Quota 800
Non è la meta di una passeggiata in montagna,
è il numero (per difetto) dei morti di lavoro da gennaio a settembre di quest’anno.
E in questo macabro calcolo non sono compresi i morti per amianto, che sono 4.000 all’anno e per l’80% hanno contratto tumori sui posti di lavoro.
E’ un triste obbligo scrivere ogni settimana una lista di lavoratori che non torneranno mai più a casa dalle loro famiglie, senza parlare delle malattie professionali e di chi resta invalido per il resto della vita.
Più di 800 vittime dello sfruttamento e delle condizioni bestiali di lavoro, in cui ormai sono ormai entrati anche i giovani studenti, inviati in fabbrica nell’alternanza scuola – lavoro.
Paradosso: in vari casi sui posti di lavoro le protezioni per evitare questi omicidi ci sono, ma vengono disattivate per non rallentare la produzione e l’estrazione del profitto (valga per tutti l’esempio dell’operaia Luana D’Orazio, stritolata da un orditoio la cui saracinesca era stata sbloccata, nel maggio scorso).
Vittime di una guerra senza quartiere perché nella nostra società il profitto dei capitalisti viene prima della salute e della vita umana.
Alla loro morte seguono lacrime di coccodrillo, le chiacchiere di circostanza degli assassini, del governo e dei sindacati confederali complici di questa mattanza operaia.
E se i padroni fanno il loro mestiere, assicurandosi il massimo profitto sul sangue operaio, i cosiddetti “rappresentanti” dei lavoratori sanno solo proporre come panacea l’istituzione di “tavoli” di discussione ma la sicurezza sui luoghi di lavoro è un miraggio irraggiungibile in una società che considera normale lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e che mette prima della vita umana il profitto dei i datori di lavoro, perché anche per loro il profitto è sacro e non si tocca.
Questo ci insegna che non dobbiamo delegare a nessuno la difesa della nostra salute, della nostra sicurezza e della nostra vita, perché nessuno ha interesse a difenderci e a contrastare questa mattanza.
Come dice qualcuno, fa più rumore chi perde una poltrona di chi perde la vita.
Il 2 dicembre prossimo i sindacati di base hanno indetto uno sciopero (finalmente unitario ) “contro la guerra e l’economia di guerra, vera sciagura umana e sociale per i popoli e i lavoratori” su una piattaforma che contempla anche la protesta contro la mancanza di sicurezza sul lavoro.
Noi saremo in piazza perché, invece delle lacrime e delle chiacchiere, è il momento della lotta.Non vogliamo più morire per i profitti dei capitalisti.
7 ottobre
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel TerritorioSesto S.Giovanni