondo sicuramente lo sa. Basta guardare la prima pagina del Global Times cinese del 23 febbraio. Presentava l’agonia imposta da Washington all’Afghanistan, con una petizione che chiedeva agli Stati Uniti di restituire il denaro sequestrato agli afgani. E questo non è l’unico titolo internazionale a sottolineare la brutalità di Washington. Mentre i cadaveri si accumulano, lo spaventoso affamamento degli afghani da parte degli Stati Uniti diventa inevitabilmente tanto noto quanto il suo aiuto al massacro in Yemen. Ma gli insensibili sociopatici che infliggono questa politica a un’intera nazione sembrano a malapena accorgersene.

Secondo Vox del 22 gennaio, prima della caduta di Kabul in agosto ad opera dei talebani, il Paese “faceva molto affidamento sugli aiuti esteri; dopo che i talebani sono andati al potere, quell’afflusso di denaro è cessato… A dicembre il Programma alimentare mondiale ha scoperto che il 98% degli afgani non ha abbastanza da mangiare”. La carestia afghana ha un preciso colpevole: “La decisione degli Stati Uniti di fermare gli aiuti al Paese e congelare miliardi di fondi del governo afghano”.

Si può solo sperare che qualche grande potenza, come forse la Cina, vada in soccorso. La Cina è generalmente attenta alle illegali sanzioni statunitensi, ma ha rapporti cordiali con il governo afghano e vuole includere il Paese nella sua Belt and Road Initiative. Forse la Cina potrebbe coordinarsi con le Nazioni Unite per portare del cibo sulle tavole afghane – non troppo, ovviamente, perché ciò offenderebbe gli onnipotenti dementi del governo degli Stati Uniti. Ma forse quel tanto che basta per salvare alcune vite.

Eve Ottenberg è una scrittrice e giornalista. Il suo ultimo libro è Hope Deferred. Può essere raggiunta sul suo sito web.